Famiglia
Faccia da… fumo
La "faccia da fumo" è l'espressione che fotografa l'aspetto del viso dei fumatori: rughe, pelle cadente, colorito spento
di Redazione
Cancro, malattie al cuore e ‘faccia da fumo’, con pelle cadente, rughe inconfondibili, colorito spento e occhiaie. Cosi’ le sigarette rovinano le donne. Specie in Italia, dove le ‘bionde’ fanno sempre piu’ breccia tra il gentil sesso: quasi una connazionale su cinque e’ infatti ‘schiava’ del pacchetto, e altrettante non abbandonano cerini e posacenere nemmeno quando aspettano un bambino.
A ricordare alle irriducibili le ‘stimmate’ del fumo sono il chirurgo oncologo Gianni Ravasi, presidente della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) di Milano, e la dermatologa dell’universita’ Statale cittadina Riccarda Serri, rappresentante dell’Associazione Donne dermatologhe Italia (Ddi).
Intervenuti oggi nel capoluogo lombardo alla presentazione di un progetto di disassuefazione ‘per lei’ promosso dal Comune, i due esperti hanno rilanciato un appello: “Dite basta, smettere allunga la vita e rende piu’ belle”.Tra le 4 mila sostanze chimiche contenute nel tabacco, almeno 60 sono cancerogene, avverte Ravasi. E cosi’, “fra i tumori da fumo non c’e’ solo quello al polmone – aggiunge – ma si ammalano anche bocca, faringe, laringe, esofago, pancreas, rene, collo dell’utero, vescica e seno”. Non solo. “Nelle donne la sigaretta annulla l’effetto ‘scudo’ degli estrogeni contro l’infarto e altri eventi cardiovascolari – sottolinea lo specialista – ed e’ nociva sulle funzioni riproduttive, sull’andamento della gravidanza e sul feto: il bimbo rischia di nascere prima e piu’ piccolo, la mortalita’ neonatale aumenta e cresce il pericolo di morte improvvisa”. Ma a risentirne e’ anche la bellezza, evidenzia Serri, che “sfiorisce in anticipo nel 100% delle donne fumatrici. Dopo 10 anni di sigarette sul viso compaiono infatti le ‘impronte’ tipiche della cosiddetta ‘smoker’s face’ o ‘faccia da fumo’. Ed e’ per amor di bellezza, oltre che per coerenza, che io stessa ho detto stop a quello che non e’ un ‘vizio’, bensi’ una dipendenza patologica”.
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