Welfare

Lavoro, ergo non delinquo

È provato: chi è avviato a un mestiere non ricade nella criminalità. Da Padova un’esperienza vincente

di Stefano Arduini

Sono più pericolosi i detenuti rinchiusi in carcere o quelli a cui viene concessa la possibilità di lavorare all?esterno? Il metro più corretto per rispondere all?interrogativo è quello di calcolare la recidiva, ovvero la propensione a compiere un reato di chi si è già sporcato la fedina penale. Fino a oggi, però, il ministero della Giustizia non aveva mai reso note queste statistiche. Alzato il velo di mistero, il 5 aprile scorso, quello che appare è un quadro che non lascia spazio a incertezze. I carcerati (circa 60mila) tornano a delinquere in 80 casi su 100. Chi invece si trova inserito in un programma di misura alternativa (50mila persone) ha la quasi matematica certezza di non ricadere in fallo. La percentuale di recidiva per i 3.500 semiliberi è infatti dello 0,29%, per i 32mila affidati in prova ai servizi sociali dello 0,17% e per le 14.500 detenzioni domiciliari dello 0,41%. Un miracolo? Assolutamente no. La chiave di volta si chiama lavoro. Una chimera irraggiungibile per chi sta dietro le sbarre, una possibilità concreta per chi invece ha la fortuna di trascorrere almeno qualche ora della sua giornata in libertà. Offrire una professionalità ai detenuti costituisce quindi la polizza più efficace per la sicurezza dell?intera società. La pensa così Nicola Boscoletto, animatore del consorzio Rebus, che ormai da qualche anno ha costruito nell?istituto Due Palazzi di Padova una vera e propria impresa artigianale composta, fra le altre attività, da una cucina, un laboratorio di manichini, un call center, un assemblaggio di valige e una cartotecnica che produce agende, quaderni e scatole di cartone ispirate alla Cappella degli Scrovegni di Giotto. Recipienti che in occasione della Pasqua contengono le ?colombe della solidarietà e della pace?. Prodotti ?made in jail? rigorosamente artigianali, come possono assicurare il colore giallo vivo e il profumo fragrante. Sulla qualità del dolce metterebbero la mano sul fuoco anche Giovanni Tamburino e Pierluigi Crestani, rispettivamente magistrato di sorveglianza e presidente del tribunale di Padova, che insieme ad altre autorità cittadine e a 10 detenuti del Due Palazzi accompagnati dai direttori Salvatore Pirruccio e Antonella Reale, hanno gustato in anteprima la colomba al caffè Pedrocchi, incontrastato tempio cittadino del gusto e della gastronomia. ?Colomba della solidarietà e della pace?: un nome non proprio facile da digerire sul mercato del marketing. «Niente di retorico», interviene Boscoletto, «ma solo un riferimento alla condizione dei nostri allievi pasticceri. Per chi è in carcere niente serve come il lavoro per cambiare la prospettiva, per non ritenersi perduto per sempre». Per saperne di più sul pianeta carcere: www.giustizia.it Sul consorzio di Padova: www.coopgiotto.org


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