Sostenibilità

La diga sul fiume di denaro

Per costruirla il ministero degli Esteri appalta alla Salini lavori per 220 milioni. Che è molto di più di quanto si sia speso in un anno per la cooperazione in tutto il mondo...

di Emanuela Citterio

Tagli sì, ma non per tutti. Mentre molte ong impegnate nei paesi poveri sono costrette a interrompere i progetti per i sempre più esigui stanziamenti pubblici sul fronte cooperazione, una ditta, la Salini Costruzioni, ha iniziato in Etiopia, a Gilgel Gibe, i lavori per la costruzione di una centrale idroelettrica sfruttando un finanziamento di 220 milioni di euro del ministero italiano degli Affari esteri. Nulla di male, intendiamoci. Se non fosse che la cifra in questione è superiore al totale delle risorse impegnate dall?Italia nel 2003 in tutto il mondo per la cooperazione allo sviluppo: 180 milioni di euro.

Il caso in parlamentoA sollevare il caso con un?interrogazione parlamentare presentata il 10 febbraio è il senatore Nuccio Iovene (Ds): «L?assegnazione di quest?opera alla Salini presenta una serie di anomalie che fanno dubitare fortemente della trasparenza dell?intera operazione. C?è stato anche il parere negativo del nucleo di valutazione del ministero Affari esteri, che ha un ruolo di verifica degli investimenti pubblici. Ma, non si sa perché, di questo parere non si è tenuto conto».
Nel documento citato da Iovene, datato 7 ottobre 2004, si legge che l?assegnazione da parte delle autorità etiopiche alla Salini è avvenuto «a trattativa diretta», senza nessun tipo di gara e saltando sia le procedure previste dalla Direzione generale della cooperazione che la normativa italiana. Tra le altre anomalie i tecnici del ministero rilevano anche «l?assenza di uno studio di fattibilità relativo all?intero sistema da realizzare» e la poca chiarezza circa i costi delle azioni necessarie per limitare l?impatto ambientale della diga. Un esperto del mondo della cooperazione, che chiede di non essere citato, conferma a Vita che il caso della centrale è l?unico che ha visto seguire a una valutazione negativa da parte dell?organo tecnico il via libera da parte dell?organo politico (il Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo). Nell?interrogazione, inoltre, si sottolinea come l?operazione contraddica una raccomandazione dell?Ocse, firmata anche dall?Italia, che prevede che a fronte di prestiti erogati per lo sviluppo, i lavori non siano appaltati soltanto a ditte dello stesso paese donatore.

Un?azienda discussa
La Salini costruzioni negli anni 80 è stata al centro di un discusso caso di malacooperazione per il progetto Tana Beles, che doveva servire a bonificare la valle del Beles nel Nord dell?Etiopia. L?impresa italiana ottenne un finanziamento di 450 miliardi nell?ambito del Fai, il Fondo aiuti italiani di 1.900 miliardi creato dal governo Craxi. Ma il progetto si concluse con uno spreco di risorse e una serie di dighe costruite per l?irrigazione mai entrate in funzione. Ciò non impedì alla Salini di chiedere e ottenere, nel 1998, un risarcimento di 32 miliardi di lire.
«Con l?interrogazione il parlamento esercita il suo ruolo di controllo sull?operato del governo», sottolinea Sergio Marelli, presidente dell?Associazione delle ong italiane. «Al di là delle anomalie, tutto questo caso è ancora più eclatante per la sproporzione fra un singolo intervento e tutto il resto del budget erogato dalla cooperazione italiana per i progetti di sviluppo».

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