Politica

Perché questo modello è come l’asino di buridano

E'il grande rischio che corriamo: restare paralizzati da scelte in cui non ci riconosciamo. Accade all’elettorato di centro. Ma domani...

di Stefano Zamagni

Giovanni Buridano era un grande filosofo francese del 1200 ed è famoso per una metafora che calza a pennello per l?Italia di oggi: è quella dell?asino che si lascia morire di fame per non sapere da quale fascio di fieno nutrirsi. La non decisione è il segno distintivo di questa tornata elettorale. Per tanti motivi. Proviamo a passarli in rassegna. Primo: l?elettorato di centro è un elettorato che sceglie per non finire come l?asino. Ma che in realtà si schiera dovendo subire, suo malgrado, quella dose di estremismo che i due poli hanno introiettato e di cui non possono o non sanno disfarsi. Questo elettorato avrebbe diritto a poter scegliere una piattaforma di centro, che renderebbe oltretutto molto più condiviso e meno lacerato il sistema politico italiano. La conseguenza del non avere un loro territorio politico in cui riconoscersi è anche l?emarginazione dei temi che costituiscono, per questa fetta di elettorato, una priorità. Sono tre le grandi tematiche su cui si gioca un progetto politico e quindi una contesa elettorale. La prima è quella economica ed è la tematica che ha egemonizzato quasi totalmente il dibattito. La seconda è quella sociale, per la quale sono rimaste briciole di attenzione. La terza è la tematica dei diritti fondamentali della persona che invece è stata assolutamente sottovalutata (e la Rosa nel pugno ha pagato paradossalmente questa sottovalutazione). Era già accaduto nel corso del referendum sulla legge 40, allorché tutte le previsioni sulla sensibilità e sul giudizio che gli italiani si erano fatti in materia si erano rivelate lontanissime dalla realtà. Questi temi sono in cima alla priorità per molti, e non solo per chi è cattolico; tuttavia questi temi continuano a restare nelle pagine basse dell?agenda politica. Il centrosinistra pensava che il vantaggio sulle tematiche economiche fosse sufficiente per vincere: invece ha dovuto rendersi conto che l?aver snobbato la biopolitica – secondo il termine coniato da Roberto Esposito – ha livellato rischiosamente i suoi consensi. Questo modo viziato di impostare il dibattito politico è figlio di un modello democratico che è arrivato al capolinea. È il modello elitario-competitivo, che si fonda sulle procedure e non sugli argomenti. La democrazia non può essere solo un computo di numeri ma deve essere anche una capacità di vincere convincendo della bontà delle proprie argomentazioni, come aveva dimostrato quella straordinaria palestra di democrazia, studiata in tutto il mondo, che era stata l?assemblea costituente. Ci pensi anche il nascente partito democratico: la novità non potrà mai essere rappresentata da una tecnica di riaggregazione politica o di nuovo marketing del consenso. Serve cambiare il modello democratico. Allora sì che un partito che porta quel nome ambizioso può fare la sua strada. Altrimenti l?Italia resterà nell?impotenza dell?asino di Buridano.


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