Famiglia

Silenzio è ripetizione

Philip Gröning ha passato sei mesi nel silenzio del chiostro della Grande Chartreuse: un’occasione straordinaria per mettersi all’ascolto delle immmagini.

di Maurizio Regosa

Per darsi alle cinecamere con così tanta generosità, i Certosini della Grande Chartreuse di Grenoble hanno dovuto pensarci molti anni. Il regista Philip Groning (classe 1959) già nel 1984 aveva proposto loro di realizzare questo film inusuale, coraggioso, difficile, rigoroso e straordinario. I monaci si sono presi del tempo, ci hanno riflettuto ed oggi eccoli lì sullo schermo, concentrati nel difficile compito di essere se stessi mostrandosi e accettando di condividere ritmi e sguardi con un pubblico che non conoscono. Grande coraggio. Mostrarsi e far sì che altri possano guardare. Il panorama come i pensieri. Gli alberi carichi di neve come la preghiera, forse il momento più intimo che si possa vivere. Il risvegliarsi della primavera come il pranzo in refettorio, tutti insieme solamente una volta alla settimana: quello dei Certosini è giustamente considerato uno degli ordini più austeri e rigorosi, giacché vivono soli nelle loro celle per quasi tutto il tempo. Il grande silenzio (Die Grosse Stille) è un film difficile, a tratti faticoso ma di grande densità spirituale (che sta diventando anche un vero e proprio ?caso?, grazie al forse imprevedibile successo di pubblico). Immagini molto belle e quasi rubate, una colonna sonora fatta dai rumori della vita spirituale e quotidiana, dalle poche battute scambiate dai monaci, le lodi, i canti. Producono un effetto straniante, quasi. Tolta la parola, rallentati i ritmi del racconto, l?inquadratura riacquista la sua importanza e direi la sua imponenza. Riemergono i dettagli che significano. Si riaffacciano alla coscienza dello spettatore i frammenti di un dialogo con se stesso che spesso si è inclini a rimandare. Poiché seguire l?esistenza appartata dei Certosini vuol dire inevitabilmente interrogarsi sul senso della propria vita. Non per un confronto di superficie (rumore versus silenzio, dispersione versus concentrata tensione). Ma per un paragone profondo. Che può sfiorare – se si è disponibili a lasciarsene provocare – le vere ragioni dell?agire. Un?occasione del tutto straordinaria per interrogarsi e mettersi all?ascolto, una sorta di ?meditazione? per immagini: soprattutto questo rappresenta il film di Groning. Che si mostra comunque regista a pieno titolo, preoccupato sia di ottenere inquadrature efficaci (curando la loro composizione, l?equilibrio delle luci, tutte naturali, la profondità di campo) sia di creare un montaggio che non è naturalistico, ma che ?lavora? con raffinatezza assai discreta il discorso narrativo.


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