Le immagini della strage del 23 e 24 agosto 1929 in cui furono massacrati 89 ebrei (mentre gli altri furono fatti evacuare dagli inglesi) sono conservate all’interno del museo della comunità ebraica di Hebron. Mostrano uomini e donne mutilati e bruciati. «Gli internazionali però non visitano questo museo», spiega David Wilder, il portavoce della comunità, «pensano di sapere già tutto di noi». è vero che i coloni non sono molto ben disposti verso gli stranieri, «ma loro sono convinti che non abbiamo nessun diritto di stare qui. E per questo vedono la situazione alla luce dei loro pregiudizi». David vive nella colonia da otto anni. Prima, per 17 anni, ha vissuto a Kyriat Arba, la colonia che sorge a un paio di chilometri dalla città, ma è nato a New York in una famiglia laica. Nel 1974 è arrivato in Israele per un periodo di studio. «Mi sono sentito a casa, per la prima volta. E ho avuto anche modo di sentire, per la prima volta, il vero senso della Shoah». Una Shoah avvenuta nell’indifferenza del mondo intero. «Il che significava che dovevamo imparare a difendere noi e la nostra terra». A quel punto diventa religioso, sposa una donna israeliana e decide di contribuire alla causa dello Stato ebraico.
Per informazioni sulle ong che aiutano i palestinesi: Christian Peacemaker Teams The Tel Rumeida Project
Il sito dell?ong statunitense che sostiene i coloni di Hebron è: www.hebronfund.com
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