Formazione

L’integrazione? Si fa sopratutto nell’intervallo

Sono i bambini i migliori mediatori culturali. Ecco come si vive, si insegna, si impara e si fa volontariato alla Cadorna, dove un alunno su due è straniero

di Daniela Verlicchi

Una cartina in ogni aula, come in tutte le scuole. Ma all?istituto comprensivo Cadorna di Milano, periferia Nord-Ovest di Milano, il planisfero ha tutto un altro significato. Colorate, dettagliate, e spesso corredate dalle bandiere delle nazioni più sperdute, qui le cartine servono, non solo nell?ora di geografia. Per orientare identità, oltre che conoscenze. Al Cadorna, uno studente su due è straniero. Record italiano: la scuola del futuro, insomma, che già oggi affronta sfide e problemi di domani. «Il Cadorna ne fa una risorsa, assumendo fino in fondo il suo ruolo in un territorio che si modifica», spiega il vicepreside Pierluigi Rocca. Un territorio che cambia, con tutte le difficoltà che tale cambiamento comporta. Ciclicamente, al Cadorna, capita che genitori italiani ritirino i loro figli e li iscrivano alle scuole del centro, più ?uniformi? sotto il profilo etnico-culturale. Ma non per tutti è così.

Piccoli gesti

Basta passare una giornata al Cadorna per accorgersi che l?integrazione passa da piccoli gesti. E non sempre è una battaglia: «Le differenze ci sono, si vedono», spiega un?insegnante, «ma alle elementari sono motivo di scambio». A guardare i suoi ragazzi, gli alunni della III F, è difficile darle torto. Si chiamano Ottman, Alberto, Randa, Silvia, Shannon, Leon, Faad, Omar. Al mattino, appena arrivati ci si mette in cerchio per salutarsi e raccontarsi cos?è successo in famiglia, come è passata la giornata precedente. Poi inizia la lezione, ma sono i momenti liberi i più importanti per i ragazzi stranieri. «Il gioco è uno straordinario veicolo d?apprendimento», osserva il preside Alberto Di Donna. «Durante l?intervallo o la pausa pranzo, i ragazzi imparano a comunicare e acquisiscono l?uso del linguaggio». Perché in realtà sono proprio loro, i bambini, i mediatori più efficaci: i bambini più grandi aiutano i loro connazionali più piccoli con la lingua: traducono e intanto fanno da ponte con gli altri ragazzi. Non tutto però avviene spontaneamente.

Svezzamento linguistico

È l?ora del dettato nella III Fma Faad non riesce a far a meno di distrarsi. È arrivato qualche mese fa dal Bangladesh e l?italiano scritto per lui è ancora un problema. Per questo segue un corso di alfabetizzazione primaria con la maestra Luisella Cavallari. Una sorta di svezzamento linguistico che aiuta i bambini nei primi mesi di scuola in Italia. «Appena arrivati i bambini vengono inseriti in una classe in base all?età, non alla competenza linguistica,» spiega la Cavallari, «così spesso mancano loro gli strumenti per esprimersi». Proprio qui si inserisce il suo lavoro. Accoglie i ragazzi durante le ore di italiano (che comunque sarebbero inutili senza un?adeguata competenza linguistica) e ricomincia dall?alfabeto. In tutto, segue 16 allievi. Il programma è flessibile. Ma i livelli linguistici sono così diversi che è difficile seguire tutti in modo efficace. Come al solito, il problema sono le risorse. Al Dolci, solo la Cavallari si occupa di alfabetizzazione primaria, mentre fino a qualche anno fa le insegnanti distaccate sul progetto erano tre. E anche se il vicepreside Rocca sostiene che «le risorse sono sufficienti per mantenere gli standard di accoglienza (ma ogni anno c?è la preoccupazione che vengano meno)», si percepisce che un aiuto non guasterebbe.

Aiuto che per ora arriva dal volontariato: una decina di persone che supportano il lavoro degli insegnanti e si occupano soprattutto dei progetti interculturali, come quello della maestra Cavallari. Nonni in pensione, casalinghe o genitori che scelgono di spendere un po? del loro tempo libero ancora tra i banchi di scuola.

Faccio, quindi imparo

La questione che più preoccupa i genitori italiani è però un?altra: il programma scolastico. La domanda è : «Aspettando tutti non si rischia di rimanere indietro»? Il preside ammette che quando si supera la quota del 10% di alunni stranieri, è necessario riorganizzare l?impianto didattico. Al Cadorna, lo abbiamo detto, la percentuale di immigrati va ben oltre. E allora? Allora si punta su competenze che non sono solo quelle linguistiche. «La nostra scuola è impegnata a costruire un curriculum scolastico che porti i ragazzi (immigrati e non) a raggiungere obiettivi minimi in tutti i campi: quelli linguistici, logici ma anche quelli espressivi e relazionali. Non vogliamo dei ragazzi dalla testa in su», chiarisce il vicepreside. Al centro dei programmi della scuola, infatti, non ci sono nozioni in senso stretto, ma esperienze. In base al principio secondo cui «se ascolto, dimentico; se faccio, imparo».Così capita che la giornalista di Vita, che arriva nella scuola per raccontarla, divenga parte del programma. «Ma tu perché volevi fare la giornalista?». «Il tuo babbo faceva il giornalista?». «E tuo nonno?». «Ma c?è posto in edicola per scrivere un articolo?». Le domande le fanno loro, non si discute. Perché una cosa è parlare in astratto del mestiere del giornalista, un?altra è fare in concreto un?intervista. L?esperienza insegna, più delle parole, soprattutto se sono in un?altra lingua. È il ?metodo Cadorna?.

Coinvolgere i genitori

Ma l?integrazione non si costruisce solo all?interno delle mura scolastiche. Tutti, insegnanti e dirigenti, riconoscono che bisogna partire dalla famiglia. Problemi di lingua a parte, la difficoltà principale è conciliare abitudini familiari e usanze molto diverse da quelle italiane. «E la scuola deve ripensare al suo ruolo in questo contesto», riflette il vice preside Rocca. «Noi puntiamo a farla diventare un presidio sociale, un?interfaccia con il territorio che proponga un?offerta formativa ad ampio raggio». Un?offerta che si rivolge anche agli adulti. Da gennaio sarà attivo un corso di italiano per mamme arabe. Per risolvere problemi pratici («Se vengono ai colloqui e non riusciamo a far comprendere loro l?andamento dei loro figli è un problema», spiega il vicepreside) ma al contempo creare integrazione e far conoscere il territorio. Non solo: «È importante riconoscere culture diverse e far in modo che i bambini stranieri non dimentichino la loro», spiega Rocca. Così tra le molteplici attività integrative della scuola, verrà attivato, in collaborazione con l?Università Cattolica, un corso di lingua araba per bambini arabofoni. Per fare integrazione, c?è bisogno di più formazione e di una formazione a tutto tondo. Il Cadorna accetta la sfida.


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