Cultura

Cari amici pacifisti, accettiamo la complessit

Un leader del movimento nonviolento scrive dopo la manifestazione di Vicenza. Prodi è alle strette. Ma qualche segnale in politica estera lo ha dato... di Fabio Pipinato

di Redazione

leggere le dichiarazioni del leader e fondatore dei Beati i costruttori di pace, don Albino Bizzotto, riportate sul sito internet, c?è di che ragionare. Dice Bizzotto: «I padroni della politica si ergono a padroni della storia e prendono decisioni che non tengono minimamente conto della volontà della gente, delle comunità locali».

In realtà le comunità locali si sono espresse. Eccome. Nelle amministrative la Sacrestia d?Italia ha votato per il centrodestra che ha dato il via libera all?ampliamento della base militare su input del governo Berlusconi. A loro avviso, un?opportunità economica per il territorio: discoteche, night e alberghi. Cosa pensavano? Biblioteche, teatri ed asili?

Ora Prodi non ha scelta! È al pacta sunt servanda. O lo rispetta o rischia di andarsene a casa. È la talvolta riprovevole trappola della democrazia; o meglio, per dirla con Sergio Romano, è la prova d?amore alla quale il governo alleato ti sottopone saltuariamente. Più o meno come il recente accordo Usa – Italia da un miliardo di dollari per la realizzazione di caccia F35 ipotecando futuro e risorse dal 2007 al 2046.

Il presidente del Consiglio, scivolato sull?infelice battuta «Non sono io il sindaco di Vicenza», sta forse tentando l?estrema mediazione al pari della Maddalena in Sardegna ove, su input del presidente Renato Soru (centrosinistra), verrà chiusa la base americana. Cercherà di rilanciare l?improrogabile Conferenza sulle ?servitù militari? in quanto la guerra fredda appartiene al Novecento ed il territorio a chi lo abita. Al pari dell?immigrazione clandestina forse solleverà il problema a livello europeo perché maggiore sarà l?ingerenza americana in ambito Ue e minore saranno le probabilità di un nuovo decollo politico del sistema delle Nazioni Unite. L?avete mai visto un soldato Usa con il casco blu? No. Esatto!

Dobbiamo quindi essere consapevoli, compresi i no o i new global, che a casa non andrà solo il primo ministro. Ci andrà anche il timido tentativo di una politica estera fatta di conferenze di pace anziché fronti di guerra, di dialoghi aperti e trattative anziché fronti contrapposti, di ritiro anziché di invio di soldati, di unanimità per il posto al Consiglio di Sicurezza, di moratoria per la pena di morte, di adesione a convenzioni internazionali ed altro.

Siamo certi che è proprio questo che vogliono i libanesi, o chi abita e non governa l?Iran contro cui sta puntando la megamacchina, o i nostri partner europei o la stessa maggioranza degli americani in disaccordo con la politica di Bush figlio, in palese scontro generazionale con Bush padre ed il piano Baker?

Tra le due politiche estere esercitate in questi anni, l?una dogmatica, talvolta fanatica, chiusa al dialogo in quanto fondata sull?indiscussa certezza di partenariato con gli Usa e l?altra ambigua, critica, dialogante, ambivalente, conflittuale all?interno e all?esterno, non escludente l?errore, preferisco indubbiamente la seconda. Di certezze il Novecento ne ha conosciute sin troppe.

La vera rivoluzione culturale potrebbe passare per Vicenza per tentare di andare oltre. Vuole cooperare con tutte le posizioni più avanzate della società civile transnazionale che abbiamo conosciuto nei due Forum internazionali di Nairobi e Davos. Per non cadere anche noi nella trappola della contrapposizione amico – nemico del secolo scorso; brodo culturale sul quale si sprecano ingenti risorse per armamenti da parte occidentale. Prima l?Urss, poi l?Islam. L?importante è non frenare la saga degli affari militari. La contrapposizione o esiste o la si inventa.

Urge ridisegnare assieme nuove relazioni internazionali immaginando un futuro che si liberi sia delle basi Usa che degli «yankee go home»; sia della violenza dei bombardieri che di quella dei black bloc o delle rinate Brigate rosse che si alimentano dello stesso odio e della stessa ideologia. Un processo che ristorni progressivamente le risorse dalle armi alla cooperazione tra i popoli rafforzando a tal proposito le istituzioni transnazionali di mediazione: da Bruxelles a New York con l?applicazione appieno delle Magne Carte.

Una politica nonviolenta che si avvalga di un linguaggio costruttivo e che sappia cooperare con coloro che sembrano essere più lontani dalle nostre posizioni; siano essi Stati Uniti od Iran. Una polis che faccia carta straccia degli elenchi di Stati canaglia, assi del male, territori sotto embargo, civiltà nemiche, liste nere. Insomma, un?amministrazione alla La Pira. Che inviti, medi, stia in mezzo, non precluda. Prendiamoci la nostra parte di responsabilità. Gino Pagliarani ci ricorda che è più difficile abitare la contraddizione e la complessità della pace che fare la guerra. Compresa quella nostra personale di pacifisti più inclini alla protesta che alla proposta.

Fabio Pipinato è fondatore e direttore di Unimondo, portale di notizie e approfondimenti sul Sud del mondo (www.unimondo.org). Sposato, tre figli, vive a Trento.

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