Welfare

India, la lunga guerra del Glivec

Una pillola cura una rara forma tumorale ma il governo di Delhi non riconosce il brevetto alla casa produttrice. Ora la multinazionale è andata per vie giudiziarie

di Joshua Massarenti

Il prossimo 29 gennaio, il tribunale indiano di Chennai si pronuncerà sul ricorso effettuato il 16 maggio 2006 dall?azienda farmaceutica Novartis contro il rifiuto da parte delle autorità indiane di brevettare il Glivec®, un farmaco definito rivoluzionario dalla comunità scientifica per la lotta alla leucemia mieloide cronica. In ballo non c?è solo la sorte di 15-30mila cittadini indiani colpiti ogni anno da questa forma tumorale rara quanto mortale, ma anche due visioni contrapposte della salute pubblica. Da una parte, il colosso svizzero, convinto che i brevetti imposti sui propri prodotti rimangono una fonte di guadagno indispensabile per stimolare la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci a beneficio della collettività. Dall?altra, un governo indiano deciso a limitare la concessione di brevetti a farmaci ritenuti non innovativi e i cui costi rendono le cure inaccessibili alla stragrande maggioranza dei malati. Da qui la mobilitazione della società civile indiana, seguita a ruota da Msf – Medici senza frontiere, protagonista di una petizione internazionale lanciata nel dicembre scorso contro Novartis.

1998. Niente brevetto

La vicenda risale al 1998, quando la casa farmaceutica svizzera depose una domanda di brevetto sull?imatinib mesylate, commercializzato con il marchio Glivec®, presso l?Ufficio brevetti di Chennai. Una richiesta degna di incognita. L?India, infatti, aveva approfittato di una clausola prevista dall?accordo siglato nel 1995 presso l?Organizzazione mondiale del commercio sugli aspetti dei diritti della proprietà intellettuale (Trips) per sospendere la concessione di brevetti sui cosiddetti ?famarci salvavita? sino al termine ultimo consentito dal Wto, ovvero il 2005. Tale clausola fu ulteriormente legittimata nel 2001 con la Dichiarazione di Doha, in base alla quale gli accordi Trips «possono e devono essere interpretati e applicati in modo da rispettare il diritto di proteggere la salute pubblica e, in particolare, di promuovere l?accesso ai farmaci per tutti». Alcune aziende farmaceutiche indiane (tra cui Cipla, Ranbaxy, Natco ed Herero) misero a profitto questi accordi producendo copie generiche del Glivec®, a prezzi di gran lunga inferiori rispetto a quelli messi in commercio da Novartis. «Da cure equivalenti a 2.600 dollari al mese», ricorda Y. K. Sapru, fondatore della Cpaa – Cancer Patients Aid Association (con base a Bombay), «il paziente indiano è passato a cure pari a 200 dollari mensili. Se pensa che nel nostro Paese il pil pro capite non supera i 3.400 dollari annui e che la copertura sanitaria rimane un miraggio per molti indiani, si tratta di una vera e propria rivoluzione».

2003. Novartis ci riprova

Già, ma nel 2003 Novartis ottenne dall?Ufficio brevetti di Chennai i «diritti esclusivi di commercializzazione» sul Glivec® per un periodo di cinque anni. «Fu un colpo durissimo», prosegue Sapru. «Le nostre aziende dovettero fermare la loro produzione in attesa che l?India adottasse per via normativa i cambiamenti previsti dagli accordi Trips». Tra i cambiamenti evocati da Sapru c?è una piccola clausola in base alla quale soltanto i farmaci altamente innovativi possono essere brevettati. Tale clausola fu inclusa nella nuova legge sui brevetti approvata dal parlamento indiano nel gennaio 2005. Il resto è cronaca. Riprendendo in esame la domanda di Novartis, l?Ufficio brevetti di Chennai sfruttò tutte le flessibilità iscritte nella nuova legge per rigettare nel gennaio 2006 la richiesta della casa farmaceutica svizzera con il motivo che tale domanda rivendicava «una nuova formula di una sostanza già esistente e quindi non brevettabile».

2006. La guerra dei numeri

«Abbiamo riflettuto molto prima di avviare un?azione legale, ma non avevamo alternative», spiega da Basilea una fonte di Novartis. «Intanto è bene ricordare che i brevetti consentono ad un?azienda farmaceutica di rimborsare i costi di produzione enormi che caratterizzano la ricerca e lo sviluppo dei farmaci». Si parla di una media di 800 milioni di dollari. «Una cifra nettamente inferiore ai guadagni che Novartis ha sin qui ricavato dalla vendita del Glivec® (si parla di 1,7 miliardi di dollari incassati nel 2005 per 200mila pazienti, ndr)», ribatte Tido von Schoeden-Angerer, responsabile della campagna di Medici senza frontiere per l?accesso ai farmaci. Motivando la scelta presa da Msf di lanciare una petizione contro il colosso farmaceutico, Schoeden-Angerer tiene a precisare che «Novartis è protagonista non di una, ma di due azioni legali: la prima per la vicenda Glivec®, la seconda contro la legge indiana sui brevetti. E non è un caso. Il successo eventuale di Novartis costringerebbe l?India a concedere brevetti molto più facilmente, provocando de facto un danno irreparabile per milioni di poveri del Sud del mondo che dall?India ricevono buona parte dei farmaci generici di basso costo in circolazione».

Ma Novartis non ci sta. «Spesso i nostri detrattori non menzionano il fatto che anche a basso costo, molti farmaci generici rimangono inaccessibili ai più poveri», sostiene Angela Bianchi, la responsabile comunicazione di Novartis Italia. «Purtroppo», prosegue, «non mi sembra che le aziende indiane portino avanti progetti di ricerca e di assistenza sociale sostenibili». Al contrario, «attraverso il Glivec® International Patient Assistance Program, Novartis prende gratuitamente in carico oltre 6.500 pazienti colpiti da leucemia mieloide acuta», per un costo annuo complessivo di oltre 17 milioni di dollari. «Un impegno che rispecchia gli sforzi forniti negli ultimi anni da Novartis a favore di malattie dimenticate come la malaria o la lebbra». Ribatte Msf: «Sono sforzi lodevoli rispetto ad altre case farmaceutiche, ma non compensano minimamente il danno che rischia di provocare l?azione legale contro il governo indiano».


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