Welfare

Regina Coeli, è un carcere dovrebbe essere un sanatorio

Riceviamo e pubblichiamo la denuncia del garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni

di Stefano Arduini

Regina Coeli: detenuti costretti a letto o su una sedia a rotelle, altri con gravi problemi di salute mentale, con un tasso di pericolosità prossimo allo zero e incompatibili con il regime carcerario. Tutti reclusi nel centro clinico del carcere romano di Regina Coeli. La segnalazione è del Garante Regionale dei diritti dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni che ha contato almeno cinque casi del genere. Il senza fissa dimora Stefano M., alcolista cronico, è rientrato in carcere. Casa sua è la cella 1 al secondo piano. Nei pochi giorni che è stato libero (scarcerato per incompatibilità) e stato in diversi ospedali (al ?Sandro Pertini?, al Grassi di Ostia) per la cirrosi epatica e altre patologie. Mario T., tossicodipendente, è in cella dal 2003: non compie reati dal 1997 perché entra e esce dal carcere per vecchi cumuli. Da più di 20 anni combatte con l?erosione del palato causata dalla cocaina. Si può alimentare solo con liquidi e pesa 46,5 kg. Mario vive tra il letto e la carrozzina nella cella, è epilettico. Incompatibile col carcere, per la recidiva e la pericolosità non può essere scarcerato. Lucio G. ha 71 anni. Ha diversi precedenti e, a causa dei problemi di salute mentale, è in trattamento al Cim. Parla in dialetto marchigiano e a tutti chiede ?me porti a casa??. In cura al Cim è anche Adriano S., arrestato in una clinica psichiatrica con un vecchio cumulo di 18 mesi da scontare. A causa dell?arresto Adriano, ha perso il posto nella casa di cura. Nicolino S., tossico e senza fissa dimora, è tornato da poco nel Centro Clinico. In passato, mentre giocava a pallone, è caduto battendo la testa e procurandosi lesioni cerebrali, disturbi di equilibrio e perdita della postura eretta. «Non credo siano questi i ?criminali? che si vorrebbe vedere in carcere – ha detto il Garante dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni – La realtà è che, nonostante il sovraffollamento, si continuano a tenere in cella queste persone, trascurando altre priorità. Questi uomini potrebbero usufruire di misure alternative, ma restano in carcere perché sono sole e non hanno forza e appoggi per far valere i loro diritti. In questa situazione gli agenti di polizia penitenziaria sono costretti a fare gli assistenti e i volontari, in certi casi, gli infermieri. E così il sistema carcerario è al collasso».


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