Non profit

Dobbiamo essere ricchi ma di progetti

Fondazione per il sud. Savino Pezzotta traccia le linee guida: il terzo settore si deve rimboccare le maniche. Cominciando col far rete

di Giuseppe Frangi

Fondazione Sud, l?avventura è iniziata. Nominato il consiglio di amministrazione, scelti i componenti del Comitato tecnico (20 membri con compito di indirizzo), ora è arrivato il momento delle prime scelte: la sede (sarà a Roma), lo staff operativo e così via.

A dirigere la grande macchina c?è un personaggio di grande esperienza e di altrettanta autorevolezza, Savino Pezzotta, nominato presidente. Ovviamente c?è ancora tanta strada da fare prima di poter parlare in termini più concreti di Fondazione Sud. Dice Pezzotta: «Vedo molta attesa intorno. Ma ci si deve rendere conto che è uno start-up che parte da zero. Dobbiamo decidere come investire il capitale. Nel giro di due-tre mesi sarà operativa».
Pezzotta ha già avuto modo di mettere a fuoco alcuni concetti base. E di avvertire i possibili pericoli che potrebbero inficiare il successo o condizionare il buon cammino della fondazione. Di questo ha voltuo parlare con SociaJob.

SocialJob: Le risorse a disposizione di Fondazione Sud sono ingenti. C?è il rischio che scatenino appetiti insani?
Savino Pezzotta: Mettiamo le cose in chiaro: la questione che determinerà il successo di Fondazone Sud non sono le risorse che ha disposizione ma i progetti che riuscirà a far generare. Invece sento parlare troppo di soldi da avere: invertiamo il tema del dibattito, parliamo dei progetti da fare. La discussione sulle risorse disponibili non coglie il senso di questa nuova fondazione, che nasce con una funzione precisa: determinare le condizione di una infrastrutturazione sociale che favorisca la crescita del terzo settore nel Mezzogiorno. Non nasce per patrimonializzare il terzo settore e il volontariato.

SJ: Con quali strumenti?
Pezzotta: Questo lo decideranno il comitato scientifico e il comitato tecnico di valutazione, tracciando le linee di orientamento. Comunque lo statuto già indirizza la fondazione a muoversi su due versanti. In primo luogo deve esser volano di sviluppo per il terzo settore al Sud, determinando una serie di interventi sul modello delle fondazioni di comunità, attraverso la raccolta e l?impiego di donazioni, private e pubbliche, per finalità di interesse collettivo e legate a singoli e ben definiti territori. Poi ci sono le iniziative esemplari promosse anche dalla fondazione stessa, in una serie di ambiti individuati già dallo statuto. Oggi bisogna mettersi nella logica di quali sono i progetti che possano strutturare una dimensione forte nel Mezzogiorno.

SJ: Cosa intende per infrastrutturazione?
Pezzotta: Avere delle fondazioni di comunità e creare o sostenere strutture di volontariato che permangano nel tempo. Come ho detto, le fondazioni di comunità servono a favorire nel terzo settore soggetti specializzati nella raccolta di risorse private e pubbliche per finalità collettive. Bisogna diffondere la cultura della donazione e della responsabilità rispetto al contesto locale, creare istituzioni di tipo comunitario partecipate, indipendenti e autonome, cioè creare patrimonio permanente destinato a durare nel tempo. Per quanto riguarda l?obiettivo di un?infrastrutturazione sociale dobbiamo puntare sulle iniziative esemplari, che riguardano quindi il volontariato. Cioè delle iniziative per lo sviluppo e la qualificazione dei servizi socio-sanitari in modo integrativo rispetto al servizio pubblico, la cura e la valorizzazione dei beni comuni, l?educazione dei giovani soprattutto con riferimento alla legalità e ai valori della convivenza civile. Poi si prevedono alcuni elementi sullo sviluppo del capitale umano di eccellenza e il rapporto con le università che possono proporre progetti al terzo settore. Mi sembra che ci siano due obiettivi e uno strumento, questo è l?impianto di quella che chiamo infrastrutturazione.

SJ: In questo contesto che ruolo possono avere i Centri di servizio al volontariato?
Pezzotta: Mantengono il loro ruolo, dipende dalla capacità progettuale che sono in grado di mettere in campo. Come fondazione non intendiamo distribuire risorse a fondo perduto, né a pioggia, bensì di sostenere dei progetti, delle cose che durino nel tempo.

SJ: Vista dal terzo settore, qual è la scommessa?
Pezzotta: La novità è che tutti scommettiamo sulla società civile del Mezzogiorno. Mentre sino a ieri le scommesse sul Mezzogiorno riguardavano solo lo Stato: quanti soldi dà lo Stato, quali strutture mette in piedi lo Stato. Non voglio eliminare il ruolo dello Stato. Ma la scommessa della fondazione è di attivare pienamente la società civile. L?intervento dello Stato non basta e comunque andrebbe qualificato molto di più, a partire da una pubblica amministrazione elefantiaca, che ha tempi eterni. Questi sono problemi che restano, non è che la fondazione li debba risolvere. Il ruolo della fondazione è quello di pensare a creare nel Mezzogiorno strumenti per far crescer l?economia civile. Solo così si potenzia davvero la società civile, facendola diventare più protagonista del proprio destino. Questo valorizzando quello che di buono già c?è, anzi mantenendo aperto un canale di confronto con il mondo economico con le novità che sta facendo emergere nel Mezzogiorno.

SJ: Se si legge il board si trovano tante sigle del terzo settore. Può essere uno stimolo per lavorare più in partnership?
Pezzotta: Certo. Cosa sono le fondazioni di comunità se non un?attivazione di relazioni a livello territoriale? Con la fondazione si esce dall?individualismo della singola iniziativa e ci si mette in rete. Ecco perché è uno strumento importante per mobilitare la dimensione della società civile in grado di auto-organizzarsi per affrontare i problemi del welfare e del lavoro e così via.

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