Sostenibilità

No TAV, no lista. il siluramento di Bruno Manghi

Bruno Manghi, amico di lungo corso di Romano Prodi, non ha mai nascosto la propria contrarietà a «un’opera ciclopica su cui tutti dovrebbero riflettere».

di Christian Benna

Come Marco Ferrando, l?esponente dell?ala trotzkista di Rifondazione comunista che giustifica gli attacchi della ?resistenza? irachena contro i militari italiani di stanza a Nassiriya. O come Adriano Tilgher, indagato per le stragi di Bologna e del treno Italicus, e per un momento candidato da Alessandra Mussolini. Così anche il sociologo del lavoro ed ex sindacalista della Cisl, Bruno Manghi è finito nel calderone politico degli impresentabili, di quelli che all?ultimo minuto si vedono sfilare sotto il naso l?annunciata candidatura alle prossime elezioni perché ritenuti troppo distanti dai valori rappresentati da partiti e coalizioni. La colpa di Manghi, fino all?ultimo dato per certo nelle lista dell?Unione alla Camera dei deputati nel collegio Piemonte 1, è tutta in un articolo dal sapore No Tav. Un breve saggio (Ideologia e prassi delle grandi opere) scritto a quattro mani con l?economista Giuseppe Berta e pubblicato dalla rivista vicina a Prodi, Il Mulino, in si cui mettono a nudo il progetto di Alta velocità in Val di Susa e gli errori commessi in una gestione che, secondo gli autori, avrebbe portato all?esplosione del ?conflitto sociale?. Niente di nuovo sotto il cielo. Bruno Manghi, amico di lungo corso di Romano Prodi nonché suo fidato consigliere, non ha mai nascosto la propria contrarietà a «un?opera ciclopica su cui tutti dovrebbero riflettere». «In discussione», ha spiegato Manghi, «non è il collegamento merci ma la dimensione sproporzionata dell?intero progetto». Eppure l?ennesimo affondo contro la Tav – considerata come irrinunciabile dai Ds malgrado nel programma elettorale se ne siano perse le tracce – avrebbe scatenato la dura reazione dei vertici del primo partito dell?Unione. I democratici di sinistra piemontesi negano di aver fatto pressioni per bloccare Manghi ai nastri di partenza e spiegano il cambio in corsa per ragioni puramente tecniche. I candidati scelti da Prodi sarebbero scesi da 15 a 5. Inevitabile quindi qualche sacrificio. Il diretto interessato osserva il siparietto tra l?amareggiato e il divertito. «Avevo accettato la proposta con entusiasmo ma senza farne una questione vitale», racconta. «Ma evidentemente tra i Ds il dogma dello sviluppo a tutti i costi è duro a morire. La Tav è diventata un?ideologia senza sostanza che maschera l?assenza di idee e di alternative reali per la crescita». Il niet alla candidatura sarebbe arrivato direttamente dalla segreteria nazionale dei Ds con veto sigillato personalmente da Piero Fassino. «Con Prodi però», precisa Manghi, «nessuna rottura. È un amico e lo ritengo il miglior premier possibile per questo paese». Ma se l?ex sindacalista intende gettare benzina sul fuoco delle polemiche, in Val di Susa i toni tornano ad alzarsi. «L?esclusione di Manghi è una notizia odiosa», dice sconfortato il presidente della comunità della Bassa Val di Susa, il diessino Antonio Ferrentino. «Il fronte No-Tav perde oggi una preziosa fonte di dialogo all?interno dell?Unione». Altre critiche sono piovute dalla Cisl di Torino. «Non è nostro costume e volontà pronunciarci sui meccanismi di costituzione della rappresentanza politica», è intervenuto il segretario Nanni Tosco. «Ciò non di meno esprimiamo stupore e disappunto per le motivazioni con cui sarebbe stata cassata la candidatura dell?amico Bruno Manghi». E poi aggiunge: «I problemi e le opportunità dell?area torinese vanno raccolte dalla politica nel suo insieme, per alimentare un pluralismo che arricchisca il panorama opinioni e di idee, radicate nel nostro territorio, anche in merito al tema della Tav».


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