Formazione
Città d’Europa, fate rete per vivere meglio
Il 75% della popolazione europea vive in aree urbane. A Londra si è svolta la coferenza finale del proggetto Interreg che ha coinvolto cinque importanti città europee
Dicono le statistiche: circa il 75 % della popolazione europea vive in aree urbane. E insistono: entro il 2020, la percentuale salirà di cinque punti. Il problema è dunque serio, e va affrontato. E proprio di questo si è discusso a Londra, l?11 dicembre scorso, dove si è svolta la conferenza finale del progetto Interreg ?LNet? (Learning Network). Partner d?eccezione, cinque importanti città europee: Milano, Praga, Londra, Amsterdam ed Amburgo. Ospite d?onore: il segretario del Tesoro britannico, John Healey.
Un percorso durato 32 mesi, che ha coinvolto le cinque amministrazioni, ma anche il terzo settore e le imprese locali, e che ha trovato una prima sintesi nella Guida pratica per promuovere impresa nelle aree urbane svantaggiate pubblicata anche online.
Com?è vicina Londra
Città diverse, con culture differenti, accomunate dalla stessa voglia di rimettersi in moto per risolvere non solo i problemi del proprio territorio, ma anche per rilanciare il ruolo delle metropoli europee. Così come ha sottolineato Fabio Terragni, amministratore delegato di Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo davanti a una platea di esperti: «L?Europa ha bisogno di un?anima, che passa necessariamente attraverso le medie e grandi città».
E non si è trattato certo del solito euroentusiasmo tutto italiano se proprio Tony Medawar, direttore della London Development Agency, si è lasciato a qualche sorprendente osservazione sul destino dell?Europa. «Attraverso questo progetto Londra si è resa conto di avere più cose in comune con tante città europee, piuttosto che con città americane». Un?osservazione scontata per molti, ma non per i sudditi della regina, notoriamente critici verso Bruxelles.
Praga senza sinergie
Tutti contenti quindi? Non proprio. Qualche difficoltà è stata espressa da Marek Gajdos, del Nros, la fondazione ceca per lo sviluppo della società civile. «A Praga», ha affermato Gajdos, «abbiamo avuto qualche problema dal momento che abbiamo messo insieme impresa privata e società civile». Spiega il rappresentante ceco: «La diffidenza e la differenza fra queste due realtà ha generato diversi fraintendimenti che per fortuna si sono via via appianati, ma che ci hanno impedito di capitalizzare le sinergie fra il settore privato e quello della società civile».
Una difficoltà se non sconosciuta, quanto meno superata dalla città olandese, Amsterdam, che, per bocca di Daniël Roos del Campus Nieuw West, non solo si dice soddisfatta dell?esperienza, ma aggiunge: «Il progetto ci è servito essenzialmente per dare una cornice a ciò che esisteva già. Ci siamo infatti accorti ben presto che molte esperienze imprenditoriali per il sostegno di aree urbane svantaggiate erano sorte in questi anni in modo ?spontaneo?. Molte aziende non sapevano nemmeno di poter essere considerate imprese sociali e quindi di beneficiare di vantaggi fiscali o logistici.»
E adesso che si è concluso il progetto? «Siamo sulla buona strada», ha concluso Terragni «anche se rimane molto da fare. Ora però abbiamo una rete fatta di relazioni, di best practice e di esperienze replicabili per continuare a lavorare insieme».
www.milanomet.it
www.thelearningnetwork.net
www.gle.co.uk
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