Mondo

In Libano l’Italia arriva tardi ma arriva bene

È ufficiale: il primo gennaio 2007 inizierà l’intervento della cooperazione italiana in Libano, di Emanuela Critterio e Joshua Massarenti

di Emanuela Citterio

È ufficiale: il primo gennaio 2007 inizierà l?intervento della cooperazione italiana in Libano. Il 15 dicembre, infatti, si è chiuso il bando per la presentazione dei progetti delle ong italiane al ministero degli Esteri. Metà dei 30 milioni di euro autorizzati lo scorso 18 ottobre da un ddl del Senato per «progetti di sviluppo e mantenimento della pace in Libano» andrà proprio a finanziare gli interventi delle organizzazioni non governative. L?altra metà a organizzazioni internazionali come Unicef, Undp e Istituto agronomico mediterraneo, o direttamente al governo libanese. Certo, l?intervento italiano per l?emergenza Libano era stato annunciato durante la conferenza dei donatori di Stoccolma, lo scorso 31 agosto, con l?obiettivo di aiutare un Paese martoriato dalle bombe israeliane che, in un mese, avevano distrutto 30mila abitazioni, 80 ponti e 94 strade, provocando danni economici stimati attorno ai 3,6 miliardi di dollari. Certo, per l?ennesima volta oggi in Libano la guerra civile sembra alle porte. Rispetto a luglio i rischi sono di tutt?altro genere, il governo Siniora è indebolito e Nasrallah è più forte che mai. «Ma se pensiamo all?emergenza terremoto in Pakistan, quando ci vollero 15 mesi per vedere le promesse di fondi trasformarsi in fatti, qui siamo nei tempi di erogazione nel post tsunami, cioè tra i quattro e cinque mesi». A parlare è <b>Lucio Melandri</b>, responsabile delle operazioni d?emergenza per Intersos, una delle cinque ong che compone il Forum Solint (le altre sono Cisp, Coopi, Cosv e Movimondo) il coordinamento che, assieme a Cesvi e Gvc, da agosto dà assistenza a 68 municipalità e circa 120 villaggi nelle province di Tiro, Nabatiyeh e Beint Jabail. Insomma, nonostante le lentezze burocratiche strutturali della Farnesina nell?affrontare le emergenze, ciò che sembra chiaro è che, nelle ultime settimane, ci sia stata un?accelerazione straordinaria rispetto al passato. Il motivo? Lo spiega <b>Nino Sergi</b>, segretario generale di Intersos: «Con l?operazione Libano siamo riusciti ad imporre regole chiare e valide per tutte le future iniziative in fase di post emergenza». Insomma, mentre in passato le ong hanno operato sotto regole burocratiche molto pesanti che ne limitavano fortemente l?azione, con il Libano il Mae si è dato linee guida valide per tutti, che vanno dalla presentazione dei progetti alla loro gestione, passando per le condizioni d?ingaggio e di operatività di volontari e cooperanti. Soddisfatto dell?operazione Libano è anche <b>Antonio Raimondi</b>, presidente del Vis: «La viceministra Patrizia Sentinelli ha raccolto il nostro parere riguardo alla strategia di presenza della cooperazione italiana. E, da subito, abbiamo sostenuto che sarebbe stato un grave errore intervenire con progetti solo nel Sud. Per evitare il duplice rischio di far arrivare i fondi solo nella zona controllata da Hezbollah e di legare troppo la cooperazione alla presenza militare, facendo passare l?idea che si tratti di un aiuto ?embedded?». Del resto l?umanitario gestito da Hezbollah non ha molto bisogno di aiuti esterni, come testimonia a <i>Vita</i> <b>Stéphanie Mardini</b>, libanese responsabile per l?area di Movimondo. «Subito dopo la guerra mi sono recata in un villaggio vicino a Cana per valutare i danni subiti dagli allevatori. Gli abitanti mi hanno subito indirizzato allo Jihad El-Bina, che letteralmente vuol dire ?sforzo per la costruzione?, l?ente di sviluppo di Hezbollah, il quale era in possesso di una mappatura completa dei danni inflitti nel settore dell?allevamento. Ciò dimostra una presenza molto radicata sul territorio, testimoniata dalle popolazioni locali che giudicano positivamente la loro azione, sia sul piano umanitario che di ricostruzione». Ad oggi le ong italiane in Libano sono undici, si sono riunite nel coordinamento ?Piattaforma Medioriente? e collaborano strettamente con l?Unità tecnica istituita dal ministero degli Esteri in Libano. In base al bando Mae, il finanziamento massimo per ogni progetto è di 500mila euro, da spendere nell?arco di 12 mesi per realizzare interventi di sviluppo locale e sostegno alla ricostruzione. Un appoggio, quello garantito dal governo italiano, che sarà ribadito il prossimo 20 dicembre dal ministro degli Esteri, <b>Massimo D?Alema</b> in visita ufficiale a Beirut. Poi toccherà alle ong e ai loro progetti.


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