Formazione

Politica: perchè è impotente davanti al paese spaccato.

Pensare che la ricomposizione dell’Italia divisa possa essere affidata alla politica è pura utopia. C’è bisogno di una cultura nuova che solo il sociale può germinare.

di Savino Pezzotta

Avevamo tutti sperato che con queste elezioni politiche il nostro paese sarebbe entrato in modo compiuto nella prospettiva dell?alternanza e della governabilità. I risultati ci mostrano invece un paese che fa fatica ad avviarsi verso una democrazia compiuta. La campagna elettorale non ha contribuito a delineare i tratti di un paese che non ha timore dell?alternanza e che vive come normalità fisiologica la contesa elettorale. Si sono agitati troppi spettri ideologici, usato veleni e insulti che hanno convinto gli elettori a rifugiarsi nelle proprie ?tane? politiche, anche quando se ne avvertiva l?insufficienza programmatica o di governo. Il risultato, pertanto, evidenzia, più che le divisioni del paese, una rigidità nell?elettorato e il timore a rischiare il cambiamento. In fondo gli elettori si muovono con estrema prudenza, e questo dovrebbe fare riflettere in particolare le forze del centrosinistra che hanno ottenuto un successo relativo. Resta però aperto un problema politico verso questo bipolarismo che non riesce ad essere centripeto e, pertanto, a generare alternanza chiara e governabilità. Emerge, come tutti gli osservatori tendono a far notare, un? Italia divisa che renderà difficile ogni sforzo riformatore e di cambiamento. Il governo ci sarà, ma ancora una volta dovrà muoversi con circospezione quando invece il nostro paese avrebbe avuto bisogno di svoltare in modo deciso e forte. Sarà difficile affrontare le questioni del nostro sterminato debito pubblico e affrontare i temi della crescita, ma soprattutto sarà complicato avventurarsi sul terreno dell?innovazione e della modernizzazione. L?esigenza, anche a fronte dei segnali di ripresa economica che stanno qua e là emergendo, di ridisegnare un coerente modello di sviluppo e un nuovo welfare, capace di rompere con le corporazioni, gli interessi consolidati e togliere di mezzo ingessature e incrostazioni, dovrà fare i conti con un equilibrio politico che rischia di essere alquanto debole e incerto. Vedremo nei prossimi giorni quale sarà la composizione di governo che si riuscirà a costruire, ma il dato certo è che dopo che per anni abbiamo parlato di Seconda Repubblica, questa non è ancora riuscita a prendere la consistenza di cui si aveva bisogno e la nuova legge elettorale non ha aiutato, anzi. Il rischio che si può correre è quello di una politica di basso profilo e a scarsa intensità riformatrice. Drammatizzare e rotolarsi nella retorica del paese diviso, come si sta facendo in queste ore, non serve a nulla, ci si attende uno scatto politico diverso capace, tenendo conto di quanto il risultato elettorale ha determinato, di puntare su una chiara fase di governabilità. Non mi addentro sulla questione se serve o meno una grande coalizione alla tedesca; penso che quest?instabile equilibrio debba in tempi brevi trovare uno sbocco politico che non ripieghi su una governabilità minima. Occorre un governo che assuma l?impegno ad affrontare alcuni nodi di fondo (crescita, Mezzogiorno, innovazione, welfare, ecc.) su cui generare una tregua bipartisan. È tempo che gli interessi del paese facciano premio su tutto, ed è su questi che ci si deve concentrare con forza e rigore. La congiuntura non deve però essere abbandonata a se stessa, ma accompagnata da una forte iniziativa politica che porti a superare questa lunga fase di transizione che inchioda il paese da oltre dieci anni sulle sue debolezze. Questa prospettiva chiama in causa gli schieramenti politici ma sollecita anche le rappresentanze del sociale. Non si tratta solo di evocare patti sociali e concertativi che sono utili ma, forse, in questa nuova situazione, non risolutivi. Pensare che l?unità degli italiani possa essere ricreata dalle forze politiche mi sembra una pura utopia. Esse possono contribuire a far calare la tensione, ma il compito di ricreare la coesione sociale sta oggi in capo al sociale e alle sue organizzazioni. C?è veramente bisogno di una nuova cultura civile e di responsabilità diffuse, ma queste non possono che nascere dal basso e dalle sperimentazioni che germinano nell?ambito sociale. Bisogna avere la consapevolezza che si deve agire dentro il nuovo pluralismo che non è più formato dalla vecchia visione della società fondata sui ceti sociali omogenei, ma quello di una società in continuo mutamento e trasformazione, per effetto dei mutamenti produttivi, della frammentazione del lavoro, dell?estensione della scolarità, per il nuovo ruolo assunto dai consumi, per i cambiamenti demografici, per la multiculturalità introdotta dai processi d?immigrazione. Per ricomporre una nuova coesione sociale è dunque necessario non affidarsi solo alla politica che, invece, deve essere accompagnata da un?azione sociale estesa in grado di valorizzare le forme dell?autorganizzazione, di creare la condizione per la gestione autonoma di spazi di vita, di favorire le mutualità, le solidarietà, le responsabilità, le forme di cura in una logica che punti molto sui diritti e le relazioni di autotutela e di autoregolamentazione. I risultati elettorali e i mutamenti che attraversano la nostra società chiedono che si ridisegnino i tratti di una nuova governabilità attraverso l?avvio di un processo di profonda innovazione sul terreno politico, istituzionale, economico e sociale. 28,2% la somma dei voti di Ds e Margherita al Senato (dove si sono presentati separati)… 31,3%… la percentuale dei voti raccolti da Margherita e Ds insieme nell?Ulivo alla Camera 0,05% la risicatissima maggioranza che il centrosinistra ha strappato alla Camera. In termini assoluti, meno di 25mila voti


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