Cultura
Questo romano la fa troppo facile
Debutti: Bianco, opera prima di Marcella Menozzi
È appena arrivato in libreria, ma la strada era già stata spianata dai vari Federico Moccia, Francesco Dezio e, prima di loro, dagli interminabili
Enrico Brizzi & Co. E si è subito infilato in quella che potremmo definire la letteratura low cost. Marcella Menozzi con il suo Bianco si potrebbe liquidare così: più che romanzo, una sceneggiatura per l?ennesimo film sui giovani d?oggi (compreso di colonna sonora rilasciata dall?autrice alla fine del libro). Ma vorremmo essere più giusti, e non lasciarci andare a categorie
che, per quanto inerenti, precludono un giudizio ulteriore. Il destro ce lo offre la conterraneità con l?autrice: «tut du a?- sam nè a tac a l?ambra dla Ghirlandeina », per intenderci. Così, quello che è un fenomeno in questo caso ci interroga direttamente: parla di luoghi che abbiamo frequentato, serate, amicizie, e tutta un?atmosfera che conosciamo a memoria. Uno specchio, insomma, informante. Di Modena e dintorni, per altro, si sa quasi tutto: dai tempi
di Pier Vittorio Tondelli fino ai più recenti Ugo Cornia e Paolo Nori. Nella città di Pavarotti e dello zampone, personaggi come Edmondo Berselli, Vittorio
Zucconi, Giuseppe Cottafavi sono di casa, e fra una presentazione e l?altra sfornano i propri e i libri altrui: da Quel gran pezzo dell?Emilia a Tutte le barzellette su Totti. Ecco, i protagonisti di Bianco riflettono proprio questa facilità: partono per l?estero, vanno a vivere da soli, si trovano, si lasciano, scendono in piazza (ma non dicono, o forse non sanno nemmeno loro, il perché), e quando si fermano per chiedersi di che colore è il senso della vita,
la risposta è: bianco. Come quello delle cose buone di una volta, della neve sugli appennini, dei centrini della nonna. Il mondo ha fame – direbbe Artaud – e i giovani fortunati di una fortunata provincia come Modena vivono invece nel proprio diario cinematografico (una volta si sarebbe detto ?alienazione borghese?, ma tant?è), cercando la vita oltre i titoli di coda. Così, per chi non vuole spendere – e sottolineiamo rischiare – due parole in più sulla fatica, sul dolore, sulla carità e sull?ingiustizia, perché lavorare stanca ed è
sempre meglio fingersi romanzieri che sentirsi degli esseri umani, tanto vale un blog. Almeno così non si rischia di finire in un gioco – la letteratura – più grande di sé: in cui, viceversa, è essenziale credere che da ogni parola
scritta dipenda il destino dell?umanità. Troppo duro? È ora di smetterla di farla troppo facile. Bianco di Marcella Menazzi
Fazi editore, pp 122, euro 12
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