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Case di riposo: sono Onlus oppure no?

Per l’Agenzia delle Entrate le case di riposo possono definirsi onlus solo se i pazienti ricoverati versano non più della metà della retta, quindi sono svantaggiati per l’aspetto economico

di Maurizio Regosa

Sarà un?ormai annosa questione per specialisti, come la definisce con sottile ironia il professor Lorenzo Ornaghi, ma ha molte ricadute. Ad esempio le case di riposo, se considerate onlus (come ritiene l?Agenzia per le onlus), hanno diritto ad alcune agevolazioni. In caso contrario, non ne possono beneficiare (ed è questo il parere dell?Agenzia delle Entrate). In filigrana però ci sono altre domande: lo Stato ritiene oppure no di sostenere quelle iniziative non profit che si impegnano per rendere più lieve la condizione delle persone anziane? Nell?ottica di dare un contributo preliminare a una possibile chiarificazione, l?Agenzia per le onlus ha organizzato a Roma un convegno cui ha partecipato, fra gli altri, il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. Punto di partenza, una ricerca sulle case di riposo per anziani. Secondo l?Istat, a fine 2003 erano 4.512, fra residenze assistenziali (1.911), socio-sanitarie (1.423) e sanitarie-assistenziali (1.178) per un totale di 260mila posti letto, solo il 2,4% degli 11 milioni di ultra 65enni. Quasi il 41% è gestito dal pubblico; il 39,1% da soggetti non profit (di cui il 4,9% è onlus) e il rimanente da imprese a scopo di lucro. In generale l?accesso è regolato da graduatorie, ed è richiesta una certificazione dello stato di salute; nelle strutture pubbliche si chiedono anche informazioni reddituali. Quanto ai costi, l?indagine (effettuata su un campione rappresentativo) mostra una diversità per area geografica (al solito, il Nord è più caro) e natura giuridica: le imprese a scopo di lucro praticano rette sensibilmente più elevate, le strutture pubbliche più ridotte, mentre il non profit è a metà strada. Pubblico e non profit, inoltre, sembrano più sensibili allo stato di indigenza degli utenti. Interessante poi la domanda nelle strutture non profit: in esse risulta più elevata l?incidenza di donne, mentre è rilevante la quota degli ultra 85enni. Dall?indagine, l?Agenzia per le onlus trae alcune conclusioni: il non profit si colloca in una posizione intermedia fra pubblico e profit sia per le politiche di accesso e di prezzo, che per le caratteristiche dell?utenza e i risultati economici. In specifico, le onlus «si rivolgono a un?utenza che, pur non mostrando condizioni economiche più svantaggiate? presenta condizioni di bisogno (età più elevata, maggiore incidenza dei casi di invalidità e dei malati di Alzheimer) che risultano superiori a quelle riscontrate» presso le altre strutture. Da qui la persuasione che le case di riposo siano da ritenersi organizzazioni di utilità sociale, svolgendo un?attività a «solidarietà immanente», per cui non è necessario l?accertamento dello stato di svantaggio dei destinatari. Parere in parte accolto dal ministro Ferrero, per cui «le valutazioni espresse dall?Agenzia delle onlus hanno valore, specie nel momento in cui la non autosufficienza diventa un fenomeno di massa, pongono questioni reali e coinvolgono anche scelte più ampie, ad esempio quali relazioni impostare con il terzo settore». Di diverso avviso l?Agenzia delle Entrate: sono onlus solo le organizzazioni che svolgono attività nei confronti di soggetti che versano in condizioni di disagio anche sotto l?aspetto economico, oltre che sociale. Se i pazienti versano non più della metà della retta, allora c?è azione di utilità sociale. Insomma per l?Agenzia prevale un criterio economicistico, dato che – come ha ribadito il suo direttore, Vincenzo Busa – l?età anziana non significherebbe di per sé disagio. Dalla platea qualcuno nel frattempo sussurrava: «Provare per credere?».


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