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Porte aperte anche alle spa
Accolta la modifica che dà il diritto di cambiare pelle alle aziende for profit. Limpresa sociale è legge.
L?impresa sociale è legge. Il governo ha approvato in via definitiva lo scorso 2 marzo il decreto legislativo che riconosce la possibilità di «esercitare in via stabile e principale un?attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale».
«Tra i provvedimenti del governo per il terzo settore, questo è quello destinato ad avere effetti di più lungo periodo, a produrre effetti strutturali», dice con giustificata soddisfazione il sottosegretario al Welfare, Grazia Sestini, che ha seguito e coordinato fin dall?inizio l?iter legislativo. Un modo per chiudere in bellezza un?esperienza politica iniziata come parlamentare al termine della precedente legislatura e proseguita in questa con l?incarico governativo. La Sestini, infatti, ha rinunciato all?offerta di un seggio al Senato e tra qualche giorno tornerà a fare l?insegnante ad Arezzo, «una decisione che ho preso in piena libertà e dovuta a vicende familiari», aggiunge.
Rispetto al testo approvato in prima battuta dall?esecutivo lo scorso 2 dicembre, sono state accolte due modifiche proposte dalle commissioni parlamentari nell?ultimo passaggio alle Camere. La prima inserisce all?articolo 1, comma 1, del decreto dopo le parole «tutte le organizzazioni private» le altre «ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile», chiarendo così che possono essere imprese sociali anche tutte le forme di impresa for profit. La seconda, invece, è un?interpretazione autentica volta a chiarire che la devoluzione del patrimonio da parte di una onlus in favore di un?organizzazione che esercita un?impresa sociale deve intendersi conforme al quadro normativo di riferimento, in quanto rientrerebbe nella ipotesi di destinazione di un patrimonio a fini di pubblica utilità.
L?unico rammarico, forse, la mancata previsione di norme fiscali di favore: «Per il contesto in cui è maturato l?iter normativo non credo francamente si potesse chiedere di più», dice la Sestini. «Abbiamo creato uno strumento civilistico che spero possa contribuire a mettere ordine nel terzo settore, offrendo a tutte quelle realtà associative che gestiscono servizi in modo imprenditoriale la possibilità di acquisire coscienza e competenza imprenditoriale. Elementi ampiamente affermati nel mondo della cooperazione sociale ma che incontrano difficoltà a essere accettati in quello delle associazioni».
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