Volontariato

Noi, gli ultimi della specie con le case piene di bambini

Tre famiglie, diciotto figli: chi ha più di due figli ormai vive fuori dal mondo

di Sara De Carli

Famiglia Magatti, 5 figli: i soldi non sono tutto

Lei cucina, suo marito stira. Ognuno fa ciò in cui è più veloce. Anche se il marito è Mauro Magatti, preside di Sociologia alla Cattolica di Milano. Anche se lei è Chiara Giaccardi, professore associato di Comunicazione interculturale, sempre alla Cattolica.

Chiara e Mauro Magatti hanno 5 figli, tra i 20 e i 10 anni e vivono a Como in una comunità di famiglie, Eskenosen. «I primi tre sono nati che eravamo entrambi precari, senza reddito fisso né maternità. Ce la siamo cavata con una divisione paritaria nei lavori in casa e nella cura dei figli, gerarchizzando le scelte e chiedendo aiuto ad altre persone. I nonni, ma anche amici e persone che per qualche tempo hanno abitato con noi, condividendo il nostro essere famiglia».

Secondo i coniugi Magatti, serve sì una tassazione che tenga conto del numero di figli, sconti sui pacchetti scolastici e sanitari, luoghi ricreativi per i bambini che non siano a pagamento, ma soprattutto servono occasioni per promuovere reti relazionali: «Non è vero che la famiglia è quella biologica mononucleare. Quello è il nucleo, ma la famiglia ha confini più larghi, aperti. Altrimenti si riduce a bozzolo protettivo, baluardo contro l?insicurezza economica, e l?autonomia finisce per diventare autismo».

Famiglia De Rita, 8 figli: nonni e preoccupati

Altri tempi, forse, ma di figli Giuseppe De Rita ne ha otto, tra i 45 e i 33 anni. Che gli hanno già dato 14 nipoti. Un branco, lo definisce lui, cioè un mondo a parte. Ma alla fine della famiglia non ci crede comunque. «Vedo piuttosto un bisogno di famiglia, e i dati della Francia ne sono un primo timido segno. Il fatto è che si è concluso il ciclo mitico della autorealizzazione. E chi ci ha creduto si guarda attorno e si scopre solo». Quindi non dipende dalle politiche sociali? «No. Uno non fa figli perché in termini di autorealizzazione è più bello andare in vacanza da soli, stop. La politica può solo aiutare la dimensione economica della famiglia, non incide sul fatto che il legame venga percepito o meno come intralcio. Le politiche economiche a sostegno della famiglia sono dannosissime, perché alimentano il mito dell?autorealizzazione senza costi, mettono tutti nelle condizioni di andare in vacanza in Grecia con un volo low cost o il ragazzetto di Corviale di andare dalla nonna a chiederle i soldi per il cellulare nuovo».

De Rita salva solo un?area: gli anziani non autosufficienti, che risaputamente pesano in larghissima misura sulle famiglie. «Per quello farei un lavoro mirato, un intervento sulle singole patologie che portano alla non autosufficienza».

Famiglia Nespoli, 5 figli: viviamo fuori dal mondo

Il commercialista le ha detto che con la prossima dichiarazione dei redditi pagherà qualcosa in più, ma Cristina Nespoli, vicepresidente dell?associazione Enzo B, non è arrabbiata per quello. «Sono arrabbiata perché questo è un mondo settato su famiglie con uno o due figli. Chi ne ha di più non è un caso raro, è uno che vive fuori dal mondo». Di figli lei ne ha cinque, di cui uno in affido e uno in adozione. Casa sua è organizzata come una caserma, con la sveglia scaglionata e i turni per andare in bagno. «Economicamente fai dei sacrifici, ma vale il vecchio detto che dove c?è per tre c?è anche per quattro. Credo che molti però oggi non lo condividano, perché mi sembra che tutti aspirino da un verso a una vita troppo facile, dall?altro alla perfezione: un figlio oggi lo si fa solo quando si ha la certezza di potergli garantire tutto. Incluso il cellulare alle elementari e il dovere morale di giocare con tuo figlio un?ora al giorno. Capisce che con cinque è impossibile». Il problema per lei è proprio l?organizzazione del mondo, a cominciare dalla scuola: «Una volta i professori ti chiamavano a un colloquio individuale. Oggi avere cinque figli vuol dire passare cinque pomeriggi a quadrimestre nei corridoi delle scuole a far la fila per parlare con i professori. Un genitore che lavora non può permetterselo».

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