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Il 26 febbraio risorge uno stato: è la Somalia

Il parlamento della Somalia si riunirà per la prima volta sul territorio nazionale, dopo 15 anni di anarchia istituzionale. Intanto dalla società civile somala sono nate esperienze che sfidano il sist

di Emanuela Citterio

In Africa sta per nascere un nuovo Stato. La data è il 26 febbraio, giorno in cui il parlamento somalo si riunirà per la prima volta sul territorio nazionale, a Baidoa. Un avvenimento storico, che segna una svolta dopo l?anarchia istituzionale che per 15 anni ha trasformato la Somalia in una no-man land, senza parlamento e senza governo, in preda alle faide per il controllo del territorio fra almeno 24 principali signori della guerra.

Il nuovo parlamento – nato sotto l?ala della comunità internazionale alla fine del 2005 a Nairobi, in Kenya – è un?alchimia di poteri e rappresentanze dei diversi clan somali. Per Mario Raffaelli, rappresentante del governo italiano nei colloqui di pace per la Somalia «era inevitabile, e la svolta è l?esito di un lungo lavoro diplomatico che ha ricomposto le divisioni fra le fazioni. Il passo successivo sarà la costituzione di comitati parlamentari e, nei prossimi mesi, il lavoro nella società somala per il radicamento delle istituzioni».

L?Italia in prima linea

Il governo italiano, anticipa a Vita Mario Raffaelli, stanzierà due milioni di euro per una serie di conferenze a livello locale in tutti i principali distretti, che avranno il compito di far conoscere le nuove istituzioni democratiche .

In Somalia il cambiamento non è solo a livello istituzionale. «In questi anni sono nati gruppi a livello di società civile che sfidano il sistema clanico basato sulla spartizione del potere creato dai signori della guerra», racconta di ritorno da Mogadiscio Silvia Ricchieri, responsabile dei progetti dell?ong italiana Cospe.

Il volto inedito della nuova Somalia è quello delle tremila donne imprenditrici che nel 2003 hanno dato vita alla Shabeli women entrepreneurs association: mentre i signori della guerra si spartivano il territorio con le armi, loro costruivano una rete femminile inter-clanica che oggi si sta diffondendo in tutto il Paese.

«Due anni fa questa associazione ha cominciato a uscire allo scoperto e a fare lobby finché ha ottenuto di partecipare con una delegazione di una trentina di rappresentati alla Conferenza di pace di Nairobi, che nel 2005 ha portato alla nascita del nuovo governo e del parlamento della Somalia», spiega la Ricchieri. Un risultato non da poco, se si tiene conto che in Somalia sono pochissime le donne a occupare posizioni di responsabilità.

Nel nuovo parlamento le donne sono 22 su 275 membri. «L?8% invece del 12,5% previsto dalla Costituzione, e sono scelte dai clan, ma in Somalia è comunque un risultato», afferma la responsabile del Cospe. L?organizzazione non governativa di Firenze appoggia la rete di donne imprenditrici in partnership con Iida, un?associazione di donne somale nata nel 91 a Mogadiscio da persone di differente estrazione sociale e appartenenti a clan diversi, che nel 96 ha ottenuto un riconoscimento speciale dall?Onu per la promozione della pace in Somalia.

La società civile in gioco

«Nel mare magnum delle ong somale, nate un po? ovunque negli ultimi dieci anni, quelle che operano in modo trasparente sono una minoranza», afferma la Ricchieri. «Quelle davvero rappresentative della società civile somala e che si sono esposte hanno pagato un prezzo alto in passato». Come le 20 associazioni per i diritti umani che fanno parte del Peace and human rights network. «Operano a Mogadiscio Nord», racconta Nino Sergi, direttore dell?ong italiana Intersos, «hanno fatto un grosso lavoro per la riconciliazione nella capitale, ma uno dei responsabili sei mesi fa è stato assassinato dai clan». Intersos dal 94 gestisce l?ospedale di Jowar, diventata la sede provvisoria del nuovo governo di unità nazionale. «La differenza rispetto al passato è che a battersi non sono più i singoli, ma gruppi organizzati della società civile», afferma Sergi.

L?esperienza della Shabeli women entrepreneurs association ha attirato l?attenzione della Commissione europea, che l?ha sostenuta con un finanziamento di 600mila euro. L?idea ora è riprodurla a livello nazionale creando altre associazioni di categoria, di insegnanti e operatori sanitari, che potrebbero diventare veri e propri sindacati.

Cooperazione allo sviluppo
Ong italiane in Somalia

Cospe
Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti. Ha sede a Firenze. Dal 96 sostiene progetti di riconciliazione sociale in partnership con l?associazione Iida di Mogadiscio e la rete di donne imprenditrici nel sud della Somalia.
www.cospe.it

Intersos
Organizzazione umanitaria per l?emergenza. Ha sede a Roma e gestisce l?ospedale di Johwar.
www.intersos.org

Cefa
Comitato europeo per la formazione e l?agricoltura. Ha sede a Bologna, è presente in Somalia dal 1993 con progetti in ambito agricolo e sanitario.
www.cefa.bo.it

Cosv
Comitato di coordinamento delle organizzazioni per il servizio volontario, con sede a Roma. Supporta l?ospedale regionale di Merca e le attività di medicina preventiva nel Lower Shebelle.
www.cosv.org

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