Sostenibilità

Ancora troppi buchi nella mappa della biodiversit

Il Monte Bianco, le lagune di Venezia e di Grado, il delta del Po, l’Etna, la Costa Viola: sono i territori più minacciati, quelli ai quali servono i vincoli. Di Lucio Biancatelli

di Redazione

Negli ultimi tempi l?Italia ha fatto importanti passi in avanti in tema di conservazione della natura. Da fanalino di coda d?Europa fino agli inizi degli anni 90 del Novecento, è oggi uno dei Paesi con il maggior numero di parchi e riserve naturali. Secondo l?Elenco ufficiale delle aree protette edito dal ministero dell?Ambiente, sono 777 quelle istituite, per una superficie a terra intorno ai 3 milioni di ettari, corrispondente a circa l?11% del territorio nazionale terrestre. Quel che c?è… Nel dettaglio, sono 23 i parchi nazionali, 24 le aree protette marine, 146 le riserve statali, 3 le altre aree protette nazionali, 105 i parchi regionali, 335 le riserve regionali, 141 le altre aree protette regionali. A questi si aggiungono 2,9 milioni di ettari di mare, la cui gran parte però (circa 2,5 milioni) è rappresentata dal cosiddetto Santuario dei Cetacei che comprende un enorme spazio marino che va dalla Sardegna alla Toscana, sino alla Liguria. A queste si devono aggiungere altre aree non iscritte o territori protetti con forme di tutela diversificate (per esempio le oasi gestite dalle associazioni ambientaliste o i parchi urbani istituiti dai Comuni) e tra questi soprattutto quelle aree tutelate a livello comunitario e definite Sic (Siti di importanza comunitaria, istituiti in applicazione della direttiva Habitat che tutela appunto gli habitat, cioè porzioni di territorio funzionali a preservare determinate specie animali o vegetali indicate dalla direttiva stessa) o Zps (Zone di protezione speciale, istituite ai sensi della direttiva Uccelli per tutelare una serie di specie che la stessa direttiva indica). Le aree Sic e Zps complessivamente sono oltre 3mila e solo parte di queste ricadono all?interno di parchi nazionali o regionali. … e quel che manca Ma il sistema di aree protette in Italia è incompleto in termini di rappresentanza di ecosistemi e di comprensori. Se, infatti, le aree protette hanno come missione principale quella di tutelare il patrimonio biologico presente in un determinato paese, dovrebbero essere istituite dove maggiore è la presenza o il rischio o l?importanza a livello locale e globale della biodiversità. Così non è stato. Soprattutto per i grandi parchi nazionali, la scelta si è basata sulla percezione di naturalità intesa come bellezza del paesaggio, copertura vegetazionale, scarsa presenza umana e minori impatti visivi. Tanto che la gran parte delle nostre aree protette è costituita da montagne e rocce, cioè quei luoghi che per motivi socio-storici si sono ?salvati? da soli. Poco rappresentati invece altri tipi di habitat ed ecosistemi rari e minacciati come, per esempio, gli ambienti umidi, le coste e i boschi planiziali. Ci sono poi luoghi che per motivi ecologici, ma anche simbolici sono ancora fuori da provvedimenti adeguati di tutela. È il caso della Laguna di Venezia, uno degli ambienti umidi più importanti e famosi non solo in Italia, e del Monte Bianco che, seppure ferito in più parti, rappresenta la cima più alta d?Europa: un dato non secondario, visto che tutte le vette più alte di ogni continente sono già parchi nazionali. Meritano poi un riconoscimento nazionale alcuni comprensori naturali di estremo valore: le lagune di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia, probabilmente la più importante zona umida d?Italia; il delta padano, oggi suddiviso in due parchi regionali (ne parliamo a pag.5); l?Etna, cioè uno dei vulcani più noti al mondo, è oggi parco regionale. Mancano poi all?appello urgenti misure di tutela per altri territori di straordinario interesse sia naturalistico che paesaggistico: ad esempio la rete di stagni della Sardegna, i Monti della Tolfa nel Lazio, la Costa Viola in Calabria.


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