Sostenibilità

Politecnico di Milano: quando il business fa guadagnare l’ambiente

Car pooling per aziende ed eventi pubblici; progetti di riduzione dell’impatto ambientale nello smaltimento rifiuti. Puntano sull'ecobusiness due tra i più riusciti spin off dell'ateneo lombardo

di Chiara Sirna

L?idea del car pooling l?hanno avuta una mattina in macchina, bloccati nel traffico autostradale mentre cercavano di raggiungere l?università. Da lì in poi Aldo Pozzoli e Federico Bianchi alla mobilità sostenibile si sono dedicati anima e corpo, prima con una tesi di laurea, poi con uno start-up d?impresa, Muoversi.net, incubato dal Politecnico di Milano nella sede staccata di Como. Di cosa si tratta? Di una società di consulenza che, in collaborazione con Erm e Poliedra dell?ateneo meneghino, offre servizi di car sharing o car pooling in rete per aziende e grandi eventi pubblici. In altre parole un esempio di tecnologia applicata alla mobilità e a strategie anti inquinamento. Oggi il team di Muoversi è di quattro persone, la società è inglobata negli uffici universitari, per i quali paga un affitto agevolato di 300 euro al mese, e il lavoro non manca. L?anno scorso, per esempio, per l?Heineken Jammin festival e il Rototom Sunsplah festival è stato messo a punto un sistema di car pooling personalizzato online, tramite il software Muoversi.net e un?area di parcheggio in loco per soli car poolers. Esperimento che ha permesso di trovare un passaggio a ben 292 persone. Quest?anno l?esperienza verrà ripetuta e rafforzata da un sistema di sms. Ancora in fase di sperimentazione, invece, è un progetto di car pooling per i pendolari dell?autostrada A4, tramite l?accesso diretto al sito del Comitato A4 all?interno del quale è già stato inserito un network di imprese del distretto industriale bergamasco. Infine Muoversi ha sviluppato un piano capillare di spostamenti casa-lavoro per i dipendenti della sede centrale di Milano della Sada, società di trasporti e logistica, al quale ha già aderito il 60% della forza lavoro. Eco-progetti Quelli di Muoversi non sono i soli nell?ateneo meneghino ad avere un occhio di riguardo per l?informatica e l?ambiente allo stesso tempo. RapiLabo, per esempio, nato otto anni fa come laboratorio interno di supporto alla didattica, ha ormai avviato importanti consulenze esterne con aziende interessate a ridurre l?impatto ambientale dei propri prodotti. Tra queste, anche nomi rinomati come la Illy Caffè, General Beverage, una società di distributori di bevande, e Asm di Brescia, un?azienda municipalizzata per cui RapiLabo sta mettendo a punto un?analisi di riduzione al minimo dello spreco energetico nei processi di smaltimento dei rifiuti per supermercati, privati e Gas (gruppi di acquisto solidale). Realtà in parte già sperimentata per l?allestimento della fiera milanese Fà la cosa giusta, a metà marzo. «Sul piano della ricerca stiamo seguendo il progetto europeo Emude», racconta il direttore operativo Carlo Proserpio, «proprio per migliorare le reti Gas, del commercio equo o dei Piedibus, andando a incentivare i servizi di supporto tramite il coinvolgimento diretto delle persone del territorio, come per esempio pensionati. È fondamentale spostare l?interesse sugli attori e non focalizzarsi solo sui prodotti». Questi sono solo alcuni esempi, ma il panorama e il potenziale progettuale delle aziende nate in seno al Politecnico di Milano è vastissimo: 32 gli start up d?impresa creati, 7 gli spin off, 89 i brevetti depositati, per un totale di 200 posti di lavoro, 1.600 richieste di formazione arrivate dall?esterno e 260 business plan seguiti per conto terzi dall?équipe dell?Acceleratore d?impresa interno. Anche se non mancano i punti dolenti. «La cosa più difficile è mantenere legami con le aziende quando escono», spiega la caposervizio Stefania Grotti. «Non abbiamo ancora un parco scientifico organizzato come Stati Uniti e Gran Bretagna e poi c?è un grande problema di finanziamenti: chi deve lanciarsi conta solo sulle proprie forze, non ha fondi a disposizione, i venture capital non investono in imprese giovani. I business angels nei paesi anglosassoni credono nelle piccole società ad alto contenuto innovativo e permettono loro di crescere. Da noi chiedono in cambio una quota elevata delle aziende stesse».


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