Mondo

Congo, il paese senza ali

Su 93 compagnie di bandiera messe al bando ben 51 sono congolesi. Ma da Kinshasa replicano: «Così non si va da nessuna parte»

di Joshua Massarenti

In Congo le chiamano le ali del destino. Sono quelle che profilano la sagoma degli oggetti più pericolosi che si aggirano nei cieli africani. A Mama Yamo è capitato un Ilyushin 76 di fabbricazione sovietica sul quale ha avuto la maledizione di imbarcarsi il 9 maggio 2003. «Non era passata nemmeno mezz?ora che, di colpo, abbiamo sentito un rumore assordante, come il sibilo di un razzo. La porta si è aperta e l?aereo ha iniziato a oscillare prima a destra e poi a sinistra, facendo svanire nel nulla oltre la metà delle persone a bordo». In tutto 165 passeggeri, famiglie intere di militari partiti da Kinshasa alla volta di Lumumbashi e precipitati nel vuoto a circa 2mila metri di altitudine dopo l?apertura improvvisa di una porta anteriore dell?apparecchio. «Io ho avuto la vita salva grazie a una corda alla quale mi sono aggrappato fino a quando l?aereo non è atterrato a Kinshasa». Incidenti di questo tipo sono prassi comune in Repubblica democratica del Congo dove nel solo 2005 si sono contati quindici disastri aerei, nove dei quali hanno provocato la morte di 65 persone. Cifre da paura ma passate sotto silenzio fino a quando la Ue non ha deciso di attribuire un altro record a questo strano paese. Risale infatti al 22 marzo la decisione del Commissario europeo ai trasporti, Jacques Barrot di pubblicare una lista nera, la prima in assoluto, delle compagnie aree indesiderabili nei cieli del Vecchio continente. Tra i 93 trasportatori banditi, 51 compongono l?intera flotta congolese. Nel paese africano la notizia ha avuto l?effetto di una bomba. Tanto che Radio Okapi, la radio più ascoltata in Rdc, ha deciso di stravolgere la sua programmazione per dedicare un?ora di trasmissione alla vicenda. In diretta il ministro dei Trasporti, Eva Mwakasa ha parlato di «danno pesante inflitto a un governo che sta facendo sforzi enormi» per riordinare il caotico mondo aeronautico congolese. «In realtà c?era da aspettarselo», spiega a Vita Jean-Christophe Matter, responsabile dei voli umanitari del Programma alimentare mondiale in Rdc. «L?aviazione civile qui è ultracorrotta, con pochi mezzi finanziari e materiali a disposizione. Nei cieli volano Antonov e Ilyushin provenienti dall?ex Unione sovietica, cioè aerei risalenti all?era paleolitica. La manutenzione poi è inesistente, per non parlare della formazione dei piloti e dei tecnici». L?apparizione di questa flotta ?fantasma? risale agli anni 90, in un decennio segnato da «un conflitto che ha devastato tutte le infrastrutture del paese. Le strade non esistono più e gli aerei sono diventati il mezzo indispensabile per spostarsi in un territorio grande quanto l?Europa occidentale». Con la differenza che Matter vola a bordo di aerei targati Onu, cioè nella sicurezza più assoluta. Quella voluta dall?Europa brandendo la temutissima ?black list?, ma che non riduce i rischi che corrono ogni giorno migliaia di congolesi. «Questa lista è ancora più assurda perché le compagnie della Rdc non hanno mai volato in Europa», spiega il segretario dell?Afraa – Associazione delle compagnie aeree africane, Christian Folly-Kossi. «Invece di colpire l?aviazione africana, gli europei dovrebbero sostenerla tramite aiuti tecnici e finanziari». Dello stesso parere è Denis Chagnon, portavoce dell?Oaci – Organizzazione dell?aviazione civile internazionale, convinto che «prima di stilare liste bisognerebbe dare il tempo ai paesi in difficoltà di migliorare la sicurezza nei loro cieli». Nel settembre scorso Kinshasa aveva già provato a svoltare, sospendendo l?autorizzazione di volo a una trentina di compagnie. Tra queste la Blue Airlines, protagonista, nel marzo scorso, dell?ultimo disastro aereo in Congo.


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