Famiglia

Rom, c’è posto per loro?

Ricette per convivere con la minoranza meno integrata d’Europa: Il 25% di loro non ha documenti di identità e solo lo 0,5% dei ragazzi si iscrive alle scuole ... superiori.

di Sara De Carli

La ruota i rom ormai ce l?hanno solo sulla bandiera. Prendiamo i rom rumeni, spauracchio dell?italico terrore: sono quasi tutti caramizari. Caramiza significa mattone: in Romania erano muratori e avevano una casa. Poi sono venuti in Italia e noi li abbiamo sistemati nei campi nomadi. Per <b>Alexian Spinelli</b>, musicista e docente all?università di Trieste, uno dei tre rom/sinti laureati d?Italia, «i rom da due secoli si spostano solo per necessità. Il nomadismo è un mito da sfatare». Il campo nomadi è un?invenzione italiana, che risale agli anni 60 e ci è valsa, l?aprile scorso, una condanna da parte del Comitato europeo per i diritti sociali. Da trent?anni sono la sola soluzione proposta ai rom, in maniera indifferenziata. Mentre gli unici (o quasi) a volere una casa viaggiante sono i sinti, cittadini italiani da 500 anni, giostrai per tradizione. Lezione numero uno: i rom sono un ?mondo di mondi?. I progetti devono tener conto delle peculiarità di ogni gruppo. Non sono riproducibili.

Il nomadismo che non c?è

Il superamento del campo nomadi è il primo punto dell?agenda operativa delle associazioni che lavorano con rom, sinti e camminanti. Nella scala assoluta, il primo posto invece va al riconoscimento delle discriminazioni contro queste etnie: il 25% non ha documenti di identità. Per la questione abitativa, le soluzioni sono tante. Milano sul tema è in prima pagina: la Fondazione Casa della carità sta tamponando gli sgomberi con aree provvisorie, come la tendopoli di Opera: «Facciamo firmare alle famiglie un ?patto di legalità e socialità?, nel quale sottoscrivono i comportamenti da tenere per evitare l?allontanamento», dice don Massimo Mapelli.

Demir Mustafa, presidente di Amalipé romano, spiega che Firenze ha stanziato un milione e 600mila euro per il trasferimento in villaggio delle 35 famiglie rimaste all?Olmatello; Renata Paolucci, di Opera nomadi Padova, segnala che la giunta ha appena approvato un progetto di autocostruzione che coinvolge i 32 sinti di corso Australia, 400mila euro per 11 case; Antonino Marino, di Opera nomadi Reggio Calabria, racconta di 500 famiglie sistemate in condomini misti; Radames Gabrielli, un sinto di Bolzano che vive in roulotte, conferma che lì la maggior parte vive in case del Comune. Ma ci sono anche proposte intermedie: l?assegnazione nominale delle piazzole di sosta, le microaree, la regolamentazione delle roulotte e delle costruzioni edificate sui terreni agricoli. Il tutto con una contraddizione di fondo: a una famiglia rom, in media sei componenti, non sarà mai dato un monolocale di 30 metri quadri, troppo piccolo. Ma alla stessa famiglia verrà assegnato un container di 12 metri quadri.

Punto numero due, il lavoro. La disoccupazione (contando solo gli uomini) supera il 50%. Massimo Converso, presidente di Opera nomadi, al tavolo per i rom istituito in autunno dal ministro Amato chiede di inserire i musicisti di strada nell?albo comunale degli ambulanti, di legalizzare i mercati dell?usato e di regolarizzare la raccolta di rifiuti e materiali ingombranti, attività che occupa già (in nero) molti rom: «Queste azioni consentirebbero di invertire i numeri dell?occupazione e di dare dignità sociale ai rom e al loro lavoro». La tesi è dimostrata dalle tre città italiane che già hanno convenzioni per la raccolta dei rifiuti: Roma, Lamezia Terme e Reggio Calabria, con le cooperative Phralipé, Ciarapanì e Rom 95. Il lavoro passa quasi sempre attraverso la cooperazione sociale e le borse lavoro: per questo c?è chi propone il riconoscimento dei rom come categoria svantaggiata. «Non è paternalismo: è riconoscere una discriminazione che produce disuguaglianza in termini di pari opportunità», dice Roberto Costa, dell?Opera nomadi Rovigo. «Noi abbiamo una cooperativa sociale, ma il 30% dei nostri lavoratori deve essere svantaggiato. Se un rom è stato in galera gli posso dare un lavoro, altrimenti no».

L?assistenzialismo inutile

Ma questo è il punto su cui le cose saltano. Se Carla Osella, presidente di Aizo, parla di ammortizzatori sociali, integrazione facilitata e riconoscimento di rom, sinti e camminanti come minoranza linguistica, i ricercatori di OsservAzione insorgono. «C?è molto assistenzialismo nei confronti dei rom, ma poca formazione sui loro diritti», dice Nando Sigona, uno dei fondatori, autore di Cittadinanze Imperfette. Cristina Simonelli è una teologa che vive con i rom dagli anni 70, a Verona: «Vedo un solo modo per superare lo stallo: trattarli con rispetto, cioè come adulti in grado di decidere di sé. Basta ai progetti globali e agli operatori-tutori». Lorenzo Monasta, che ha conseguito il dottorato con una ricerca sulla salute dei bambini nei campi rom, ribadisce: «Quando si par- la di zingari, sembra che sia un popolo di sfigati. Sono considerati troppo inferiori per essere coinvolti alla pari. Non me la sento di dire che tutti devono fare un passo avanti: il primo passo spetti alle istituzioni ». Lezione numero due: l?unica teoria sostenibile è la pratica quotidiana delle relazioni. Vuol dire accettare il conflitto, accettare che i rom dicano cose che non ci piacciono.

Tredicimila alunni rom

Per Eva Rizzin, ricercatrice universitaria, di origine sinta, il nodo fondamentale è la scuola. In Italia, nell?anno scolastico scorso, erano 2.559 i bambini ?nomadi? iscritti alle scuole dell?infanzia, 6.583 alle elementari, 3.192 alle medie, 482 alle superiori (ma erano solo 176 nel 2000). In totale sono quasi 13mila alunni (dati Miur), ma ve ne sarebbero 20mila non iscritti, in particolare tra i rom rumeni. Per Spinelli solo il 30% si iscrive alle medie e lo 0,5% alle superiori. «Nel 2005 il Miur e Opera nomadi hanno firmato un protocollo d?intesa per la scolarizzazione dei rom/sinti», spiega Renata Paolucci, referente nazionale scuola di Opera nomadi. «Il Miur si è impegnato ad attivare corsi per la formazione di mediatori culturali rom da inserire nelle scuole, ma ad oggi non ha stanziato un euro». Le lacio drom, le classi speciali per i rom, sono state abolite nel 1982, ma in Italia esistono ancora almeno due classighetto: a Bolzano e a Villanova (Rovigo). Lezione numero tre: a volte ritornano.


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