Cultura

Un paladino alla corte di Livia

Intervista: Stefano Inglese racconta il suo passaggio dal Tribunale del malato al ministero della Salute

di Gabriella Meroni

«Consigliere, non consulente. È diverso». Puntualizza, Stefano Inglese, ex coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e adesso membro attivo dello staff del ministro Turco. Il suo caso è di scuola: dopo quasi dieci anni di impegno (e quattro al vertice) in una delle più battagliere organizzazioni di advocacy della società civile italiana, dallo scorso settembre è entrato a tempo pieno al dicastero che tanto aveva criticato, spronato e anche – questo lo diciamo noi – combattuto. Materia interessante per Vita, che lo ha intervistato.Vita: Allora dottor Inglese, come mai ha lasciato un?organizzazione che ha contribuito a portare alla ribalta nazionale?Stefano Inglese: Era un?esperienza conclusa. Ma siamo in ottimi rapporti.

Vita: Com?è andato il passaggio?
Inglese: Non è stato diretto: quando il ministro Turco mi ha proposto di diventare suo consigliere, mi ero già dimesso da coordinatore del Tribunale. Ci conoscevamo da anni, lei era da tempo responsabile Welfare dei Ds e in tale veste aveva spesso partecipato alle presentazioni dei nostri rapporti Pit salute. Eravamo in sintonia. E così?

Vita: È diventato consigliere. Di che cosa si occupa, in particolare?
Inglese: Di due commissioni: quella su terapie del dolore, cure palliative e dignità del fine vita, e quella sulla sclerosi laterale amiotrofica. Inoltre sto lavorando alla costruzione della cosiddetta ?medicina del territorio?, cioè la medicina di prossimità, vicina al cittadino e al suo domicilio. Tutti incarichi che hanno in comune l?attenzione per la qualità della vita dei malati.

Vita: Venendo dalla società civile, qual è il suo rapporto con le organizzazioni non profit?
Inglese: Lavoro molto bene con loro, è il mio elemento naturale, un vero toccasana per capire il polso della situazione. Anzi, le anticipo che entro aprile convocheremo tutte le maggiori associazioni di tutela dei malati per una giornata di incontro e confronto con il ministro.

Vita: Il Tribunale del malato, che lei ha guidato per anni, è sempre stato molto battagliero. Non ha mai fatto sconti ai vari governi. Come si sente a stare dall?altra parte?
Inglese: Io non avverto discontinuità, anche se ovviamente c?è. Ero e resto un uomo della tutela. Il rammarico è solo quello di non aver ottenuto tutti i risultati che avrei voluto stando dall?altra parte.

Vita: L?emergenza Umberto I non le era nuova, giusto?
Inglese: Assolutamente no. Pensi che nel 1998 avevo presentato proprio lì la campagna Ospedale sicuro, perché avevano chiuso delle sale operatorie per infezioni…

Vita: Domanda cattiva: ci voleva l?inchiesta dell?Espresso perché il ministero si muovesse?
Inglese: Un attimo, distinguiamo. Come per tutti gli ospedali, la competenza è delle Regioni. Il ministro avrebbe potuto chiamarsi fuori, invece se ne è assunta la responsabilità. Questo le fa onore. E poi ricordiamoci che questo governo è in carica da alcuni mesi…

Vita: È già arrivato al «lasciateci lavorare»?
Inglese: No, assolutamente. Lo dico perché ogni volta che capita uno scandalo si invoca la continuità dell?azione di governo, che però non sempre c?è. E poi trovo importante che il ministro abbia chiamato in causa i cittadini, che sono le antenne sensibili sul territorio. Anche le campagne Ospedale sicuro del Tdm sono costruite proprio per valorizzare il punto di vista dei cittadini…

Vita: Il Tribunale per i diritti del malato critica il ticket sulle ricette. Lei che ne dice?
Inglese: Che lo critichi non mi meraviglia, non è mai stato d?accordo? Io ora faccio parte della squadra del ministro e ho la sua stessa posizione: è una strada obbligata per garantire afflusso di risorse al Servizio sanitario nazionale.


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