Welfare

Grande spazio nei tribunali per una figura fondamentale

Mediatore penale minorile: figura chiave del sistema penale che ha il difficile compito di facilitare la comunicazione tra vittime e autori del reato

di Carmen Morrone

Ha poco meno di vent?anni, e se ne sente un gran bisogno. È il mediatore penale minorile, figura chiave del sistema penale che ha il difficile compito di facilitare la comunicazione tra vittime e autori del reato, fino ad arrivare a una composizione del conflitto.

Antonio Pulvirenti, direttore del master in Diritto di famiglia e giustizia penale minorile all?università Lumsa-sede di Palermo ci illustra questa professione. «La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione di conflitti. Il mediatore penale interviene durante le indagini preliminari, durante il processo, al momento della ?messa alla prova?, nell?applicazione di misure sostitutive della pena detentiva. Il mediatore si trova davanti questo scenario: è stato compiuto un reato e la mediazione avviene tra vittima e artefice. Per la vittima la mediazione consente di esprimere in un contesto protetto il proprio vissuto personale rispetto all?offesa subita. Per l?autore del reato la mediazione permette una responsabilizzazione sul danno e sulla possibile riparazione. Il mediatore ha un ruolo neutrale, come facilitatore della comunicazione».

L?esito dell?incontro può esser negativo o positivo nel senso di una ricomposizione del conflitto e di un accordo di riparazione con il risarcimento a favore della vittima o svolgendo lavori di utilità sociale. L?esito viene comunicato al giudice senza però riferire le motivazioni specifiche data la riservatezza dell?incontro.

«Non è possibile sapere quanti siano coloro che svolgono questo compito. Il mediatore lavora in un ufficio o in un centro per la mediazione penale che non esiste in tutti i tribunali per i minorenni. La figura è stata introdotto con il Codice di procedura penale per i minorenni del 1988, che non ha ancora trovato piena attuazione. Le esperienze attive sono a Torino, città che è stata apripista, poi Milano, Roma, Bari, Palermo. Il ritardo è legato al fatto che nell?ambito processuale c?è una certa resistenza culturale, e poi è un servizio complesso, che richiede operatori appositamente formati e strutture di appoggio in cui la mediazione continua in un percorso riabilitativo».

Qualche consiglio per chi volesse svolgere questo lavoro? «Al momento non esistono corsi di laurea, ma master a cui ci si iscrive se si proviene da una formazione giuridica o psico-pedagogica», risponde Pulvirenti. «Altrimenti ci sono corsi di formazione professionale che vanno scelti tra quelli realizzati in collaborazione con i centri di giustizia minorile. È importante informarsi presso i tribunali per i minorenni per sapere dell?avvio dei corsi».

Info: Master in Diritto di famiglia e giustizia penale minorile, Lumsa – sede di Palermo – www.lumsa.it


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