Famiglia
Care regioni, i malati non sono Bulloni
I dibattito sugli standard di qualità, di Franco Taverna
di Redazione
Come si misura la qualità di un servizio sanitario? E quali sono i confini dentro cui può intervenire la certificazione di qualità? Interrogativi oggi, più che mai, sul tappeto. Fatti di cronaca, come quello dell?anziano morto di fronte al pronto soccorso dell?ospedale di Moncalieri, impongono una seria riflessione. I medici torinesi hanno dichiarato che le loro procedure di qualità impedivano agli addetti del pronto soccorso di uscire dalla sala e prestare aiuto. Il rispetto scrupoloso dei protocolli previsti, se non è stato direttamente una delle cause della morte di quella persona, certamente ha costituito un alibi prontamente utilizzato.
Il caso di Moncalieri purtroppo è solo l?ultimo di una lunga lista. Sul terreno dei servizi alle persone troppo spesso danni irreparabili sono almeno in parte addebitabili al rispetto letterale delle procedure. Per costruire un bullone è indispensabile attenersi nel dettaglio alle procedure; quando invece ci sono di mezzo le relazioni tra le persone, le procedure a volte non bastano. Di più, spesso rischiano di essere dannose. In questo clima di ripensamento intorno alla qualità dei servizi si apprende che la Calabria incomincerà a richiedere la certificazione di qualità alle comunità di recupero per tossicodipendenti che volessero convenzionarsi.
Quali sono dunque le procedure da certificare? Probabilmente si andranno a proceduralizzare elementi poco significativi della vita di una comunità lasciando fuori dal ?patentino? quello che dal nostro punto di vista rappresenta l?anima dell?attività del nostro lavoro. La disponibilità al confronto su come migliorare la qualità dei nostri servizi è totale. Ma qualcuno ci dovrà spiegare a chi giova davvero questa deriva burocratica-tecnocratica che, fra l?altro, sembra stuzzicare la fantasia anche di altre Regioni. Il ministro della Sanità cosa ne pensa? Livia Turco, batta un colpo.
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