Cultura

Poesia e politica, la critica non militante

Il titolo di questa breve raccolta postuma di Giovanni Raboni, una della figure più importanti della letteratura italiana di questi decenni, è Ultimi versi.

di Andrea Leone

Il titolo di questa breve raccolta postuma di Giovanni Raboni, una della figure più importanti della letteratura italiana di questi decenni, è Ultimi versi. Critico teatrale e letterario, dirigente editoriale di grande acume, straordinario traduttore dal francese, e naturalmente importante poeta. Seguito da una postfazione in forma di versi di Patrizia Valduga, che di Raboni è stata compagna per molti anni, il libro è incentrato soprattutto su alcuni testi caratterizzati da un forte impegno civile e morale e calati nella realtà sociale e politica italiana più immediata. Raboni, ultimo esponente della tradizione lombarda di Parini e Manzoni, ha sempre concepito la letteratura come dialogo col mondo e col proprio tempo. Nella sua scrittura sono sempre stati presenti temi legati all?attualità, alla società, alla storia, alla
vita della città.

Da un po? di tempo si discute molto di Ultimi versi, poiché è un libro contro Berlusconi. Libro cult, quindi, per le prossime elezioni: così è stato definito da qualcuno. Neppure la poesia, la più alta di tutte le arti, è stata risparmiata dall?idiozia ideologica. Non si può parlare di qualcosa se non lo si traduce in un altro linguaggio, che sia comprensibile a tutti ma anche totalmente falso e manipolato. A scuola non si insegna la letteratura, ma un suo infame surrogato, una trascrizione: ciò che gli insegnanti ritengono sia la letteratura. Tutto viene tradotto in un?altra lingua, e si arriva, come nel nostro caso, a parlare di un libro di poesia solo perché riguarda le elezioni. Anche le altre opere di Raboni erano contro ogni forma di inciviltà e volgarità, ma in pochi se ne erano accorti.

Detto questo, la raccolta non sembra di primissima qualità dal punto di vista artistico; probabilmente nel complesso troppo corriva. Raboni sembra tornare a Cadenza d?inganno, del 1975, in cui l?impegno morale e civile si faceva più chiaro e diretto. Erano gli anni della contestazione e del terrorismo e dopo l?esordio quasi metafisico di Case della vetra, Raboni parlava dell?Italia cupa e violenta degli anni 70. Negli anni successivi Raboni si dedicò, per influenza della Valduga, a una poesia con un alto tasso di elaborazione formale, con riprese da forme classiche come il sonetto. Probabilmente il miglior Raboni è stato quello delle ultime raccolte pubblicate in vita. Ultimi versi è come un?appendice alla sua opera, e la sua lettura è l?occasione per riprendere in mano libri bellissimi di un vero maestro, come Ogni terzo pensiero, Quare tristise Barlumi di storia.

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