Volontariato
Olimpiadi, la sfida è dopo
Il caso Torino in occasione delle Olimpiadi invernali. Un capoluogo al bivio: reinventarsi o diventare una dependance di Milano? Ne parlano Olivero (Sermig), Chiamparino e non solo...
Un arco rosso fiammeggiante accarezza il cielo di Torino. Alto 69 metri – in città svetta più alta solo la Mole Antonelliana – è il simbolo principe dei Giochi invernali 2006. E sotto il suo corpo slanciato corre una lunga passerella pedonale che collega l?ex fabbrica del Lingotto, attuale polo fieristico dove sono acquartierati i media, all?area degli ex mercati generali, oggi sede del Villaggio olimpico, che il Comune venderà per ripianare parte dei debiti accumulati dal Toroc, il comitato organizzatore. Un ponte tra passato e presente, proprio sopra i binari ferroviari e le case popolari targate Fiat, e insieme un punto interrogativo per il futuro. Infatti, sotto il coperchio della tregua olimpica, ossia l?intesa raggiunta tra sindacati e enti locali per non guastare la festa con proteste e manifestazioni, bollono in pentola questioni spinose tutt?altro che risolte: alta velocità, Fiat e indotto automotive, il record di cassa integrazione (oltre 20 milioni di ore) e soprattutto un capoluogo ancora in cerca di un?identità e di un modello di sviluppo post fordista.
Oltre le quattro ruote
«Torino è una città in gabbia», afferma Bruno Babando, giornalista de Il Mondo e scrittore che ha appena consegnato alle stampe I Ragazzi dello zoo di Torino (Leonardo Facco editore), un nuovo libro al vetriolo sui costumi sabaudi, dopo Gregge senza Agnelli. «È prigioniera di una classe dirigente polverosa, che non si rinnova e non comunica con sudditi e subalterni. Le successioni di rango, avvengono per sangue o per cooptazione. E così è stato per le Olimpiadi: i soliti noti sono finiti a rimpinguare i posti nel cda del Toroc e a combinare guai. Altro che volano per l?economia… Torino è condannata al provincialismo dai suoi kingmaker». Tuttavia i torinesi orfani dell?avvocato Gianni Agnelli avvertono che qualcosa sta cambiando, che certi poteri si stanno incrinando e il ruolo egemone dell?ex Impero del Lingotto è sul viale del tramonto. Pesano sempre meno i privati (il Comune è il primo datore di lavoro) e l?asse di ferro San Paolo – Fiat si deteriora lentamente, anche a colpi bassi. A meno di sei mesi dall?annuncio dell?operazione di equity swap, messa in piedi da Ifil – Exor e Merril Lynch per mantenere il controllo su Fiat (vicenda su cui le procure di Torino e Milano stanno indagando), l?istituto di credito ha ceduto il 3,5% della sua partecipazione nella casa automobilistica, scendendo allo 0,837%.
«A dispetto delle schermaglie, le Olimpiadi saranno una svolta», sostiene Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, l?Arsenale della Pace che da 40 anni ospita i più bisognosi. «Ma questo deve essere un momento per fare autocritica e capire dove si è sbagliato, comprendere il perché di una crisi che ha colpito duramente. Le povertà aumentano: lo vedo quotidianamente con miei occhi. Per fortuna cresce anche la solidarietà delle persone. Senza l?aiuto di oltre 1.300 volontari, il Sermig non potrebbe esistere».
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