Formazione

Libro giallo dove eravamo rimasti

Il libro giallo archivia il 5 per mille, chiede la riforma del codice civile, apre interessanti proposte sul tema della famiglia.

di Ettore Colombo

Si sono divisi per mesi – con tanto di reciproche imboscate (in ultimo sulla Tav) – su tutto il resto, dai Pacs alle grandi opere, dalla legge 30 alla politica estera fino a quella energetica. Ma almeno sulla parte riguardante non profit e terzo settore sembra davvero che sia filato tutto liscio, all?interno del tavolo (o meglio del sottotavolo) sul programma (oggi Libro giallo) dell?Unione. Risultato, un discreto compromesso che porta soprattutto le firme e i desiderata di Ds e Margherita. L?unico scontro – naturalmente con la sinistra radicale dello schieramento (Rifondazione ma non solo, anche Pdci e Verdi) – si è consumato sul valore e il peso da dare alla parola sussidiarietà. Per il resto tutto è filato lisciato. Via il 5 per milleMa riconosciuto nuovo ruolo e funzione al terzo settore (in particolare al Forum, sua rappresentanza istituzionale) va notato che il centrosinistra preferisce ripartire da una sorta di ?heri dicebamus? (la legislatura di governi dell?Ulivo) in quanto a leggi del terzo settore più che avanzare idee nuove. E tantomeno accogliere quelle della Cdl (o anche solo bipartisan). Ad esempio il 5 per mille, che il programma dell?Unione rigetta nonostante una personalità ulivista come Enrico Letta lo abbia, proprio con Vita, sponsorizzato. Per il resto, molte conferme e qualche correzione di tiro, nella stesura di un programma che – all?interno della mole di trecento pagine del Libro giallo dell?Unione – ne occupa solo tre (da pagina 191 a 193) che stanno sotto il titolo Una società solidale: il non profit e le reti di protezione sociale. Attestato il ruolo e lo sviluppo «importante e inaspettato» del mondo del non profit – a dire la verità, spiega una fonte interna all?Unione, «all?inizio nemmeno era previsto, il capitolo sul non profit». Nota confermata dal fatto che lo stesso coordinatore del tavolo del programma, Andrea Papini, fedelissimo di Prodi, dichiara candidamente di «non saperne nulla del sottocapitolo sul non profit» -, il documento parte dal riconoscimento del valore della ?partecipazione? del non profit e registra «il processo di costituzionalizzazione della società civile» di questi anni, valutando positivamente «il protagonismo delle organizzazioni non profit nei processi di innovazione del welfare». Ma se l?Unione non può che volere «rimettere al centro il tema della solidarietà sociale», il tratto più decisivo – nel documento e nell?elaborazione – è «la riemersione del principio di sussidiarietà». Qui, appunto, le uniche divergenze registrate nel corso della discussione, «superate», spiega Mimmo Lucà, responsabile delle Politiche per l?associazionismo nei Ds, «grazie all?ancoraggio alle esperienze in corso, a partire dall?esempio virtuoso dell?applicazione della legge 328: per risolvere dubbi, obiezioni e preoccupazioni è bastato riscontrare come lì venga riconfermato il carattere pubblico e nazionale del sistema sociosanitario. Dall?altra parte, abbiamo ribadito il protagonismo del non profit nei processi di innovazione del nuovo welfare». Lo stesso Lucà, però, riconosce che l?Unione ha tenuto molto a voler ripartire, sul piano delle necessità di miglioramenti normativi, dalla legislatura precedente – definita ?costituente? nel testo – a quella che si sta chiudendo, che – è il giudizio – ha interrotto ogni possibilità e spazio di dialogo. E l?impresa sociale? E la + Dai -Versi? E il 5 per mille? Della prima si attendono i decreti attuativi e la si promuove solo per l?azione di modifica e miglioramento operata dal centrosinistra, spiega Lucà, ma si chiede anche la «piena attuazione della riforma della legge sul volontariato» e soprattutto «l?applicazione della riforma dell?assistenza». La +Dai -Versi non è esplicitata né citata ma se ne trovano tracce nel passaggio in cui si spiega che «vanno agevolate e incentivate fiscalmente le donazioni dei cittadini e delle imprese al non profit, così da indirizzare le risorse dei cittadini verso progetti di utilità sociale», mentre il 5 per mille viene bocciato senz?appello e ad esso si preferisce come strumento da indicare l?8 per mille. Sia perché – spiega sempre Lucà – il 5 per mille viene distribuito «a prescindere dai progetti e a pioggia, col rischio che aiuti solo le grandi organizzazioni che sanno creare consenso e farsi pubblicità o che la discrezionalità sia eccessiva, senza dire che nell?8 per mille viene distribuito tutto il monte, nel 5 mille solo chi ne fa richiesta». Viceministro? Chissà Per Cristina De Luca, responsabile del Dipartimento Solidarietà nella Margherita (oltre che ex dirigente dell?Agesci: come in Lucà, l?estrazione cattolico sociale, anche su questi temi, si sente), la cosa più importante è che «al riconoscimento di un terzo settore cresciuto d?importanza e di ruolo l?Unione abbia accompagnato la richiesta di un suo coinvolgimento nella stesura del programma, e che, nel caso di governo, ne chieda la presenza in qualità di attore e parte sociale». Restano altri punti, poco chiari: se la riforma della legge sulla cooperazione è riconosciuta come una ?priorità? non c?è traccia di un?indicazione futura di lavoro, se non l?aumento dei fondi. La De Luca ribatte che «non abbiamo definito lo strumento, ma abbiamo ben chiaro il problema: che sia il viceministro, un sottosegretario o l?Agenzia, la cooperazione avrà nuovo slancio e ruolo». Sempre la De Luca riconosce che «l?obbligatorietà del servizio civile» è espunta dal programma, anche se avanzata dallo stesso Prodi e ancora oggi proposta dalla Margherita, in favore di un «nuovo servizio civile nazionale» da svolgere «per un periodo limitato e con modalità flessibili» su cui l?Unione si dilunga con molti particolari, delineando percorsi a più fasi e gestione ?decentrata?. In definitiva, «abbiamo voluto far capire che le reti del sociale e le loro diverse espressioni e realtà ci stanno a cuore e sono indispensabili per ricostruire coesione e legami sociali del nostro paese», conclude la De Luca. Donazioni: un passo indietroAllentare la dipendenza del terzo settore dalle risorse pubbliche. Agevolare una cultura delle donazioni. Ma nel documento non si fa cenno a misure concrete (tipo: alzare il tetto della deducibilità fiscale prevista dalla +Dai -Versi). In questa prospettiva non si capisce la bocciatura secca e non motivata del 5 per mille, che pure ha riscosso grande successo nelle associazioni. L?indicazione è quella di puntare sulla quota statale dell?8 per mille: ma questo è un modo camuffato di mantenere la dipendenza del terzo settore dal pubblico. Terzo settore: ok al codice civileè forse la novità più significativa del documento per quanto riguarda il non profit: «Tra i nostri obiettivi vi è innanzitutto una riforma del Codice civile con riguardo alla disciplina degli enti collettivi, essenziale alla sistemazione organica della legislazione italiana sul terzo settore». Si tratta dell?articolo 2247 dal cui dettato oggi si evince che un?attività economica, per essere tale, deve necessariamente avere finalità lucrative. Invece deve trovare posto anche il perseguimento di finalità di utilità sociale o di interesse collettivo. Cooperazione: che confusione Decisamente uno dei punti più deludenti del programma. Tre pagine molto generiche, in cui non si fa cenno al soggetto principe che la società civile ha espresso per fare cooperazione: le ong. La cooperazione viene intesa soprattutto in dimensione multilaterale. Imbarazzante l??incidente? in cui il Libro giallo incorre in un?altra pagina (la154) dedicato alle politiche agricole: qui si fa una difesa a spada tratta della Politica agricola europea, che da anni è invece nel mirino di una delle più importanti campagne della società civile. Famiglia: un buon capitale è forse la parte più innovativa del programma. Si lancia l?ipotesi di una ?Dotazione di capitale per i giovani?. L? idea è che al momento della nascita lo Stato apra un conto individuale vincolato a favore del neonato e lo alimenti con specifici contributi annui (integrabili anche con donativi dei familiari) fino al diciottesimo anno di età. Punto dolente invece quello che riguarda i minori in stato di abbandono in Italia. Non se ne fa cenno, e non sia avanzano possibili soluzioni per il rilancio dell?affido e il sostegno al sistema delle adozioni.


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