Famiglia

La prima guerra del football.

Il mio Kapuscinski preferito: Uno sguardo shakespiriano sul mondo povero, di Giangi Milesi

di Redazione

La prima guerra del football è un libro-avventura: il ?libro sulle peripezie mai narrate? di Ryszard Kapuscinski. Lo si legge d?un fiato, come un romanzo. Inizia dal suo primo viaggio in Africa, nel 1958, in Ghana; il primo Stato africano indipendente (senza lotta armata!).

Ma Kapuscinski non è un romanziere, è il più grande reporter di tutti i tempi, dotato di una enorme forza narrativa, capace di farci comprendere l?ignoto e di procurarci illuminazioni folgoranti sulla realtà del mondo. Parafrasando Baricco, i suoi racconti ci rendono padroni della storia: «L?Africa era un enigma, un mistero, nessuno sapeva cosa sarebbe successo quando 300 milioni di individui avrebbero rialzato la schiena e chiesto il diritto di parola. Stava nascendo la nuova Africa, e questo mi sembrava un esotismo nuovo, mai descritto prima».

Raccontandoci come fa l?inviato, Kapuscinski ci insegna a essere buoni cooperanti: «Chi disprezza la gente di cui scrive, non potrà mai fare il corrispondente». «Se si vuole penetrare negli angoli più oscuri, traditori e intatti di questa terra, bisogna essere pronti a pagare con la salute se non con la vita?» Ci parla di tutti i grandi leader africani e del loro triste destino, non da cortigiano, ma con gli occhi della gente che va ai comizi: «È bene mescolarsi alla folla, applaudire, ridere e arrabbiarsi con lei, sentire la sua pazienza e la sua forza, la sua dedizione e la sua minacciosità». Kapuscinski ama l?Africa e ama i poveri del mondo; odia il cinismo e insegue la curiosità, l?entusiasmo e la passione, ma il suo amore è disincantato, non lo rende strabico. Così descrive l?odio tribale: «Chi vuole capire l?Africa dovrebbe leggere Shakespeare. Nelle tragedie politiche di Shakespeare tutti muoiono, i troni grondano di sangue e il popolo contempla muto e atterrito il grande spettacolo della morte».

Nel 1967 inizia un viaggio di cinque anni in America latina. Nel 1969, dal Messico corre in Honduras non appena sa della chiusura delle frontiere col Salvador per gli incidenti tra le tifoserie delle rispettive nazionali di calcio. Scoppierà una vera guerra – che dà il titolo al libro, anche se nel testo non compare mai l?inquietante aggettivo ?prima? guerra – e Kapuscinski rischia ancora un volta la pelle. Le cause del conflitto sono sociali e le conseguenze terribili:«La guerra del football è durata cento ore. Vittime: seimila morti, qualche decina di migliaia di feriti». Ma «i due governi sono rimasti soddisfatti: per qualche giorno hanno riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo».

L?attenzione di Kapuscinski non si concentra sui grandi eventi: «La gente che scrive libri di storia dedica troppa attenzione agli eventi cosiddetti significativi e studia troppo poco i periodi di silenzio. È più quel che si dice o quel che si tace?». Kapuscinski è modesto. Lui che ha girato il mondo in lungo e in largo conclude così il libro: «Oggi il mondo è infinito, si accresce continuamente e sarà certo più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per noi conoscere, sentire e comprendere tutto quel che compone l?esistenza di quasi dieci miliardi di persone».

La prima guerra del Football e altre guerredei poveri
Feltrinelli, 2002
pp. 237, euro 15

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