Famiglia
Condominio addio, in cantiere cè il cohousing
Cohousing. Il primo esperimento a Milano. Lidea è semplice e rivoluzionaria : progettare la propria casa insieme a un gruppo di persone con le medesime esigenze.
Non serve più scappare dalla città per ritrovare il buon vicinato di una volta. Ora, anche in Italia, basta fare così: prendi un gruppo di famiglie che si conoscono, dai loro la possibilità di abitare l?una accanto all?altra con un ampio spazio in comproprietà dove collocare servizi quali lavanderia, salone per eventi, micronido per bambini, parco giochi. Invitali a scegliere se usare il car e bike-sharing (auto e bicicletta in comune) per muoversi nel caos cittadino, se montare pannelli solari o creare gruppi d?acquisto. Spiegagli poi che alla fine anche il portafoglio sorriderà. Il gioco è fatto. Ecco il cohousing, in italiano ?coresidenza? o ?comunità di vicinato elettivo?.
La nascita di questa pratica avviene in Danimarca nel 1964, quando l?architetto Jan Gudmand-Hoyer crea la prima struttura per ricreare le relazioni perdute del villaggio di una volta. Da quel momento, in Europa e America del Nord il cohousing diventa la scelta di vita di centinaia di famiglie. Oggi si contano circa duemila comunità di questo tipo, ognuna con una media di 20-30 famiglie. Almeno 400 in Danimarca, le altre diffuse tra Olanda, Svezia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Canada.
E l?Italia? Il cohousing è arrivato anche qui, ma da pochissimo. Il primo progetto sul nostro territorio è stato appena lanciato a Milano da cohousing.it, web community nata dall?unione d?intenti di un ente non profit, il Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano, e Innosense, società privata d?innovazione sociale.
«Lo scorso novembre, con un sondaggio, abbiamo chiesto a 250mila milanesi la loro opinione sulla coresidenza», dice Giulia Salinari, responsabile della community. «Così 2mila persone si sono iscritte per conoscere i primi tre progetti italiani». Due di questi riguardano Milano: un edificio in Bovisa, l?altro in zona Lambrate. Il terzo ad Abbiategrasso, nell?hinterland. Da martedì 4 aprile gli iscritti alla community possono vederne tipologia, costi, e ?prenotare? la loro casa. A maggio è previsto il primo incontro dei futuri coresidenti. E i prezzi?
«Per l?acquisto della casa sono quelli del circuito del mercato immobiliare, tra 2.500 e 3.500 euro al metro quadrato», spiega Luca Mortara, responsabile di Innosense e di Cohousing Ventures, l?ente che ricerca le aree dove far nascere i cohousing. «I vantaggi per gli utenti arrivano poco dopo la creazione della comunità», aggiunge Mortara, «quando i risparmi arrivano al 15% sulla spesa media di ogni famiglia». Risparmi che vanno, ad esempio, dalla possibilità di contratti collettivi per luce, acqua, gas e climatizzazione, a spese alimentari e di trasporto condivise. Il tutto, potendo scegliere pratiche sostenibili a livello etico e ambientale.
La neonata Fondazione Cohousing Italia segue passo a passo la costituzione di ogni comunità di coresidenti, richiedendo loro un?iscrizione iniziale di cento euro e altri mille euro una tantum per i servizi di progettazione iniziale. La direttrice della fondazione è Ilaria Marelli, docente di Design dei servizi al Politecnico milanese: è lei che ha portato la pratica del vicinato elettivo in Italia. Il suo viaggio della scorsa estate fra le numerose realtà di coresidenza degli Stati Uniti l?ha convinta a tentare l?esperienza in patria.
«Laggiù il cohousing è in continua crescita», dice la docente. «Ci tengo a far capire che è una comunità non ideologica, fatta di gente ?normale? che svolge lavori ?normali?». Vedere per credere. «Quando torna a casa», aggiunge, «una persona può decidere se mangiare sola, col proprio nucleo familiare o negli spazi condivisi con le altre persone della sua comunità».
Nella filosofia del vivere in coresidenza c?è anche l?assenza di una gerarchia: «Responsabilità e scelte sono decise con il metodo del consenso: anche nel caso di controversie», prosegue la docente, «nessuno esercita alcuna autorità sugli altri». È su queste basi che, a 40 anni dal primo esemplare danese (tuttora attivo), arriva il cohousing in Italia. Le premesse sono positive: «Credo nella profonda socievolezza degli italiani, nella loro voglia di stare assieme», conclude la Marelli.
Italia: www.cohousing.it
Usa: www.cohousing.org
Dall?idea alla realtà in 6 mosse
1. Valuto. Per valutare le possibili offerte di cohousing in Italia (per adesso solo a Milano) è necessario iscriversi alla community virtuale attraverso il sito www.cohousing.it
2. Conosco. Una volta individuato il progetto, ci si incontra per conoscere gli altri partecipanti e possibili futuri vicini di casa.
3. Aderisco. Nel momento in cui si decide di partecipare è necessario versare mille euro per le spese di consulenza fornite dagli architetti.
4. Progetto. Ogni nucleo familiare partecipa attivamente al progetto della sua abitazione e a quello degli spazi comuni.
5. Pago. I prezzi sono quelli di mercato, così come le modalità di pagamento (mutuo individuale).
6. Abito. In termini economici il risparmio di questa formula si apprezza con l?avvio della vita comunitaria, grazie alla riduzione degli sprechi e dei costi di beni e servizi acquistati collettivamente
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.