Formazione

Il non profit ha detto s

Politica. Giulio Tremonti traccia un primo bilancio del 5 per mille

di Riccardo Bonacina

Si sono registrate 29mila associazioni. Per il ministro dell?Economia, che ha voluto e difeso questa misura, è un successo. «Così si fa sussidiarietà vera e si rompe il monopolio della politica». E per il futuro? «Potremmo estenderlo a tutta la quota» Quasi 29mila organizzazioni non profit si sono registrate al sito dell?Agenzia delle Entrate per poter beneficiare della nuova norma sul 5 per mille. Un successo che forse dimostra la maturità culturale del terzo settore italiano. Eppure, qualche economista ha sostenuto che il 5 per mille rappresenta un costo per lo Stato o, perlomeno, un mancato introito. Vita: Ministro, lei invece ha spesso parlato di questa misura come di un investimento che il paese fa per il suo futuro. Può spiegarci meglio e convincere gli economisti che hanno arricciato il naso, per esempio quelli di lavoce.info? Giulio Tremonti: Per rispondere credo che sia sufficiente notare quali sono i settori interessati dal nuovo 5 per mille: non profit, ricerca scientifica e università, ricerca sanitaria, servizi sociali del Comune. Sarà un mancato introito per lo Stato nella misura in cui i contribuenti decideranno di utilizzare questo meccanismo. Ma ribadisco che si tratta di un investimento. Sono settori strategici dello sviluppo. Destinare risorse a questi settori significa ottenere un effetto virtuoso. Il 5 per mille è una novità. O forse è qualcosa di più, perché permette al cittadino di scegliere direttamente l?ente che intende finanziare, indicandone il codice fiscale in dichiarazione. Il cittadino ritorna, in questo modo, ?padrone? di una parte dell?imposta. è lui che decide: ha finalmente voce in capitolo riguardo ai servizi che ritiene meritori. Il nuovo 5 per mille inizia a superare la logica delle destinazioni a pioggia, delle rendite, ecc. Crea un quasi mercato virtuoso dove soggetti pubblici e privati sono in competizione tra loro. è un modo per far rivivere le virtù democratiche del principio «no taxation without representation», restituendo sovranità al contribuente. Rompe il monopolio della politica, trasferendo quote di potere e responsabilità dallo Stato alla società. Potrà non capirlo chi ancora ritiene – in un eccesso di statalismo – che la politica debba rimanere il decisore onnipotente e unico di tutta la spesa pubblica. Un nodo culturale che il non profit ha mostrato di capire. Vita: Poco più di un anno fa proprio su Vita parlò di questa misura, anche come norma redistributiva. Disse: «Il primo settore (le imprese) lavora quasi metà anno per finanziare il secondo settore (lo Stato) e il secondo settore dà solo briciole al terzo senza il quale non c?è nuovo welfare». In quest?ottica crede che il 5 per mille possa essere solo un primo passo, insieme alla +Dai -Versi? Come, se sarete richiamati a governare, si può continuare sulla strada della sussidiarietà fiscale? Tremonti: Le potenzialità del terzo settore sono enormi. Credo che sia l?unica speranza per produrre, con costi limitati, ma con effetti di ritorno quasi illimitati, la massa crescente di servizi sociali di cui abbiamo sempre più bisogno. Lo Stato burocratico è già fin troppo esteso e fin troppo costoso. In questa legislatura il nostro paese ha fatto passi in avanti davvero molto importanti per recuperare uno storico ritardo nel trattamento fiscale del terzo settore. Lei citava il meccanismo della +Dai -Versi e il nuovo 5 per mille. è una strada sulla quale senz?altro si deve continuare. Il 5 per mille è a costo zero per il contribuente e questo lo rende più funzionale delle deduzioni. Quest?anno è stato previsto in via sperimentale. Una possibile evoluzione potrà essere quella di estenderlo a tutta la quota dell?imposta (come avviene già per l?8 per mille) anziché limitarlo alla quota relativa alle scelte di chi decide di utilizzarlo. Altre applicazioni della sussidiarietà fiscale potranno essere sviluppate anche nel contesto di un futuro federalismo fiscale, ad esempio ammettendo la detraibilità del sistema dei vouchers che oggi si sta diffondendo a livello regionale e locale. In questo modo si lascerebbero i soldi in tasca al contribuente evitando qual giro burocratico per cui prima si sottraggono le risorse con le imposte e poi vengono restituite costringendo il cittadino a redigere domande, moduli, ecc. Si eviterebbe, in molti casi, di trasformare un cittadino che avrebbe risorse autonome in un assistito. Vita: Enrico Letta, su Vita, ha dichiarato di condividere una misura come il 5 per mille e si è impegnato, nel caso il centrosinistra vincesse le elezioni, a mantenerla, a riconfermarla. Nonostante l?opinione di Letta non sia rappresentata nel programma dell?Unione, lei crede che ci siano terreni riconosciuti, di qua e di là, come terreni di bene comune? Tremonti: Le misure potenzialmente, ma purtroppo non realmente, ?bipartigiane? sono molte. Oltre al 5 per mille, con la legge finanziaria 2006 è stato introdotto un vero e proprio ?statuto? dei distretti produttivi. Per rilanciare il modello industriale italiano, bisogna valorizzare le sue specificità. I distretti sono una delle vie italiane all?industria. Chi vuole far crescere l?Italia deve quindi partire anche dai distretti. Ma vorrei citare anche la legge sul risparmio. E, per restare in campo sociale, l?iniziativa dell?Italia sui vaccini per i paesi in via di sviluppo, approvata dal G8 e già in fase di attuazione. Vita: Nello specifico del terzo settore l?affollarsi di leggi (tra nazionali e locali sono in tutto 485!), in gran parte fiscali, determina ormai confusioni e discrepanze di trattamento non giustificabili. Non crede sia giunto il momento di un provvedimento quadro per il settore? Tremonti: Credo che sarebbe opportuno proprio per le potenzialità che il terzo settore potrebbe esprimere nello sviluppo sociale del paese. Il Welfare State era basato su servizi pubblici ?dalla culla alla tomba?. Oggi ci sono ?poche culle? e ?poche tombe?: la natalità è bassissima e la vita media si è innalzata. Sta arrivando lo tsunami pensionistico dei baby boomers degli anni 40. Non possiamo permetterci di soffocare, in nome dell?ideologia statalista, una risorsa come quella del terzo settore che spesso sviluppa risposte straordinarie ai bisogni sociali, risposte che non potrebbe essere pensate a tavolino, dall?alto. Occorre modernizzare – e non solo dal punto di vista solo fiscale – la disciplina di riferimento del terzo settore, svecchiandola da tutti i retaggi di statalismo ancora presenti. Vita: Siamo reduci da una grande polemica contro le cooperative che ha preso spunto dall?Opa di Unipol su Bnl. Nei giorni caldi lei ha fatto una dichiarazione apprezzabile dicendo che «la cooperazione rappresenta una parte importante per l?economia, l?occupazione, la ricchezza del paese». Non pensa sia ora di arrivare finalmente a una riforma del libro primo del Codice civile che preveda una forma d?impresa non più e non solo capitalistica? Non crede che, in questa direzione, vada incoraggiata e portata a termine la legge delega sull?impresa sociale? Tremonti: Sono d?accordo. Le norme sull?impresa sociale andrebbero sviluppate, superando l?alternativa secca tra beneficenza e profitto che ispira l?attuale disciplina del Codice civile.


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