Non profit

Associazioni, come difendersi dal rischio danni

Le richieste di risarcimento da parte di utenti lesi dall’operato di alcune organizzazioni sono un fenomeno crescente anche in Italia

di Redazione

Le richieste di risarcimento da parte di utenti lesi dall?operato di alcune organizzazioni sono un fenomeno crescente anche in Italia, non solo nei paesi anglosassoni. Quella sorta di ?immunità? tale per cui nessun assistito, o famiglia di assistito, denuncerà mai l?associazione che in passato gli ha fornito assistenza non è purtroppo più valido e questo fenomeno è tanto più preoccupante quando a essere ?offesi? sono utenti ?deboli? per condizioni fisiche, psichiche, razziali o socio economiche. Questo fatto, per quanto sgradevole e sottovalutato, è totalmente legittimo perché a nessuno può essere tolto il diritto al risarcimento per danni subiti, ma al tempo stesso è spesso ignorato dalle organizzazioni stesse. Causare un danno a terzi può capitare ed è possibile tutelarsi con una buona assicurazione, ma gestire la crisi d?immagine che può seguire a una cattiva gestione del fatto può generare danni irreparabili per l?organizzazione e per il conseguimento della sua missione. Una copertura assicurativa per l?organizzazione, non solo per i volontari, è comunque opportuna, a maggior ragione se si servono utenti ?deboli?. Particolare cura va prestata alle dichiarazioni che vengono fatte all?atto della stipula della polizza, si riveleranno importantissime in caso di sinistro. Come abbiamo già detto, assicurarsi può non bastare, ecco alcune utili indicazioni di ?risk management?. Innanzitutto gli individui (assistiti, collaboratori o volontari) che possiamo descrivere come maggiormente ?vulnerabili?. Si ipotizza che le organizzazioni che seguono queste aree di utenza abbiano specifiche competenze professionali (oltre a quanto previsto dalle leggi e convenzioni socio-sanitarie) e conoscenze per le condizioni che rendono vulnerabili tali individui. Queste condizioni sono co-essenziali alla stessa attività e la completa consapevolezza delle aree più sensibili è indispensabile per mettere in atto un qualsiasi piano di risk management. Cosa fa di una persona un soggetto ?vulnerabile?? La vulnerabilità emerge quando si riscontrano una o più caratteristiche tra le seguenti: ? età: minori e anziani parzialmente o nulla autosufficienti ? salute: individui con disabilità, malattie croniche, malattie terminali o sottoposti a programmi di recupero ? potere: individui che ritengono di essere svantaggiati in termini sociali, sessuali e razziali ? status socioeconomico: individui che necessitano di supporto economico per soddisfare le loro primarie esigenze. Questi fattori, in particolare i primi due, possono rendere difficile se non impossibile per queste persone la stessa consapevolezza completa (capacità di valutazione e di reazione) dei rischi anche più evidenti. A titolo esemplificativo e non esaustivo: Bambini Scarsa esperienza e capacità di valutazione del rischio; scarso controllo dei gesti. Anziani Scarso controllo dell?attività fisica; limitata capacità nella gestione dei soldi o di semplici strumenti tecnologici come il telefono o altri elettrodomestici; scarsa capacità di controllo o reazione verso terzi cui sono affidati (badanti, artigiani, etc.). Malati Dipendenza da terzi anche in attività basilari; stato in insicurezza, ansia o terrore per le proprie condizioni fisiche; scarsa capacità di controllo o reazione verso terzi cui sono affidati. Inoltre, a questi stati di vulnerabilità possiamo aggiungere le condizioni cui, per beneficiare dei servizi delle organizzazioni che li assistono, sono esposti: ? Trasporto con veicoli speciali ? Assistenza medica domiciliare ? Accompagnamento ? Attività socio-ricreative Come tutelarsi Queste attività, in relazione a particolari classi di beneficiari, possono comportare rischi cui è difficile sottrarsi, ma che possono, anche per brevi disattenzioni o piccole negligenze, comportare un notevole aggravio dello stato di disagio o vulnerabilità. Ogni organizzazione deve tutelarsi pertanto, con strumenti diversi, da queste eventualità a tutela dei propri beneficiari, dei propri collaboratori, ma anche a protezione della propria stessa struttura associativa e patrimoniale. Il rimedio è affrontare il problema senza ritenersi immuni da queste eventualità e mettere in pratica tutte quelle piccole, semplici, attenzioni che con poco riducono il rischio. Consigli utili Non è possibile sterilizzare completamente il rischio, ma l?utilizzo di semplici strumenti organizzativi e assicurativi può limitare al minimo le conseguenze di eventuali sinistri. ? Attenta selezione dei collaboratori (dipendenti e volontari) ? Corretta formazione e attribuzione dei compiti ai collaboratori ? Assegnazione di attività rischiose al personale professionalmente preparato ? Procedure di controllo delle attività critiche ? Procedure di difesa degli assistiti da parte di comportamenti scorretti di collaboratori (abusi, furti, comportamenti lesivi, etc.) ? Manutenzione ottimale degli strumenti e dei veicoli utilizzati ? Manutenzione ottimale degli immobili utilizzati ? Attenta selezione di eventuali terzi fornitori (ad es. noleggio pullman per escursioni) ? Coinvolgimento della famiglia o dei tutori degli assistiti – corrette informazioni, richieste di autorizzazioni, etc. ? Scelte di adeguate coperture assicurative (esplicitando ogni attività svolta e i beneficiari delle stesse) per responsabilità civile verso terzi (comprendendo tra i terzi i collaboratori stessi) ? Revisioni continue e aggiornamento delle stesse coperture assicurative

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