Welfare

Il lavoro non è straniero

Duecentomila posti in più nel solo 2005. Il 40% nella categoria degli “artigiani”. Il boom extracomunitario in Italia è registrato anche da questi numeri.

di Francesco Maggio

Numeri difficili da stimare, ?densi? di doppi significati, sempre suscettibili di interpretazioni forzate o, addirittura, pretestuose. Ma a lungo attesi per esplorare più analiticamente e meno emotivamente un fenomeno che gli inumani ?bivacchi da regolarizzazione? delle scorse settimane hanno nuovamente portato alla pubblica ribalta. E, finalmente, arrivati.

Sono i dati appena resi noti per la prima volta dall?Istat, relativi alla partecipazione al mercato del lavoro della popolazione straniera presente in Italia. Stime importanti, basate su una rilevazione continua che ha preso avvio nel primo trimestre dello scorso anno e relative a tutto il 2005. Da cui emerge una geografia che non è solo economica ma anche, se non soprattutto, umana. Su cui l?Italia e le sue categorie produttive sono obbligate ormai seriamente a riflettere. A cominciare dal dato, stavolta della Corte dei conti, che ha quantificato in 230 milioni di euro la spesa nel biennio 2002-2003 per le politiche di controllo, a fronte dei 102 milioni per le politiche di accoglienza.

Ma guardiamole queste rilevazioni Istat. Erano poco più di un milione gli occupati stranieri (al 90% di provenienza extra Ue) a inizio 2005 (1.023.000). A fine anno erano già erano aumentati di oltre 200mila unità (1.224.000). Circa sei occupati su 10 sono uomini, con un?incidenza simile a quella dell?occupazione complessiva. Poco meno dei due terzi dell?occupazione straniera si concentrano al Nord in quanto le regioni meridionali rappresentano, per molti, solo la prima tappa di un percorso migratorio verso il Centro – Nord.

Ma che professioni svolgono? L?Istat lo dice chiaramente: nel 10% dei casi rientrano nel ?gruppo VIII? che, detto così, sembra ermetismo puro ma che se poi vai a vedere cosa c?è dentro, ci trovi tutto quello che gli italiani fanno sempre meno: bracciante agricolo, manovale edile, operaio in imprese di pulizia, collaboratore domestico. Un altro 40% rientra poi nella categoria degli artigiani e operai specializzati: elettricisti, carpentieri, falegnami, camionisti. Poi c?è il 20% rappresentato da addetti a commercio e servizi: cuochi, camerieri, baristi, magazzinieri.

In definitiva, appena cinque professioni (muratori, addetti alle pulizie, collaboratori domestici, braccianti e manovali) coinvolgono circa un terzo degli occupati stranieri, un?incidenza cinque volte più elevata rispetto a quella degli italiani. Ciò nonostante, più del 40% di chi svolge un lavoro non qualificato o un?attività comunque manuale possiede un titolo di laurea. Il 60% ha un diploma. Non è che c?è qualcosa che non torna?

I giovani imprenditori di Assolombarda hanno organizzato, lunedì 27 marzo, un convegno significativamente intitolato Più mondo in Italia per competere nel mondo. Nella sua relazione di apertura il presidente Alessandro Spada ha citato, dichiarandosi d?accordo, un aforisma dello scrittore svizzero Max Frisch: «Volevamo delle braccia, sono arrivate persone». In Italia, come ha dimostrato l?indagine Istat, è andata esattamente così. Ma adesso che si fa?

La banca e gli immigrati
Viene presentata venerdì 7 aprile a Milano, alle 9,30 presso l?aula 12 dell?università Bocconi, la prima ricerca sulla bancarizzazione e l?inclusione finanziaria degli immigrati Migrant banking: opportunità e sfide di un mercato in crescita. Dopo la presentazione, a cura di Anna Omarini e Isabella Cagnazzo, seguirà una tavola rotonda con Manuel Rey (Banco de la Gente), Laura Vescovo (San Paolo Imi), Roberto Marri (Gruppo Bancario Mps), Maria Viarengo (Associazione Alma Mater) e Gian Paolo Caprettini (università di Torino).

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