Famiglia

Anche in parlamento la famiglia è rimasta ai box

Come superare la crisi: la ricetta di tre esperti

di Sara De Carli

La vicinanza a Lipsia, città natale di Leibniz, non la ammorbidisce per nulla: «L?Italia per la famiglia è il peggiore dei mondi possibili». Chiara Saraceno, sociologa della famiglia, ha un ufficio anche a Berlino, al WZB, un centro di ricerche sociali.

Il ministero? solo una maschera

Da lì compara i numeri del pianeta famiglia di mezza Europa. «In Francia c?è il quoziente familiare, in Scandinavia le tasse sono individuali ma ci sono assegni e servizi: l?Italia, tra i tanti modelli possibili, ha scelto di non fare niente. È tipico: invece di fare politiche sociali per la famiglia, fanno un ministero per la Famiglia. Come se fosse la stessa cosa. Un ministero che peraltro si sta perdendo in lotte di confine con la Pollastrini, Ferrero e la Melandri. E siccome non sta facendo nulla di sostantivo, finge di essere occupato in altro».

«Prendiamo la Finanziaria, per esempio: nessuno pensava che da lì uscisse chissà che, però potevano dare almeno dei segnali simbolici. Hanno previsto sgravi fiscali, ma non hanno tenuto conto degli incapienti, così che chi è al di sotto della no tax area non può detrarre nulla. Sopra i 25mila euro le famiglie pagano più dell?anno scorso. Hanno aumentato gli assegni, ma tutti sanno che questo è uno strumento controverso: perché agli autonomi no, visto che non sono più pagati con i contributi ma con il bilancio pubblico?». Il segnale simbolico, per la Saraceno, andava dato sugli asili nido. Con questa logica: se hai pochi soldi, puntali sull?asso. «Invece hanno scelto la distribuzione a pioggia, per non scontentare nessuno. Ma così non si fa la differenza su nulla. Cosa sono 100 milioni di euro in un fondo per la non autosufficienza? Bastano solo a pagare una commissione. Piuttosto non facciamone nulla e diamoli ai nidi: 300 milioni di euro per i nidi sarebbe stato un segnale forte».

I pacs vengono dopo

Stessi numeri, valutazioni diverse. Luigi Campiglio, prorettore della Cattolica di Milano, che del quoziente familiare è il sostenitore storico, non è così negativo: «La Finanziaria, con i 3 miliardi di euro per gli assegni e i 100 milioni per i nidi, dà un segnale quantitativamente significativo, anche se manca ancora un disegno politico di ampio respiro. Certo Francia e Germania rispetto a noi allocano sulla famiglia due punti percentuali in più di Pil: vuol dire 30 miliardi di euro in più. Nel breve periodo è impensabile, ma dobbiamo arrivare lì». Se il governo lavorasse su questo, dice Campiglio, avrebbe il consenso chiaro del Paese e del suo sentire. «D?altronde anche la Francia», sottolinea «ha messo mano alla questione Pacs solo dopo aver messo a punto una politica sociale compiuta per la famiglia». Stop. Palla al centro.

L?ora del welfare generazionale

«Certo non si fa politica per la famiglia con la legge sui cognomi», dice Luigi Bobba, senatore della Margherita, «ma non dimentichiamoci che in Finanziaria un passo avanti nella direzione giusta è stato fatto». Come? Bobba non voleva il quoziente familiare? Non era lui a chiedere una forma universalistica di sostegno alle famiglie, indipendentemente dal reddito? «Continuo a crederci. Porterò in Senato una proposta di legge sul quoziente famigliare, riprendendo quella dell?onorevole Vichi. A febbraio presenterò una proposta quadro sul welfare generazionale e familiare, c?è bisogno di una legge sistematica. A cominciare dalle pensioni, per cui propongo di inserire dei contributi figurativi alle donne che si dedicano alla cura dei figli. E proporrò di rimuovere il cumulo tra pensione e continuazione del lavoro: dai contributi risparmiati si creerebbero 500 milioni di euro da allocare non alle pensioni, ma a un fondo per le politiche familiari. Ammetto che le misure prese non hanno un?incidenza decisiva. Per fare una politica per la famiglia ci vogliono almeno 18 miliardi di euro sul sistema fiscale e 19 miliardi sui servizi: una Finanziaria intera». Andamento lento, quindi. Colpa delle risorse economiche o della volontà politica? «In questa Finanziaria abbiamo dato la precedenza alle imprese e all?economia. Da oggi, per me, la priorità sarà la famiglia».

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