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Nuovo Tfr un’occasione etica

Editoriale/ Tutti si aspettano che succeda qualcosa, qualcosa di grosso. Ma nessuno sa bene che cosa. Si sentono le previsioni più strane ... di Davide Dal Maso

di Redazione

Tutti si aspettano che succeda qualcosa, qualcosa di grosso. Ma nessuno sa bene che cosa. Si sentono le previsioni più strane: con altrettanta sicumera si preannuncia l?esplosione della previdenza complementare o il flop della riforma. Gli stessi operatori non riescono a capire se i lavoratori decideranno di trasferire il trattamento di fine rapporto nei fondi pensione, di lasciarli all?azienda, di non fare nulla. Certo, il susseguirsi di annunci e controannunci, di rinvii e di anticipi, di riforme e di revisioni delle riforme, non ha contribuito ad affermare un clima di chiarezza. E nell?incertezza, si sa, l?atteggiamento più comune è quello prudente e conservatore.

In questa situazione confusa, ci sono almeno due elementi che rappresentano un dato positivo. In primo luogo, il tema delle pensioni ha assunto un?importanza senza precedenti nell?agenda politica e nell?opinione pubblica. Il fatto che se ne parli è importante, perché, nel silenzio, si rischia di creare le condizioni per un disastro sociale nei prossimi decenni. I lavoratori dai cinquant?anni in giù – sia dipendenti che, ancor più, autonomi o pseudo tali – non avranno una vecchiaia facile: la previdenza di primo pilastro garantirà redditi sempre minori e quella complementare non si è ancora affermata. Le vecchie generazioni, cresciute nel contesto protettivo del welfare state, non hanno mai avuto la necessità di preoccuparsi troppo del futuro e non hanno trasmesso a quelle nuove la capacità di pianificare la finanza personale nel lungo termine. Il risultato è che milioni di persone si avvicinano rapidamente alla soglia della pensione senza rendersi conto che non hanno costruito alternative per integrare un reddito che sarà di molto inferiore rispetto a quello cui sono abituati.

La classe politica ha una responsabilità pesante, che è quella di non riuscire a rappresentare la situazione nella sua gravità: certo, parlare di un futuro di stenti non è così pagante come promettere «più qualcosa per tutti»; ma tacere o rinviare significa esporre un?intera generazione al rischio della povertà. Quindi la discussione sulla destinazione del Tfr porta con sé un?opportunità per il Paese, cioè l?assunzione di una maggior consapevolezza su una dimensione sociale fondamentale.

In secondo luogo, questa riforma ha avuto il merito di consentire ai pensionati e ai pensionandi di sapere come sono investiti i loro denari. Il decreto 252/05, infatti, stabilisce che «le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell?esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali». In pratica, i fondi pensione dovranno dichiarare se, oltre a preoccuparsi del rendimento dei loro portafogli finanziari, tengono conto del comportamento delle imprese in cui investono. Chi si occupa di investimenti socialmente responsabili si aspetta molto dall?applicazione di questa norma. Una domanda più robusta di trasparenza da parte degli aderenti ai fondi pensione non potrà che trasferirsi sulle imprese in termini di pressione per favorire l?affermazione di strategie e pratiche di csr. Un passo nella direzione giusta.

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