Famiglia
Ma c’è chi usa l’aula come parcheggio
Troppe famiglie reiscrivevano i figli disabili a scuola, non sapendo che cosa fare di loro. Ora non si potrà più. Giusto così ... di Salvatore Nocera
di Redazione
Non è possibile ?reiterare ? un secondo ciclo di studi superiori, dopo averne concluso uno precedente, neppure se si è studenti disabili. È quanto ha stabilito, con una recente circolare, il neodirigente degli Ordinamenti scolastici, Mario Dutto, che regge anche la Direzione generale per lo studente del ministero dell?Istruzione, sulla base di un parere del Consiglio di Stato. Anche se tali pareri, resi in sede consultiva, non sono vincolanti né per il ministero, né per altre autorità amministrative, sono comunque qualificati ed è doveroso tenerne conto. La questione riguarda gli alunni con disabilità specie del Sud, dove la cultura, la prassi e i fondi dei servizi alla persona sono scarsi, e accade spesso che un ragazzo disabile, soprattutto se intellettivo, venga iscritto per due volte di seguito a un ciclo di scuole superiori perché «non si sa che cosa fargli fare».
Una situazione che riduce la scuola a un parcheggio, mettendo a rischio l?integrazione scolastica. Una cosa infatti è il diritto all?integrazione e altra cosa è ?l?abuso di un diritto?, anche se tale ?abuso? è giustificabile con l?assenza di servizi alternativi o integrativi della scuola.
Ora l?amministrazione scolastica, che sino ad oggi è stata l?istituzione che più si è impegnata nell?integrazione degli alunni con disabilità, deve darsi da fare, rilanciando gli accordi di programma per l?integrazione scolastica e sociale e coinvolgendo le Province, che hanno precisi doveri istituzionali in materia di formazione professionale e inserimento lavorativo degli alunni con disabilità. Non si riesce a comprendere perché, all?atto dell?iscrizione di un alunno con disabilità, specie se grave, la scuola non riesca a programmare un progetto d?integrazione che comprenda percorsi misti di istruzione e formazione professionale, che poi hanno sviluppi in tirocini e in borse-lavoro e, nei casi di particolare gravità, in percorsi di autonomia sociale.
È l?attivazione di servizi territoriali, aperti anche agli alunni con disabilità, e collegati con la scuola superiore, che evita l?uso improprio di quest?ultima con richieste di continue ripetenze o addirittura di ?reiterazioni? di cicli.
Anche la scuola deve collaborare, con docenti curriculari preparati a impostare, gestire e valutare progetti di vita che comprendono il periodo successivo alla scuola media. Su questo punto la scuola è paurosamente inadempiente, perché manca un obbligo di formazione dei docenti sulle problematiche didattiche degli alunni con disabilità. E allora, se l?amministrazione scolastica non ha la forza di orientarsi seriamente in tal senso, non si limiti a richiedere al Consiglio di Stato ?pareri? per evitare distorsioni di cui anch?essa è in parte responsabile.
Questo parere del Consiglio di Stato, ne sono certo, scontenterà molti genitori, facendoli gridare allo ?scandalo? di una scuola che rifiuta i disabili. Meglio farebbero i genitori, invece, a pretendere dalle associazioni di cui fanno parte, una maggiore capacità di negoziazione politica per ottenere sul territorio quel coordinamento dei servizi in rete, che altre associazioni hanno ottenuto.
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