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Russia: ex consigliere di Putin, non può restare nel G8

Illarionov su Corriere della Sera: andare a Pietroburgo per G8 un errore

di Redazione

Inflazione alle stelle, Pil pro capite a un terzo delle nazioni ricche. E soprattutto una totale mancanza di democrazia. Per questi motivi, scrive oggi in un lungo articolo pubblicato dal Corriere della Sera l’ex consigliere di Putin, Andrej Illarionov, la Russia non può restare nel G8. L’Occidente, aggiunge Illarionov, partecipando al summit di San Pietroburgo a giugno, corre seri rischi. “Rispondere soltanto ad alcuni (ma non a tutti) dei requisiti menzionati, sia pure in presenza di peculiarità aggiuntive straordinarie, non è sufficiente perché un Paese faccia parte di questo gruppo”, dichiara Illarionov, che ha abbandonato la squadra del Cremlino lo scorso anno, denunciando l’involuzione dell’apparato russo verso il totalitarismo. E fa notare che, ad esempio, “per numero di abitanti la Cina e l’India superano tutti i membri del G8 messi assieme. D’altronde “la Russia di oggi risponde a uno solo dei criteri del Gruppo, cioè all’entità dell’economia calcolata secondo la Ppp. Nel 2005 il suo Pil era il decimo al mondo. Benché questo posto sia dietro alla Cina, all’India e al Brasile, esso è pur sempre davanti al Canada”. “La Russia non è un Paese economicamente progredito”, osserva l’ex consigliere per le questioni economiche”, e “dal 2005 la Russia non è un Paese politicamente libero”. Illarionov si interroga dunque sull’opportunità, per i leader del G7, di partecipare al vertice G8 di San Pietroburgo. “Qualunque cosa accada, lo scandalo sarà inevitabile. Anzi, è già cominciato, perché sarebbe difficile definire altrimenti lo stesso dibattito sull’adesione russa e sulla sua presidenza nel club, sulle condizioni, sui modi e sulla forma di partecipazione dei capi dei Sette al summit”. La preventiva certezza che, in ogni caso, nessuno pensa seriamente che il convegno pietroburghese possa cambiare qualcosa in Russia, è “una conferma in più della morte di fatto del G8, anche come club”. La conclusione è che “andando a Pietroburgo, i leader dei Sette daranno prova della loro indifferenza verso le sorti della libertà e della democrazia in Russia. La miglior conferma di quello che la dirigenza russa ripete: tra noi e i leader occidentali non ci sono distinzioni di principio; essi, come noi, non fanno che dare l’impressione di essere interessati a difendere i diritti umani e l’economia di mercato; essi, come noi, non fanno che esaltare la libertà e la democrazia solo a parole. Il summit di Pietroburgo sarà anche un incoraggiamento per i regimi autoritari di tutto il mondo. Un trionfo per i dittatori di oggi e di domani. Nessuno deve nutrire dubbi se dopo un simile summit ci sarà al mondo più o meno libertà, più o meno democrazia, più o meno aggressione. Il summit di Pietroburgo renderà inevitabile la liquidazione formale di questo club. Esso verrà sostituito da un G7 rinato oppure da un G4, un G3 o una nuova organizzazione. Per la Russia tutto ciò assumerà un carattere accademico. Nel nuovo club non ci sarà spazio per la Russia.”

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