Mondo

Dove vanno i pacificisti. Pax puzzle

Con una probabile guerra alle porte, con gli Alpini in Afghanistan, il movimento discute e si divide sulle scelte da fare. In più una breve intervista ad Ernesto Olivero.

di Ettore Colombo

Qual è il modo migliore per produrre, seminare e far crescere una vera cultura della e per la pace? Indire marce? Partecipare a cortei? Sventolare bandiere? Portare stracci o fazzoletti al braccio? Chiudersi in una affollata conferenza stampa? Votare in Parlamento? Spaccare vetrine, magari? «Tutti che vogliono sempre e solo andare contro. Anche ?contro? la guerra. Noi siamo qui, invece, a lavorare tutti assieme ?per? qualcosa. Per la pace, ad esempio». Un po? sorride, via telefono, padre Enzo Fortunato, portavoce dei frati francescani del Sacro convento, e un po? invece si fa serio. «Il momento», spiega, «è più quello della riflessione, per cittadini e governi, più che quello della mobilitazione, e la pace va affermata prima di tutto nel cuore delle persone. La marcia c?è stata, ora è il momento di coniugare equilibrio e sapienza, non di manifestazioni e atti eclatanti e mediatici, anche perché le guerre sono tante e non vanno affrontate sull?onda dell?emozione, ma riflettendo». Un?email Vista dalla speciale prospettiva del Sacro convento la ricetta è di francescana e solare semplicità: «Stiamo organizzando, dal 18 al 20 ottobre, il Summit internazionale per la pace nel mondo, che avrà come tema la conversione delle armi in progetti di sviluppo nei Paesi poveri e vedrà come protagonisti diplomatici, politici, ma soprattutto scienziati e manager per la pace al fine di riflettere, studiare e compiere un?impresa oggi decisiva per l?umanità: coniugare pace e disarmo», spiega padre Enzo. Ma è utile anche inviare un?email per la pace al sito: Basilica e Sacro Convento di San Francesco ad Assisi Marcia straordinaria Certo, però, che bisogna proprio che portino pazienza, questi francescani. Qualcuno, infatti, che chieda, arrogandosene il diritto, di lanciare una marcia per la pace straordinaria, si trova sempre. Ultimo in ordine di tempo, Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, uno che ci ha preso gusto a dettare la linea. Fin quando cerca di farlo all?interno dell?Ulivo più scassato del secolo, poco male, ma quando chiede, peraltro parlando dal monastero di Camaldoli, alla Tavola della pace «una marcia straordinaria per la pace, da tenersi prima delle elezioni di novembre negli Usa», qualche imbarazzo lo crea. A Flavio Lotti, portavoce della Tavola della pace, ad esempio, che ha dovuto precisare, ancora due settimane fa, che «non c?è alcun contrasto tra noi e i francescani». Certo è che esiste un intero fronte che vorrebbe indirla subito e per davvero, una ?grande iniziativa? per la pace perché quelle finora prese, sia pure egregie e confortate dai sondaggi d?opinione che vedono la maggior parte degli italiani contrari alla guerra, non bastano o rischiano di non bastare. Ma anche per differenziarsi da chi, il 9 novembre a Firenze, scenderà in piazza ?contro la guerra?, sì, ma forse solo per mettersi in mostra ?disobbedendo?, come faranno i no global più radicali, rischiando di alienare simpatie e consensi a chi cerca faticosamente di costruire reti e alleanze. Il cartello che lega in un vero patto d?unità d?azione Tavola della pace, Emergency e Lilliput, ma che guarda con interesse all?esperienza di Pax Christi, Focsiv, Agesci e Sentinelle del mattino, ad esempio, da un lato aderisce al Forum sociale europeo, dall?altro vorrebbe prendere le distanze da chi, con frasi o gesti inconsulto, fa gridare ai ?vandali in città? attirando i media come api sul miele. Emergency ha lanciato, per il 10 dicembre, una giornata che da un lato celebri la Dichiarazione universale dei diritti dell?uomo e dall?altro porti a mobilitare contro la guerra ogni comune d?Italia, ma dicono di essere pronti a scendere in piazza prima, subito: firme e stracci di pace non bastano e forse non basta neanche bucare il video, come è successo per l?appello Fuori l?Italia dalla guerra, sottoscritto da 220mila cittadini italiani, «un successo nella storia di internet». Cercasi firma pesante Un metodo, però, quello di cercare e spesso ottenere, anche grazie ad appoggi e firme ?importanti?, consenso e attenzione attorno alle proprie proposte e iniziative, che però non piace proprio a tutti. Non tanto per l?amicizia e la presenza attiva di Sergio Cofferati al fianco di Gino Strada quanto perché il rischio, dice Massimo Paolicelli, presidente dell?Associazione obiettori nonviolenti, «è quello della personalizzazione e della spettacolarizzazione del pacifismo, che crea leader e miti, riempie gli stadi e magari le piazze, ma poi lascia un terribile vuoto. Una vera cultura di pace va costruita ogni giorno e non credo le firme dei calciatori in calce a un appello aiutino a farlo». Anche Mao Valpiana, direttore di Azione nonviolenta, parla del rischio di «tele ed etero direzione, di mass media e politici che accendono i riflettori quando vogliono, scegliendo non solo le guerre, ma anche i pacifisti: sotto i riflettori», spiega amaro, «finisci solo se gli convieni». Chi segue passo passo il lancio sui media delle campagne di Emergency, come Maso Notarianni, si limita a far notare che «i nostri appelli li firmano contadini e operai, mica solo attori e cantanti» e che «il nostro obiettivo è proprio quello di comunicare a più gente possibile una cultura di pace, oltre che a impedire che l?Italia entri in guerra», mentre dentro Lilliput è Massimiliano Pilati, referente della Rete per nonviolenza e conflitti, a spiegare come l?obiettivo è proprio quello di «lavorare a 360 gradi, arrivando alla maggioranza delle famiglie, ma anche ponendoci il problema di non arrivare impreparati alla prossima guerra. Ecco perché abbiamo studiato in un seminario a Roma e proporremo a tutti i nostri nodi i Gruppi d?azione nonviolenta». D?altra parte, anche per Tonino Dell?Olio, portavoce di Pax Christi, «il problema del consenso diventa ineludibile soprattutto se si vuole dare voce a una maggioranza forse contraria alla guerra, ma oggi silenziosa: stracci e bandiere di pace, ma anche marce e cortei, stabilito una volta per tutte il discrimine della non violenza, servono a incoraggiare e dare fiducia proprio ai pacifisti silenziosi». «Gli stracci di pace», chiude, «mi ricordano la biancheria stesa alle finestre: bel segno». Luigi Bobba, presidente delle Acli, esprime di fatto la posizione più saggia: «Stabilita la nostra totale e siderale lontananza da chi, come Casarini, evoca la violenza, magari anche solo verbalmente, e poi sostanzialmente si disinteressa della pace, come si è visto nel caso dell?assenza non solo dei politici, ma anche dei no global nella campagna a difesa della legge 185, il problema resta di capire quale pace chiediamo e quali risposte diamo a chi ci chiede se è legittimo richiedere o usare la forza quando Stati o gruppi terroristi violano il diritto. Ecco perché il tema della riforma delle istituzionali internazionali e il ruolo dell?Onu non va evitato. Per quanto riguarda i tanti, diversi pacifismi in campo, invece, noto che nascono gruppi, cartelli e iniziative le più disparate, spesso ottime, a volte emotive o dispersive. Esiste da anni un grande e comune tetto e si chiama Tavola della pace. Ripartirei da lì». Pacifismo e media, parla il fondatore del Sermig Olivero: «Un popolo di giovani fuori dai tg» “Quando la pace? Perché non ora? Perché non aspettarla da noi?”. La voce di Ernesto Olivero, 62 anni, fondatore e animatore del Sermig – Servizio missionario giovanile, arriva calda, anche se addolorata. La causa? «Lo scarso o nullo spazio ricevuto dai media lo scorso 5 e 6 ottobre, quando più di 50mila giovani hanno dato vita a un enorme, gioioso incontro di pace». Vita: Quando e dove nasce un?iniziativa così importante? Ernesto Olivero: Da due anni di riflessione ed educazione alla pace e da mesi di accurata preparazione. Crediamo che il mondo degli adulti abbia dichiarato guerra ai giovani, ecco perché al Sermig hanno parlato loro, raccontando ognuno le proprie esperienze, i propri vissuti e desideri, mentre le cosiddette ?autorità?, politici compresi, sedevano in platea ad ascoltare. Si è trattato di un grande, generoso e felice ?concilio?, un ?appuntamento? come dicono i giovani, ideato e realizzato da ragazzi e ragazze di tutto il mondo, che hanno portato sul palco le loro testimonianze di vita. Un vero e proprio G8 alla rovescia, il nostro, dove abbiamo mangiato ognuno una ciotola di riso, un modo per far capire la differenza di vita tra i Paesi che vogliono la guerra e i popoli che la subiscono. Vita: Sono loro i veri pacifisti, oggi? Olivero: Perché altrimenti chi sarebbero i veri pacifisti, oggi? Chi vuole assalire banche o spaccare vetrine? Un modo come un altro per conquistare i titoli dei tg, mentre i miei ragazzi, che erano in 50mila, non fanno notizia, anche se riempiono allegri, colorati e pacifici le piazze di una città come Torino. Ma la bontà è disarmante: con quella, i giovani cambieranno il mondo. Anche nel silenzio dei media.


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