Cultura

Lenzuola pulite, camera doppia a un euro e mezzo

Come funziona il più grande dormitorio d'Italia. Siamo entrati a carte scoperte nella grande struttura di viale Ortles a Milano ... con la collaborazione di Daniele Biella

di Stefano Arduini

La mia comunità. È così che la direttrice Stefania Zazzi ha battezzato il centro di accoglienza («non chiamatelo dormitorio, per favore») di viale Ortles. Varchiamo la soglia di questo brutto palazzone rosa della periferia sud di Milano con una settimana di ritardo, dopo il tentativo di incursione raccontato sullo scorso numero di Vita.

Il primo ospite a presentarsi è Giordano: ha 60 anni, gli ultimi otto gli ha trascorsi fra le mura di questi sette padiglioni. Racconta, forse inventa, che le sue disgrazie sono incominciate con Tangentopoli. L?azienda che chiude, la cassa integrazione, l?abbandono della moglie e di una figlia che ormai non vede più, ma a cui ha lasciato la casa. E, soprattutto, la strada come unica via d?uscita. Fino al momento in cui si sono aperte le porte di viale Ortles. «E ora mi chiede se me ne andrò? Mai. Finché campo non mi muovo». Una prospettiva che condivide con l?amico Paolo, 52 anni e una stanza da dividere con un ?testa di lama?, come lui definisce i peruviani. «Da sei anni questa è la mia casa, dopo troppe notti al freddo della Stazione Centrale, me la tengo stretta».

Malati invisibili

Sulla carta la legge prevede che la permanenza nel centro non si prolunghi oltre i sei mesi, «ma solo con gli stranieri siamo tassativi. Gli immigrati che intercettiamo normalmente sono appena arrivati in città, hanno i documenti in regola e usano la nostra struttura solo come trampolino prima di trovare un lavoro e una casa. E infatti è difficile che ritornino a bussare alla nostra porta». Diverso il discorso per gli italiani. Per loro l?arrivo in viale Ortles coincide con la fine della vecchia vita, non con l?inizio di una nuova esistenza. A fare la differenza è la speranza. Gli stranieri ce l?hanno, gli italiani l?hanno persa.

«Negli ultimi anni abbiamo assistito a un radicale crollo delle presenze dei barboni classici, sono invece aumentati i 40/45enni che sono piombati all?improvviso in questo circuito a seguito di eventi catastrofici dopo anni di esistenza normale. Sono profili fragili, incapaci di risollevarsi dopo il fallimento della ditta, un incidente sul lavoro, una crisi familiare». «L?altra categoria è invece costituita da malati psichiatrici non riconosciuti. Sono sempre di più. Uno di loro è qui da oltre 40 anni», spiega la Zazzi.

Qualche numero. Questa notte nel centro dormiranno 296 uomini (101 stranieri) e 95 donne (25 immigrate), a cui si devono aggiungere i 136 ospiti dell?emergenza freddo, inviati dallo Sportello della Stazione Centrale ai quali è offerto un semplice servizio di accoglienza notturna e assistenza medica.

Le due entrate

Diverse invece la modalità di ingresso degli ospiti ordinari. Il primo requisito è il reddito, che non può superare i 230 euro della pensione minima sociale; poi non bisogna risultare proprietari di beni immobili; infine si deve possedere l?idoneità psicofisica: le persone non autosufficienti vengono infatti indirizzate ai servizi per i disabili. «A tutti proponiamo un percorso di reinserimento sociale. Non sempre ci riusciamo», ammette la direttrice.

Alle dipendenze della Zazzi lavorano circa 90 persone, fra medici, personale socio-assistenziale e amministrativi, la metà dei quali dipendenti direttamente dal Comune, l?altro 50% fornito in convenzione dalla cooperativa Nuovi Orizzonti. Una volta ottenuto semaforo verde dagli assistenti sociali, la procedura prevede l?apertura di due cartelle, una sociale e l?altra medica. Da questo momento in poi, pagando un buono di un euro e cinquanta, si ha diritto a un letto pulito in una camera doppia in condivisione e a un armadietto personale. Anche mangiare costa un euro e mezzo. La cena è un momento cruciale nella vita della comunità. è questo infatti l?unico frangente in cui è ammesso il contatto fra uomini e donne. Sorride la direttrice: «Gli ammiccamenti sono all?ordine del giorno, pensi che due nostri ospiti si sono perfino sposati». A tenere sul chi va là gli operatori non ci sono soltanto le questioni di cuore. «Spesso si lagnano della dieta, ma non posso sempre cucinare pasta al pomodoro e cotoletta alla milanese come vorrebbero», si lamenta Mimmo, da 9 anni – un record – il cuoco del dormitorio. Oggi per esempio il menu prevede gnocchi, passato di verdure o riso in bianco come primo; scaloppine, merluzzo o affettati e formaggi come secondo. «Gli gnocchi piacciono». Si prevede una cena tranquilla. Il momento più critico rimane comunque la notte. Le luci spente, dalle 22, sono l?occasione giusta per regolare conti in sospeso. «? motivi sono i più svariati, un prestito non restituito, ma anche una semplice antipatia», dice la Zazzi. «Arriviamo a punire gli aggressori con l?espulsione. Capita abbastanza di frequente: due o tre volte la settimana».

Ormai è mattina. La sveglia suona alle 8.30. I padiglioni rimangono aperti fino alle 9.30. Agli ospiti non rimane che uscire, per poi rientrare all?ora di cena. A dire il vero ci sarebbe anche lo spazio diurno nel quale sono previste attività di intrattenimento come il giardinaggio, la falegnameria o la composizione comunitaria di puzzle e perfino il pranzo gratis. Attività che non riscuotono grande successo: «Oggi, come sempre, non si fermeranno più di 15 persone», conferma la Zazzi. Gli altri? «Staranno qui fuori, ai giardinetti o a raccogliere un po? di elemosina. Dove vuole che vadano?».

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