Cultura

G8, fine dei giochi

Intervista al Ministro degli Esteri Massimo D'Alema: « ... è importante che l’Europa diventi sempre più un grande player mondiale»

di Paolo Manzo

L?appuntamento con Massimo D?Alema, vicepresidente del Consiglio nonché ministro degli Esteri – ovvero il ?líder Máximo? di quelle 1.320 stanze – è fissato alle 11.30 di giovedì 14 dicembre ma, visto il rischio di perdersi nel dedalo di ascensori, porte e corridoi della Farnesina (ovvero il palazzo romano che dal 1959 ospita il ministero degli Affari esteri italiano), è meglio arrivare almeno un?ora prima. Anche perché l?intervista riveste molta importanza. Non soltanto perché pubblicata su CartaCapital, il settimanale più prestigioso del Brasile, proprio mentre D?Alema presenziava alla cerimonia di insediamento per il secondo mandato di Lula. Ma, soprattutto, per capire meglio la sua visione del mondo e, in particolare, dell?America Latina. La sua competenza sull?area è merce rara in Italia ed è frutto di anni di studio presso la fondazione di cultura politica Italianieuropei e di molte frequentazioni. personali.

Onorevole D?Alema, qual è la proposta del governo Prodi per la riforma del Consiglio di Sicurezza dell?Onu?

Massimo D?Alema: Creare un organismo più democratico, con una rotazione regionale. Credo si tratti di un?idea più moderna rispetto a quella di un meccanismo più gerarchico del Consiglio di Sicurezza dell?Onu, sostenuta da Germania, Giappone e Brasile. È chiaro che, attualmente, la composizione del Consiglio esprime un equilibrio che è retaggio della seconda guerra mondiale. È anche chiaro che dobbiamo studiare un meccanismo che rifletta il nuovo equilibrio mondiale vigente senza comunque aumentare il numero di membri permanenti, poiché, così facendo, si creerebbe una specie di nuovo direttorio gerarchico. La miglior soluzione, a mio avviso, è una rotazione in seno al Consiglio di Sicurezza di Paesi rappresentativi di ciascuna area, con una rappresentatività derivante dalla loro rilevanza regionale.

Vita: Tra le novità più rilevanti della politica estera del governo Lula vi è la creazione del G20, un gruppo di Paesi emergenti – tra cui India, Cina e Brasile – che si è prefisso l?obiettivo di negoziare le questioni agricole e commerciali in una posizione di maggior forza nei confronti del G8, del quale l?Italia fa parte. Come valuta questa iniziativa? D?Alema: È un fatto positivo e anche un grande successo della diplomazia brasiliana, è una dimostrazione del suo dinamismo e della sua capacità organizzativa.

Vita: Ma non costituisce un altro elemento di possibile attrito con l?Italia, così come con il Consiglio di Sicurezza dell?Onu?
D?Alema: È evidente che non possiamo pensare che il mondo sia governato dal G8, il quale, proprio come il Consiglio di Sicurezza, riflette un equilibrio mondiale in procinto di essere superato. Basta pensare che oggi la Cina è la terza economia mondiale ed è proiettata ad essere la prima. Il G8 non è che un gruppo di otto Paesi, ma il criterio base sul quale si è costituito non ha più ragione di essere.

Vita: Questa è una dichiarazione importante. Può spiegarla meglio?
D?Alema: È molto semplice. Siamo in un momento di profonda trasformazione in cui è necessario saper governare questo mutamento e in cui non tanto l?Italia, ma l?Europa deve saper definire il proprio ruolo. L?Europa è una grande potenza, uno dei grandi players mondiali, ma rimarrà tale solo se saprà unirsi, integrarsi sempre di più, politicamente ed economicamente. Se, invece, si dividesse, i Paesi che ne fanno parte, incluso quello che rappresento, sarebbero per ?tendenza naturale? tutti destinati a sparire dalle alte posizioni che occupano. Perché è naturale che un Paese come l?Italia, con 60 milioni di abitanti, sia superato da uno che ne ha un miliardo. Dobbiamo governare con intelligenza questo processo. Oggi ha molto più senso parlare dell?Europa piuttosto che del G8.

Vita: Altra spinosa questione è quella commerciale. Dopo le riunioni di Lisbona, nell?ottobre del 2004, e del Vertice di Vienna, del maggio del 2006, i trattati commerciali tra il Mercosud e l?Unione Europea sono paralizzati. Cosa pensa di questa situazione?
D?Alema: Credo che il pacchetto di Lisbona fosse un?offerta seria che, forse, avrebbe dovuto essere valutata con più attenzione dai Paesi latino-americani. Per uscire da quella impasse, un passaggio cruciale è costituito dal Round di Doha, anch?esso in difficoltà ed altra questione su cui dobbiamo raggiungere un accordo. Ho visto che il direttore generale del Wto, l?organizzazione mondiale per il commercio, Pascal Lamy, ha detto che l?Europa deve offrire di più, e parleremo di questo nelle prossime settimane. Ma c?è anche bisogno di flessibilità da parte del gruppo guidato da Brasile e India. Anche così i maggiori oppositori sono gli Stati Uniti. Questo è vero.

Vita: Lei quindi sostiene che il protezionismo agricolo europeo non ha avuto un ruolo decisivo nella paralisi dei negoziati?
D?Alema: Quel che voglio dire è che la colpa è spesso attribuita a questo fattore, ma, a mio avviso, i nostri amici latinoamericani non hanno valutato pienamente la portata della riforma della Politica agricola comune fatta dall?Europa, in base alla quale Bruxelles sta smantellando il vecchio meccanismo di incentivi alla produzione, e soprattutto non esistono più incentivi alla esportazione. Da questo punto di vista siamo molto più avanzati dei nordamericani. Per questo motivo non parte dall?Europa l?ostacolo principale, anche se credo che Bruxelles debba essere ancora più flessibile, poiché un fallimento nel Wto, che per di più desse la chiara impressione di essere causato dall?egoismo dei Paesi più ricchi, sarebbe molto negativo per noi. Non credo quindi che sia nell?interesse dell?Europa farsi carico di una responsabilità come questa.

Vita: In questi ultimi giorni il ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim ha definito una «tragedia» il fallimento di Doha. Alla luce di quanto è successo negli ultimi anni, come valuta la politica brasiliana di negoziati in ambito commerciale, in particolare con riferimento all?Unione Europea?
D?Alema: Penso che il Brasile abbia commesso un errore strategico nei negoziati, partendo dal presupposto che avrebbe conseguito in ambito Wto una completa liberalizzazione ed apertura dei mercati per i prodotti latinoamericani senza pagare il prezzo di un?apertura dei mercati latinoamericani ai beni e servizi europei. Credo che questo sia stato un errore di calcolo, dal momento che l?Accordo tra l?Unione Europea e il Mercosud, per il quale avevo lottato in qualità di parlamentare europeo, era molto vicino ad essere concretizzato a Lisbona.

Vita: Era vicino, ma non era esattamente vantaggioso per il Brasile o per gli altri Paesi latinoamericani. O no? D?Alema: Non concordo. Era un accordo vantaggioso per l?America Latina perché, anche non liberalizzando i mercati, prevedeva un grande aumento dei contingenti e delle quote che avrebbe comunque favorito una notevole crescita dell?interscambio e delle esportazioni agricole S latinoamericane verso l?Europa.

Vita: Dopo cinque anni di black out nell?era Berlusconi, crede che l?Italia potrebbe guidare le iniziative dell?Ue nel Continente latinoamericano?
D?Alema: L?Italia può proporsi, non in concorrenza con la Spagna e il Portogallo bensì insieme con loro, come uno dei Paesi europei in grado di rappresentare una sorta di lobby latinoamericana nel cuore dell?Unione Europea, con l?obiettivo di sviluppare le relazioni tra le due regioni e anche di rafforzare i legami politici ed economici di Roma in questi Paesi, a cominciare dal Brasile.

Vita: Perché sarebbe nell?interesse dell?America Latina un rapporto rafforzato con l?Europa?
D?Alema: Tanto per controbilanciare la presenza nordamericana, quanto per le affinità politiche e culturali, nonché per una possibile integrazione economica con l?Europa.

Vita: Qual è il senso di questa possibile integrazione economica?
D?Alema: L?Europa produce servizi e ha un?industria di qualità, mentre l?America Latina ha bisogno di esportare materie prime. Vi è pertanto una potenziale integrazione economica che, a mio avviso, può raggiungere traguardi molto più avanzati e davvero più ambiziosi, cosa che non è stata fatta fino ad oggi.

Vita: Come giudica l?uscita delle principali banche italiane, da Banca Intesa alla Bnl, dall?America Latina, in un periodo di stabilità finanziaria e relativa crescita, in controtendenza con quanto fatto dagli spagnoli?
D?Alema: Credo che le banche italiane abbiano preso questa decisione di uscire già alcuni anni fa, quando, in un momento di crisi, non riponevano piena fiducia nelle prospettive di ripresa della crescita in America Latina. Certamente è stato un errore, perché chi ha resistito è stato premiato. Oggi, in America Latina, il sistema imprenditoriale italiano è presente e, a mio parere, anche quello finanziario potrebbe tornare. Solo, o assieme agli spagnoli.

Vita: Come valuta la crescita della sinistra in America Latina?
D?Alema: Credo sia un fatto enormemente positivo questa forte virata a sinistra, e che oggi, soprattutto l?America del Sud, con l?eccezione del Paraguay e della Colombia, sia interamente governata da amministrazioni di sinistra e di centrosinistra. Anche se con varie tonalità di rosso.

Vita: Come spiegare questa onda continentale progressista?
D?Alema: Credo che questo cambiamento sia derivato dalla capacità della sinistra latinoamericana di liberarsi dai vecchi schemi e, da questo punto di vista, l?esperienza più importante è stata certamente quella del Brasile di Lula, in ragione della grande capacità di portare al governo una sinistra che aveva una lunga tradizione di opposizione ed antagonismo e che era considerata inadatta a governare.

Vita: E le altre tonalità di rosso cui lei si riferiva?
D?Alema: Guardi, in America Latina esistono governi riformisti e governi populisti che sono nati dallo stesso drammatico disagio sociale dell?America Latina. Ma si tratta di risposte differenti. Credo che la risposta vincente sia quella riformista che, in alcuni Paesi, ha ottenuto grandi successi.

Vita: Quali sono i punti forti e deboli del Brasile di Lula? So che lei mi dirà che è il ministro degli Esteri di un altro Paese, ma faccia un?eccezione.
D?Alema: Lo sviluppo economico e la lotta contro la fame e la disuguaglianza. Sono stati questi i due punti di forza dell?esperienza di Lula. Il punto debole, secondo me, è la frammentazione e la fragilità del sistema politico e della sua classe dirigente. Questa volta Lula ha vinto distanziandosi dal Pt, e ha fatto un?operazione corretta, perché altrimenti non sarebbe riuscito a ricreare un rapporto di fiducia con gli elettori.

Vita: Cosa dobbiamo aspettarci dal secondo mandato di Lula?
D?Alema:Credo che ora egli abbia una grande responsabilità: porre le basi per ciò che verrà dopo Lula. Perché o si costruisce un sistema politico forte che apra alle forze progressiste brasiliane la prospettiva di non essere più legate ad una sola persona, o esiste il rischio che, dopo di lui, il Paese torni a vivere le sue contraddizioni e le sue crisi. Lula dovrebbe dare alla sinistra brasiliana una politica più forte che vada oltre il suo destino personale. Il secondo banco di prova che deve affrontare sarà l?integrazione regionale. Esiste un fervore di idee e iniziative, ma credo che sia necessario il coraggio di dare un grande impulso in direzione dell?integrazione regionale, e so che questo è uno degli obiettivi di Lula. Senza nulla togliere alle altre esperienze in atto, il punto di partenza è il Mercosud.


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