Cultura

Monsignor Masaniello

A Caserta c’è un “vescovo di frontiera” che invita ogni cittadino a diventare un rivoluzionario

di Nadia Verdile

«Nella terra del macello umano il governo tace, l?Antimafia pure!» Così, nell?omelia dell?ultimo dell?anno, ha tuonato monsignor Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta. La città campana è vittima, in questo periodo, di una escalation di violenza che vede ogni giorno un morto ammazzato per camorra, anche se le tv di Stato tacciono e non si sa perché. Qui, questo vescovo ?di frontiera? opera da otto anni combattendo per una ripresa morale e sociale, osteggiato da molti politici e acclamato dalla gente, semplice o colta che sia. «In questa terra la vita umana è maltrattata in modo volgare e spietato», ha aggiunto Nogaro in quella predica. «Abbiamo finora coltivato i nostri interessi e invece dovremmo costruire una cittadinanza attiva. La politica non deve più nascondersi, la Chiesa deve iniziare a essere quella missionaria, mettendosi al servizio dell?uomo». Ad ascoltarlo una città sopraffatta dalla criminalità, imbavagliata dall?omertà. Quarant?anni di sacerdozio. Quarant?anni dalla parte dell?uomo. Da quel 29 giugno 1958 in cui Raffaele Nogaro iniziò il suo ministero nel lontano Friuli dove era nato il 31 dicembre del 1933. Un altro ?ultimo dell?anno?. In Friuli è rimasto fino al febbraio 1983, quando ordinato vescovo fu mandato in Campania, nella martoriata provincia di Caserta, in diocesi di Sessa Aurunca. Raffaele Sardo nel libro ?Nogaro, un vescovo di frontiera? ha ricostruito la storia di un uomo che ha messo al centro della propria esistenza l?umanità tutta, prima di tutto. «Mi sono trovato pienamente sintonizzato con la sensibilità, sia ordinata sia ribelle, dell?uomo del Sud», dice il vescovo venuto dal nord. «Non mi è piaciuta la sensibilità forse acquiescente, clientelare dell?uomo del Sud. Qui gli uomini sono di due tipi: uno cliente e uno rivoluzionario. Il cliente è tale perché è stato costretto in condizioni particolari di vita, non perché è meridionale. Oso dire che qui ogni cliente è in grado di diventare Masaniello». La storia di Nogaro in quel di Sessa è stata contrassegnata da anni di lotte e di denunce, anni di grandi condivisioni e di amare solitudini per non essere coinvolto negli apparentamenti politici e camorristici, che lo avrebbero voluto esposto in prima fila, come i suoi tanti predecessori, a vivere la vita politica della cittadina. «Penso che la fede non si mette in opposizione al Regno di Cesare e non diventa mai organizzazione diretta del sociale. Ecco perché dico che un prete che fa partito, anche se fa la Democrazia Cristiana, è un prete sbagliato». Anni di grande riscatto sociale e umano per i sessani, quelli con Nogaro alla guida della diocesi. Il suo primo Natale il vescovo lo trascorse in fabbrica, al fianco di un centinaio di operai delle industrie Cane che da più di tre mesi picchettavano la fabbrica perché improvvisamente chiusa. Un uomo per tutti e contro tutti, contro il malaffare, contro le ingiustizie, contro chi le voleva e sempre aveva sopraffatto, un uomo senza veli: «La nostra gente non può vivere in una condizione di ?vittima? di uno Stato infedele, ingombrato dalla burocrazia, ammalato e reso impotente per gli infiniti ritardi nella conduzione della cosa comune. Sono convinto che il fenomeno camorrista, che incancrenisce la nostra ?Terra di lavoro?, verrà superato sì dall?attiva sollevazione morale di tutta la gente, sì da una realtà scolastica che educhi al vero stile della persona e delle sue istituzioni, non soltanto allo stile delle parole e di nozioni evasive, ma soprattutto dalla buona e trasparente amministrazione degli Enti locali. All?Antistato bisogna contrapporre uno Stato presente, intelligente e attivo». Quindi, alla vigilia del Natale 1990, il vescovo Nogaro giunse a Caserta, una città stravolta dall?indifferenza e da una classe politica che la imbavagliava. Anche qui, come già a Sessa Aurunca, Nogaro non ha mai esitato a denunciare e a spronare gli animi alla lotta, ha messo ogni singolo cittadino di fronte alla sua coscienza e all?impegno sociale che ognuno deve avere. Ogni suo messaggio è stato un monito e una finestra sul futuro, ogni sua battaglia è stata seguita da chi ha occhio attento verso le novità, verso la giustizia. Nogaro, vescovo della libertà, ha detto di sé: «Sarò un po? matto, ma in cima alle mie cose metto prima la libertà e poi la fede, perché senza la libertà non ci può essere fede». Nogaro, vescovo di tutti, ma soprattutto dei giovani, che non smette mai di invogliare alla speranza, e che invita a vivere per e nei valori, con i quali marcia e protesta quando in palio c?è da vincere un?altra tessera per il puzzle del futuro. Grande amico degli stranieri, sul territorio è diventato punto di riferimento per quanti giungono in Terra di Lavoro (così è anche chiamata la provincia di Caserta) da Paesi lontani. Nel ?93 portò a Caserta il Banco Alimentare che per i poveri della provincia è oggi un vero punto di riferimento. Ha voluto fortemente la nascita di un comitato, ?Caserta città di pace?, in cui sono presenti rappresentanti della società civile e laica, italiani e stranieri, delle religioni vissute sul territorio, cattolica, evangelica, ebraica, baha?i, musulmana, per sottolineare che la pace è un valore inestimabile e comune a donne e uomini e a tutti i popoli. Dal maggio 1998 il vescovo dirige il quindicinale ?Sinal?, Servizio Internazionale Notizie America Latina, che vuole rappresentare «un ponte sull?America Latina». E già due anni fa Nogaro era andato in Kosovo per portare solidarietà. In Terra di Lavoro ogni giorno muore un uomo nella guerra di camorra, ogni giorno ci si uccide in nome del profitto e Nogaro denuncia: «Questa città e questa cittadinanza dormono. È necessaria la rivoluzione! La ribellione di fronte a condizioni di vita mortificanti è valorosa». Di lui don Peppino Diana, sacerdote di Casal di Principe, vittima della camorra per aver osato denunciare, aveva detto: «Questo vescovo in prima fila con i disoccupati in lotta, con gli extracomunitari, contro la corruzione, è per noi un modello dal quale attingere entusiasmo e valori». Questo vescovo che giura per le strade senza scorta di polizia sogna la sua diocesi trasformata dallo Spirito, uno Spirito di lotta sociale in cui ogni cittadino diventa ?rivoluzionario? per la giustizia. E poi auspica una classe politica che sia dirigente e non dominante, chiede a voce alta di capire le difficoltà degli anziani, degli immigrati e di chiunque è in situazione di disagio. Questo vescovo che predica bene e razzola meglio ha dalla sua parte l?apprezzamento di tutta una città che in lui e con lui spera per una Caserta veramente capace di resurrezione.


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