Formazione
Bregantini: perché ci vogliono distruggere
Parla Bergantini, vescovo di Locri: «In questi ultimi mesi abbiamo assistito a una catena impressionante di violenze contro la vita. Noi siamo piccoli, ma ...
di Redazione
Monsignor Bregantini, pochi giorni fa lei ha condannato alla scomunica «coloro che fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e delle nostre terre, avvelenando i nostri campi?». Quali sono le ragioni di un gesto così straordinario?
GianCarlo Bregantini: A Locri e in tutta la regione negli ultimi mesi abbiamo assistito a una catena impressionante di violenze contro la vita. Non solo per mano della ?ndrangheta. Sto pensando anche a chi è arrivato a scrivere un telegramma di preghiera affinché potesse vendere l?anima al diavolo. La scomunica però non significa mettere in un angolo la Calabria e i suoi abitanti. Al contrario in questo momento io mi sento come un papà che di fronte a un figlio che ha commesso un gravissimo errore lo manda a letto senza cena, in modo che possa capire la lezione. Tra formazione e misericordia c?è una profonda corrispondenza.
Vita: Come spiega la crescente ?attenzione? che le cosche riservano al movimento cooperativo calabrese. Dal punto di vista dei numeri non si può dire che voi rappresentiate un colosso economico?
Bregantini: è vero, siamo piccoli, ma facciamo molto rumore. Rappresentiamo l?impronta reale, ben visibile, che si può davvero imboccare una strada alternativa.
Vita: Ci può fare qualche esempio?
Bregantini: Spesso capita che gli amministratori locali, conoscendo la nostra opera, manifestino la volontà di dare un contributo. Quando ci arrivano questi aiuti, noi siamo di fronte a un?alternativa. Li possiamo utilizzare per fare crescere le nostre realtà. Ma possiamo anche inserirli in una strategia di sviluppo economico condivisa, in cui anche l?amministrazione è chiamata a dare il suo contributo. Questo secondo metodo è il migliore: ci evita di apparire come privilegiati. Nessuno può dire «perché a lui sì e a me no». Tutti i protagonisti del tessuto socio economico sono chiamati a condividere il progetto. Una rivoluzione culturale che è anche un?arma formidabile contro il nostro nemico.
Vita: Che poi è la mafia…
Bregantini: Sì, ma a monte c?è dell?altro. La radice culturale della mafia si chiama privatismo. Noi tutti dobbiamo mettere ben a fuoco un concetto cruciale: i problemi di questa terra sono i ?nostri problemi?. I regali di un assessore devono essere i ?nostri regali?. Sofferenza e amicizia vanno socializzate. Il nostro No è un No ai furbi, ai rapporti privilegiati, alla paura di chi rimane solo. L?assessore non deve essere l?amico di Bregantini, deve essere l?amico di tutti. Le voglio fare un esempio.
Vita: Prego?
Bregantini: Qui in occasione delle feste di paese si usa appiccicare i soldi alla statua del santo. Un atto pubblico in modo che tutti sappiano che quella tale persona ha, faccio un esempio, donato 500 euro alla comunità. In cambio, oltre alla grazia che richiede, il donatore ottiene il consenso e le lodi dei concittadini. Io e i miei parroci abbiamo chiesto e ottenuto che questi gesti fossero fatti privatamente con un semplice deposito in una cassetta della parrocchia. Nessuna dimostrazione pubblica, nessun favore personale.
Vita: Ritiene sufficiente il sostegno che la politica fornisce alla sua ?rivoluzione culturale??
Bregantini: Dobbiamo distinguere tre livelli. Gli amministratori locali si stanno stringendo sempre di più intorno a noi. Sentiamo grande fiducia da parte dei sindaci, finalmente ci sentiamo un corpo unico. A livello regionale vedo luci, ma anche qualche ombra. Quanto ai politici nazionali, di entrambi gli schieramenti, ci sono molto lontani. Un atteggiamento che peraltro riflette la quasi assoluta mancanza di attenzione dei media a quella che una volta era la questione meridionale.
Vita: In molti ritengono che il suo esempio sia servito anche per dare una scossa alla Chiesa. Condivide?
Bregantini: Noi non possiamo rinchiuderci nelle chiese, per difenderla dobbiamo conoscere la nostra terra. Un cambio di marcia è necessario. In questo senso mi hanno molto colpito l?apprezzamento, immeritato, con cui ci ha recentemente edificato il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori.
Vita: Non crede che, forse per paura, alcuni parroci si dimostrino un po? troppo timidi nel denunciare certe pratiche?
Bregantini: Non si tratta di paura, ma di prudenza. Una prudenza necessaria. Comunque non credo che la mafia abbia timore delle manifestazioni di piazza o delle omelie. Non è questo il punto. La chiave di volta è l?educazione del popolo, che si forma attraverso un faticoso laboratorio di base e non con l?assalto all?arma bianca contro le cosche. Padre Pino Puglisi ce lo ha insegnato: è la cultura del lavoro che sottrae ossigeno a certe logiche.
Vita: Lei ha spesso fatto riferimento alla ?massoneria deviata?. Quali sono i legami di questo movimento con la mafia?
Bregantini: Si tratta di un fenomeno molto triste che da tempo sta lavorando al fianco delle persone. Non si può dire che siano la stessa cosa, ma intrecci mascherati fra massoneria e mafia sono molti stretti.
La Scomunica.
Reato contro la vita, come per l’aborto
«Condanno nel più forte dei modi questa ripetuta violazione della santità della vita»: questa la risposta del vescovo di Locri, GianCarlo Bregantini, dopo l?ultimo attentato, con la distruzione di diverse migliaia di piantine di lamponi, che ha colpito una delle cooperative più attive del Progetto Policoro, quella della Valle del Bonamico nella Locride. Il progetto è stato promosso dalla Conferenza episcopale italiana. Già nelle settimane scorse, monsignor Bregantini aveva annunciato che gli autori di atti di violenza contro le persone e la terra della Locride sarebbero stati scomunicati. Ora arriva l?atto ufficiale che segue quanto prescrive il diritto canonico. Il vescovo ha deciso la scomunica applicando il canone 1398 del Codice, cioè quello stesso relativo a quanti praticano l?aborto.
Polemica
Sui giornali la scomunica è sparita.
Una scomunica non è cosa di tutti i giorni. Specie se è una scomunica così circostanziata come quella che GianCarlo Bregantini ha lanciato venerdì 31 marzo contro gli ?avvelenatori? della vita dei giovani della Locride. Una scomunica in piena regola con tanto di riferimento all?articolo del Codice Canonico. E che certamente aveva avuto un via libera da Roma, visto che nei giorni precedenti il segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, aveva riaffermato come l?emergenza della Locride fosse un?emergenza nazionale («Siamo esposti noi vescovi in prima linea», aveva detto). Eppure il giorno dopo nessun giornale nazionale riportava notizia della scomunica lanciata dal vescovo Bregantini. Solo Avvenire, che pur una settimana prima aveva aperto in prima pagina con la notizia dell?attentato alle cooperative sociali, dava un piccolo spazio all?iniziativa di Bregantini. Le scuse per questa ?censura? sono sempre le solite: notizie più importanti, necessità di mettere cose che alleggeriscano il giornale e conquistino (sic) lettori. A noi sembra che sia venuto il momento di usare altri termini: irresponsabilità, connivenza, tradimento dei lettori.
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