Welfare

Camilleri e Ciotti: la mafia non è più quella di Provenzano

Dialogo sulla criminalità pubblicato sulla rivista Vita e Pensiero

di Redazione

“A mio avviso Bernardo Provenzano contava ormai assai poco. Conta moltissimo come depistante immagine della mafia. Riina e’ stato catturato perche’ aveva fatto il suo tempo. Una volta i mafiosi venivano iniziati con riti speciali alla ‘famiglia’, oggi basta sapere la password giusta. Oggi il mafioso usa internet, e’ raffinato”. Cosi’ Andrea Camilleri, scrittore siciliano, riflette sulla cattura del boss Bernardo Provenzano e sul fenomeno mafioso in un dialogo con il presidente di Libera, don Ciotti, pubblicato sulla rivista ‘Vita e pensiero’ e di cui ‘La stampa’ propone uno stralcio. ”Il professor Camilleri, che conosce bene la sua terra, ha ragione – aggiunge Ciotti – E’ vero che la mafie sono sempre state delle anticipatrici delle trasformazioni sociali. La mafia e’ un grande osservatorio. La storia insegna che la mafia e’ sempre stata capace di anticipare i cambiamenti e le trasformazioni sociali”. ”Ed oggi – prosegue Ciotti – le mafie le trovi in Borsa, nelle operazioni di alta finanza. Il vero nodo, comunque, e’ il comune sentire mafioso, indefinito, inafferrabile, e che per le mafie e’ condizione vitale”. Malgrado la cattura del boss di Corleone, per Camilleri il problema e’ che ”non si sente piu’ parlare di mafia sui giornali o nelle televisioni, perche’, passato il periodo delle guerre intestine, non fa piu’ notizia. Il kalashnikov o il tritolo facevano notizia, non la fa, per esempio, il controllo mafioso del sistema sanitario in Sicilia”. E neanche nella politica, precisa lo scrittore, dato che ”non sembra creare scandalo che noi si debba chiamare col titolo di onorevole un individuo colluso con la mafia”. Eppure ‘le mafie’, come preferisce chiamarle Ciotti, ”non sono certo scomparse. I fatti – dichiara il presidente di Libera – dicono che continuano a prosperare, a governare, a uccidere. Basti pensare che negli ultimi dieci anni abbiamo avuto 2500 vittime innocenti, cioe’ fuori dai regolamenti dei conti. Capisci – rileva – che e’ una guerra che si consuma tutti i giorni”. Camilleri si richiama alle pagine de ‘I vecchi e i giovani’ di Pirandello per ”ricordare il modo infame con cui l’unita’ d’Italia si concretizzo’ in Sicilia. E col fascismo fu peggio – incalza – Con i governi del dopoguerra la mafia prospero’ e si ingiganti’ la corruzione”. Per questo, quando, dopo Falcone e Borsellino, arrivo’ Caselli, fu, per Camilleri, ”il primo risarcimento che e’ venuto a noi siciliani dal nord”.


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