Famiglia
Caro Gentiloni, questa è una Rai da burosauri
È difficile immaginare che la Rai possa peggiorare. E invece la realtà supera la fantasia, come spesso accade...
È difficile immaginare che la Rai possa peggiorare. E invece la realtà supera la fantasia, come spesso accade. Sono uno degli autori del Codice etico linguistico sulla disabilità, voluto dal segretariato sociale Rai qualche anno fa, proprio per cambiare i linguaggi, ma anche i contenuti, della produzione radiotelevisiva pubblica, partendo dal concetto di fondo, che le persone con disabilità sono cittadini come gli altri, e interagiscono alla pari, come tutti dovrebbero. Oggi mi accorgo che un ministro che si richiama a un fiore delicato come la Margherita, e che si chiama Gentiloni, ci conduce, francamente, indietro di alcuni anni, utilizzando a ritroso la macchina del tempo. Provo una sensazione di spossatezza. Come tutti coloro che hanno ormai i capelli imbiancati e non possono fare a meno di utilizzare la memoria come metro di paragone delle parole e dei princìpi. Ho letto il contratto di servizio della Rai nella versione che piace al ministro floreale, e ho trovato quel vecchio lessico da burosauri che caccia i cittadini dalla porta, e non li fa affacciare neppure alla finestra. La composizione degli organi di verifica dell?applicazione del contratto sembra scritta dal buon Cencelli, ed è tutta e soltanto politica di partito. Come possiamo immaginare il salto verso un futuro multimediale, interattivo, curioso, divulgativo, articolato per qualità di offerta, se il punto di partenza è questo? è mai possibile che un ministro sicuramente intelligente non si accorga che la società civile in questo Paese è maturata al punto da esprimere competenze reali, saperi importanti, idee originali e utili? Nessuno vuole togliere autonomia a chi produce i programmi o li realizza. Ma qui stiamo parlando della Rai, di un servizio pubblico pagato dai cittadini. Gentiloni, per favore?per favore?
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.