Politica
Ma questa è solo una sbronza di ghiaccio e di neve
Le mie Olimpiadi amare. Lettera aperta da un collaboratore torinese
A Torino ci stiamo divertendo un casino in questi giorni. Torino brucia di passione: rossa come la Ferrari che sgommava durante la cerimonia d?apertura, come le fiamme che ardono nel braciere Olimpico dello Stadio Olimpico, ex Comunale, ex Benito Mussolini.
Un poco sabaudo profluvio autoelogiativo ha pervaso le istituzioni torinesi: ma come siamo bravi, è una svolta, le Olimpiadi più belle della storia? Una festa, bella, bellissima. E poi? E dopo la sbronza? Boh, chissenefrega, qualcuno ci penserà, perché preoccuparsi? Il contribuente milanese, napoletano, siciliano ci stanno pagando lo show con cui non pensare al disastro che si profila all?orizzonte. Godiamoci le bollicine di spumante adesso, qualche santo provvederà.
Che importa se la cronaca cittadina del quotidiano di casa Agnelli sia ogni giorno un campo di battaglia di fabbriche che chiudono con relative occupazioni di strade e ferrovie, che importa se il numero di lavoratori nel settore olimpico si dimezzerà nel 2007 e crollerà nel 2009, che importa se la popolazione è in calo e il numero degli anziani non lavoranti fra pochi anni sarà insostenibile, mentre i giovani saranno mosche bianche, laureate, alla ricerca di un buon posto di lavoro nei call center…
Sono arrivati sette chilometri di metropolitana, le aiuole, i portici ridipinti, le bandiere rosse che fanno Natale tutto l?anno, quattro palazzetti del ghiaccio, l?ennesimo stadio? basta e avanza. Il Piemonte è la regione più assistita d?Italia, e ci vuole del coraggio nel sostenere la favola del volano olimpico per le industrie locali. Ma quali industrie scusate? Nel disperato sforzo di vendere un?immagine che non esiste, il comitato organizzatore porta in giro i giornalisti a visitare le perle produttive piemontesi. Li porta ad esempio ad Omegna ad apprezzare lo shop della Alessi, ditta storica che vende casalinghi di lusso. E basta una domandina per capire che il re Piemonte è miseramente nudo: scusi la linea produttiva dov?è? A voi la tragica risposta.
Cari lettori contribuenti non torinesi che ci state pagando la sbronza, e che fra poco con le vostre tasse pagherete anche gli ammortizzatori sociali che la Fiat pretende dal governo perché vuole cacciare altri mille lavoratori di Mirafiori (alla faccia dei conti in positivo), dovete sapere una cosa: Torino, al contrario di quello che sostiene il suo sindaco, è una specie di ultimo baluardo del socialismo reale, della spesa pubblica all?impazzata. Il nostro motto è: paga Pantalone!
Ci siamo rifatti la città e ora gran festone, sempre la Fiat si è fatta comprare immensi spazi industriali dismessi dalle istituzioni locali che non si sa bene cosa vogliano farne, e per dopo è in arrivo la madre di tutti gli appalti, la strategica per eccellenza, lei, la Dea Tav da osannare dentro una caverna di 75 chilometri, con venti anni di cantieri e succosi lavori pubblici.A questa precisa filosofia economica plaudono le mummie di casa Fiat e SanPaolo più i loro tirapiedi dei media e nelle istituzioni.
Il Titanic Torino affonda, ma che sogno danzare con questa orchestra che suona!
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