Welfare

‘ndrangheta: la sfida dei lamponi

La 'ndragheta distrugge le piantagioni di una cooperativa della Locride. Ennesimo avvertimento contro la cooperazione sociale. Su Vita in edicola da domani l'inchiesta

di Redazione

Nessuno qui lo chiama monsignore, anche se di mestiere fa il vescovo. Per tutti è padre. Padre GianCarlo. È l’uomo che in 12 anni ha costruito la rete che oggi la ‘ndrangheta vorrebbe spazzar via. L’ultimo episodio ha coinvolto una piccola cooperativa di 80 lavoratori stagionali, la Frutti del sole del consorzio Valle del Bonamico, che fin dalla sua nascita è stata oggetto di un accanimento ininterrotto di avvertimenti mafiosi. Il 23 marzo scorso le cosche hanno avvelenato con l’acido 10mila piante di lamponi e un ettaro di serra. Danno stimato: 200mila euro. GianCarlo Bregantini, vescovo di Locri, è un ex prete operaio delle officine metalmeccaniche di Porto Marghera. Arrivò qui il 7 maggio 1994. Una comunità di 140mila abitanti dove tre giovani su quattro sono disoccupati. Bregantini veniva da lontano. Dal Trentino per la precisione. E si rivela uomo di poche parole. «Uno che alle manifestazioni di piazza ha preferito subito darsi da fare», ricorda Katia Stancato, responsabile regionale di Confcooperative. E’la rivoluzione del «non si chiede più il permesso a nessuno», come la definisce Osvaldo Pieroni, sociologo dell’università della Calabria. Una rivoluzione che gravita intorno alla questione chiave: il lavoro. «Fin da subito però ci fu chiaro che la soluzione non poteva essere il ?lavoro pubblico?», ricorda Vincenzo Linarello, braccio destro di Bregantini e oggi presidente di Goel, un consorzio sociale con sede a Gioiosa Jonica, aderente al circuito Cgm. Goel insieme a una rete di altre piccole cooperative sorte in Locride grazie al progetto Policoro varato dalla Cei, oggi offre un lavoro pulito a oltre mille persone. Impresa. Questa era l’unica strada percorribile. Bregantini, che non a caso fino a pochi mesi fa ricopriva la carica di presidente della commissione Cei per i Problemi sociali e lavoro, ci si butta a capofitto. «L’intuizione decisiva fu il progetto Crea lavoro», ricorda Linarello. Di fatto un servizio di accompagnamento alla creazione d’impresa. A spiegare cosa si nasconda dietro concetti come piano di fattibilità, business plan, start up, Bregantini chiama in Calabria i suoi amici del consorzio Sant’Orsola di Trento. Il gemellaggio dà subito buoni frutti. Quando l’inverno in Trentino blocca le produzioni di frutti di bosco, a San Luca di Platì, nel cuore della Locride, si continua a lavorare nei campi. A guadagnarci sono in due: i produttori calabresi e i cooperatori trentini che hanno la possibilità di commercializzare, unici in Europa, lamponi di stagione anche durante la stagione fredda. «Così per la prima volta abbiamo sfondato il muro del destino calabrese, ?è stato così, è così, sarà sempre così?», ama ripetere Bregantini. Una rivoluzione che prende la forma di cooperativa. […] L’articolo completo per i soli abbonati a VITA e con VITA in edicola! Inoltre su VITA n.13/2006: L’acido delle cosche

  • Tanti, ma sparsi. Dobbiamo fare più mercato di Mario Nasone, presidente Centro comunitario Agape Reggio Calabria Il messaggio della ‘ndrangheta è stato perentorio: le realtà che nascono in modo autonomo nel territorio, che creano lavoro, partecipazione, solidarietà non devono avere futuro. L’intervento di un protagonista della società civile calabrese
  • Le cooperative, che sorpresa. Solo loro possono salvare Locri di Silvano Rubino Filippo Callipo: «Qui nessun privato viene a costruire un’impresa. Non ci sono infrastrutture. E gli investimenti non rendono. Invece le imprese di Bregantini stanno facendo miracoli…
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