Volontariato

Politici e società e singolar tenzone

Partiti che tendono a impadronirsi della società civile,leggi che vogliono trasformare le associazioni in organismi burocratici,problemi insoluti che sono dati pubblicamente per risolti...

di Redazione

Le risposte della politica
Mimmo Lucà
parlamentare Ds

1. La prima causa del distacco che la gente avverte nei riguardi della politica deriva dalla sottrazione di responsabilità e dalla impossibilità di un protagonismo efficace. Se la gente si rende conto che la propria partecipazione è vanificata dal fatto che c?è qualcuno più in alto che gli sottrae potere, allora a impegnarsi non ci prova neanche, e giustamente si rifugia piuttosto nelle associazioni e organizzazioni non profit dove si sente più rappresentata, dove ha l?impressione reale di incidere di più.

2.La ragione che scoraggia i cittadini sono alcuni segnali non esaltanti dati anche recentemente dal mondo della politica alla società: per esempio la vicenda dei ribaltoni locali, questo modo disinvolto di rovesciare rapporti di forza consolidati e di mettere in contraddizione le risposte degli elettori con gli interessi delle forze politiche. La gente così riceve un messaggio di incoerenza e doppiezza. Anche le conseguenze dell?interruzione del lavoro della Bicamerale sono devastanti: chi ha determinato il fallimento non si rende conto del danno che ha fatto alla coesione politica del Paese e alla ripresa in corso. La presa di posizione dei giornali diocesani del Veneto è un segnale ben preciso al mondo politico.

3.È vero, si assiste a un bombardamento dei media, a una sovrabbondanza di messaggi di sollecitazione. Si determina così una sovraeccitazione nell?opinione pubblica, ma poi non sempre all?annuncio seguono i fatti. Successi anche importanti vengono vanificati da vicende che fanno tornare indietro l?orologio della politica. Dal blocco delle riforme al ribaltone, dalla questione di Milano violenta al caso Ocalan che blocca tutte le discussioni parlamentari, i media hanno una responsabilità drammatica.

Nella moltiplicazione di sigle politiche non c?è il rischio che alla fine i partiti diventino padroni della società civile? Non nasce un neo-collateralismo che instaura un rapporto organico con i partiti da parte di associazioni e movimenti della cittadinanza attiva, invece di dare spazio a realtà autonome dei corpi intermedi sociali?

Le leggi frammentano e corporativizzano la cittadinanza mediante il concetto di scopo esclusivo e il privilegio delle grandi centrali nazionali penalizzando gravemente l?associazionismo locale con la burocratizzazione dei rapporti. Come può pensare la politica di rivitalizzare il suo rapporto con i cittadini (vedi la fuga dalle urne) se non rispetta l?autonomia delle sue rappresentanze?

La società della politica vive di effetti-annuncio, e invece di affrontare i problemi cerca di risolverli nel campo mediatico con interviste e proclami che non trovano seguito. Cosa ne pensa?

Le risposte della società
Giovanni Moro
pres.Mov.FederativoDemocratico

1.Non credo ci sia il rischio che i partiti diventino i padroni della società civile. Che un tentativo di questo genere resista, magari contrabbandato sotto la formula del ?ritorno della politica?, è vero, ma che ciò sia possibile nella realtà è una pia illusione. Mi preoccuperei invece che i partiti, che si pensano ancora in chiave di monopolio della rappresentanza, del potere e delle funzioni di governo non riescano a vedere e accogliere le risorse umane e le potenzialità della società civile, che possiede una notevole capacità di auto-organizzazione e affronto dei problemi. Nel complesso non farei i partiti più forti di quel che sono: non siamo di fronte a dei Moloch ma a soggetti in crisi, che non riescono neppure a esercitare le funzioni che strutturalmente dovrebbero svolgere: controllo in Parlamento, interpretazione della realtà, composizione dei conflitti, rappresentanza di interessi. Non riescono più a fare tutto questo che pure gli competerebbe, figuriamoci se riescono a occupare e monopolizzare la società.
Il pericolo del neocollateralismo esiste, così come c?è in generale un rischio di lottizzazione da parte dei partiti. Però questo neocollateralismo è frutto anche di atteggiamenti sbagliati da parte della cittadinanza attiva. Due su tutti: il complesso di inferiorità politica, e quello di superiorità morale. Ci si sente sempre più piccoli e più deboli rispetto ai poteri costituiti ma anche talmente buoni, bravi e al di sopra di ogni sospetto che non si accetta la logica della verifica con la realtà che caratterizza i soggetti maturi. Tipica la polemica contro la valutazione dell?efficacia degli interventi e dei progetti delle organizzazioni della società civile che si occupano di Welfare: l?idea che non possiamo essere controllati o verificati perché quanto facciamo è buono di per sé, dato che siamo buoni noi che lo facciamo, è atteggiamento che favorisce questo rapporto insano tra la cittadinanza attiva e i partiti.

2. In Italia c?è un problema di mancanza di ?dimensione civica? della vita pubblica, intesa come un ambiente favorevole all?impegno, alla responsabilità e all?attivazione dei cittadini nell?area delle politiche pubbliche e nella dimensione quotidiana della vita democratica. Per cui quando insorge un problema di ordine pubblico – come recentemente a Milano – non si invitano i cittadini ad assumersi responsabilità ma si invoca l?esercito. Invece, l?impegno per costruire una reale dimensione civica è un compito generale e necessario.
Il rapporto tra partiti e organizzazioni della cittadinanza attiva, e tra queste e i poteri costituiti, andrebbe sempre più interpretato in chiave di governance, cioè di passaggio dall?esercizio di funzioni di governo esclusivamente da parte degli esecutivi a un esercizio da parte di un concerto di soggetti pubblici – privati, sociali, collettivi – capaci di mettere insieme punti di vita, interessi, risorse e poteri e decidere insieme cosa va fatto, mettendo in atto le decisioni. Così si supererebbero le distinzioni tradizionali tra chi decide e chi fa, tra chi crea programmi pubblici e chi ne beneficia. Bisogna capire infatti che questi schemi tradizionali, tipici del government, cioè delle funzioni di governo attribuite agli esecutivi, non funzionano più perché i problemi che abbiamo davanti richiedono uno sforzo maggiore e diverso. Solo così si potrà uscire dalla logica dell?inclusione, della cooptazione o della rappresentanza univoca, cominciando a immaginare funzioni di governo allargate in cui anche la cittadinanza attiva abbia lo stesso livello di responsabilità anche se con forme e poteri differenti rispetto a quelle esercitate dai partiti.

3.L?effetto-annuncio che ciclicamente si ripete è segno di una crisi che investe la politica e l?informazione (non solo la politica), per cui quando un disegno di legge viene presentato, i titoli dei giornali lo danno già per fatto. Un rito che si ripete a ogni cambio di governo: il ministro della Funzione pubblica annuncia che verranno messi i cartellini di riconoscimento a tutti i dipendenti pubblici e i numeri di prenotazione che elimineranno le file agli sportelli. Il giorno dopo sui giornali c?è scritto: ?Da domani niente più code agli sportelli…?.

Le risposte dellapolitica
G.Alemanno
direttivo di Alleanza nazionale

1.Il ?primato della politica? si combatte rafforzando la poliarchia, cioè la distribuzione dei poteri tra società politica e società civile. Solo una chiara difesa dei principi di sussidiarietà e di partecipazione può difenderci dalla partitocrazia. Anche perché spesso i movimenti che nascono come antitesi alla partitocrazia, vedi Di Pietro e Centocittà, passati uno o due anni diventano partiti a loro volta. Il neocollateralismo è l?altra faccia delle privatizzazioni, e in definitiva un inganno dello Stato. Da un lato infatti lo Stato dichiara di voler cedere le proprie funzioni alla società civile, di fare un passo indietro, ma a ogni passo indietro crea una struttura promossa da lui stesso che finisce per catalizzare i poteri lasciati. Esempio tipico, le authority: organismi parastatali i cui componenti sono decisi dai partiti e controllati dalla politica. Così la sinistra italiana non più statalista non rinuncia a una tendenza dirigista, alla cooptazione e anche alla clonazione dei poteri politici dentro la società.

2.La possibilità di creare poteri autonomi nella società è legata a una legislazione che conferisca potere e autonomia alla società civile e ai corpi intermedi che ne sono la struttura portante. La riforma dello stato sociale, il cosiddetto Welfare mix finisce per essere un strumento di questa logica: si delegano parte dei poteri del welfare alle associazioni, però in realtà i poteri dello Stato incanalano l?associazionismo, lo irrigidiscono. Oggi esiste una pericolosa dialettica tra una mentalità liberista che nega la società civile organizzata e pretende un rapporto diretto tra privato profit e Stato, e una mentalità socialdemocratica che apparentemente ha rinunciato all?approccio statalista ma non a quello dirigista per cui dà valore a una società civile solo se sussunta da parte della società politica e dello Stato. E alle associazioni è tolta la libertà.
Una soluzione preconfezionata non c?è perché la libertà si conquista, nessuno la regala, e se l?associazione è gelosa della propria autonomia il tentativo di cooptazione non riesce. Le associazioni devono essere convinte del loro ruolo di servizio pubblico, altrimenti non riusciranno a contrastare l?inglobamento.

3.Questo è un problema generale della politica che tende a ?medializzarsi? sempre più, identificandosi con le trasmissioni televisive che giocano sulle battute dei politici e non sulle soluzioni ai problemi. Se appena il pubblico è a inviti, tutti zitti, a partire dal conduttore. Si addomestica tutto. La colpa, sia chiaro, è anche dell?opposizione e del dibattito ormai sopito, conseguenza dell?epoca della Bicamerale in cui imperversava un clima di inciucio e paraconsociativo, senza dialettica. Per fortuna ora ci muoviamo di più, sull?immigrazione e sulla criminalità, ad esempio, facciamo sentire la nostra voce; ma resta che pur passando dal silenzio ai messaggi più forti non si arriva ancora alla soluzione dei problemi.

Le risposte della società
Luigi Bobba
Presidente delle Acli

1. Stiamo assistendo a un forte ritorno dei partiti che stanno rioccupando uno spazio rimasto aperto. Il problema è che mentre cercano un nuovo canale di comunicazione con i cittadini, di fatto spesso mantengono un rapporto di subalternità con le associazioni, come fossero le ancelle della politica. Conferma questo quadro la presenza di movimenti come quello di Di Pietro e dei sindaci: tentativi di personalizzazione della politica e di ritorno ai partiti, ma se Di Pietro parla ai cittadini direttamente, senza mediazione né radicamento territoriale, i sindaci di Centocittà hanno almeno una legittimazione elettorale, rappresentando un fenomeno di buona amministrazione, ricostruendo rapporti di fiducia con la gente.
Il rischio di collateralismo deriva dal fatto che non si riconosce un?oggettiva autonomia delle associazioni. Finché l?approvvigionamento di risorse dipenderà dalla politica, da un riconoscimento giuridico e dal sistema di contributi e appalti, nulla cambierà. Occorrono regole che consentano ai cittadini di sostenere la società civile, altrimenti il collateralismo è nelle cose, anche se non voluto. Se una struttura organizzativa è costretta a mendicare le risorse per fare il proprio mestiere, è facile che si offra come cavalier servente di questo o quell?apparato.

2.Il problema della rappresentanza ?sotto tutela? si potrebbe superare con un potenziamento della rappresentanza, come avvenuto nel Consiglio generale degli italiani all?estero dove il ministro che lo presiedeva è stata sostituita da un segretario generale, espressione dell?assemblea. Così dovrebbe succedere negli organismi ove le associazioni sono coordinate da una figura istituzionale. Uno sganciamento davvero urgente. Si dovrebbero poi stabilire regole di trasparenza su come si finanzia la politica. I criteri di finanziamento devono essere trasparenti, senza che ogni anno si scovi un marchingegno per far passare il finanziamento, o che si ripeta lo scandalo dei giornali di partito che prendono miliardi senza fornire un servizio informativo diverso. Ma ho anche un?altra idea per colmare il gap tra cittadini e politici: un sistema di primarie, di selezione dei candidati alle amministrative, a cura delle associazioni. Si toglierebbe la scelta dei candidati ai notabili, ai partiti, e la scelta finale sarebbe comunque lasciata agli elettori. Oggi la gente ha l?illusione di scegliere, ma sono i partiti a pilotare le elezioni con la scelta di questo o quel collegio sicuro, ?blindato?. E poi ci meravigliamo del distacco…

3.Bisognerebbe istituire la regola del ?dieci annunci in meno e un fatto concreto in più?. Oggi, fatto l?annuncio nessuno si preoccupa più che sia risolto davvero il problema: ci sono buone leggi che rimangono sulla carta o sono snaturate da regolamenti che dicono il contrario. E chi ne fa le spese è anche il mondo del sociale, perché tutti pensano che i problemi siano finiti e le associazioni siano le solite rompiscatole che si lamentano sempre.

Le risposte della politica
Silvia Costa
pres. comm. Pari opportunità

1. Per cercare di governare questo Paese si è cercato di ridurre il numero delle forze in gioco. Di razionalizzarle. Comprese quelle della società civile. Ma forse, concentrando tutte le forze per dare più spazio agli esecutivi, ci si è dimenticati di chi questa democrazia l?ha voluta. Di chi ne fa parte. E non sempre riversando tutta la responsabilità sugli esecutivi si governa meglio. Se, da un lato, l?uninominale ha snellito un sistema pachidermico, dall?altro ha reso più difficile l?accesso alla politica per i rappresentanti dell?associazionismo e della cittadinanza in genere. Diminuendo le sue possibilità di farsi sentire autonomamente e aumentando quelle che si ?affidi? a una nuova sigla politica. Ma la strada per la democrazia non è questa. Innanzitutto perché è sulla società civile che si riversano le scelte politiche. Sono le associazioni, le donne, le immigrate ad avere veramente il polso dei problemi che cerchiamo di risolvere. E che quindi dovrebbero far parte delle Commissioni e dei tavoli di discussione.

2.La vera forza dell?associazionismo è che, in genere, si forma per risolvere un problema. Molto concretamente. Il punto, quindi, non è tanto quello di cercare di sistematizzarlo, di circoscriverlo a una realtà piuttosto che all?altra. Ossia di dargli per forza una identità dall?esterno ?imbrigliandolo? con leggi speciali. Ma piuttosto di ridargli autorevolezza e spazi per esprimersi. Di responsabilizzare sempre di più, anche politicamente, i poteri diffusi. Dovremmo guardare un po? di più all?estero, dove invece di frammentare e raggruppare la cittadinanza in una categoria o nell?altra da anni ormai si parla di ?Governance?. Ossia di una società civile, attiva, che interloquisce e interagisce autonomamente con il ?Government?.

3.Certo che la cittadinanza non crede più agli slogan dei politici. Qualcuno ha pensato che bastasse trasformare i cittadini in tifosi, dare loro un leader massimo da sostenere; ma le parole dopo un po? non bastano, e se i goal alla fine non arrivano anche i tifosi più fedeli abbandonano la squadra. E invece la politica dovrebbe essere il luogo del coinvolgimento. Un?occasione, per tutti i cittadini, di esprimere la propria libertà. Di essere una cittadinanza attiva, insomma. E non solo una massa che si lamenta, sì, ma poi non cerca di migliorare le cose. Credo che l?associazionismo, i volontari, in questo stiano dando il buon esempio. Ma anche a loro chiedo di non fermarsi. Di non accontentarsi di gestire servizi importantissimi e di attivarsi ?politicamente?. Il che non significa fare un partito, ma ridare a questa parola l?originale significato e fare sentire le proprie idee e il proprio peso. A noi ora spetta il compito di riacquistare la fiducia dei cittadini. E, soprattutto, di non continuare a ostruire il loro accesso alla politica.

Le risposte della politica
Patrizia Toia
sottosegretario agli Esteri

1. Da un certo punto di vista il pluralismo politico è positivo. Però in questo periodo assistiamo a un eccesso di frammentazione. Il fatto che ogni personaggio di spicco crei una propria forza politica perché non ha l?umiltà di entrare in dialettica con un partito già esistente è incredibile. La polverizzazione e la personalizzazione della politica porta quindi alla mancanza di proposte organiche che si basino su concezioni concrete, nelle quali l?elettorato può o meno riconoscersi. Questo è controproducente, perché se da un lato disorienta l?opinione pubblica, dall?altro costringe in un certo qual modo le realtà della società civile ad ?accasarsi? con questa o quella realtà politica che millanta promesse con scopi puramente elettorale. La via democratica e normale dovrebbe essere quella che vede l?elettore scegliere la fazione che, nel progetto globale, più da vicino rappresenta i suoi interessi.
2.La politica dovrebbe essere sinonimo di unione, senza ovviamente confondere le identità, e invece in questo periodo più che mai assistiamo a una complicazione dei rapporti. I movimenti, così come i partiti politici, dovrebbero nascere spontaneamente e proseguire le proprie attività in libertà. Il che non vuol dire confusione. È, invece, un vizio comune alle realtà italiane quello di corporativizzarsi, un vizio che dal mondo della politica, forse anche a causa di leggi imperfette, tende a infiltrarsi nella società civile. Anche nel mondo della solidarietà, per esempio, è giusto che ci sia una moltiplicazione dei servizi, ma un conto è la ricchezza della pluralità dell?offerta, un altro è l?eccesso della frammentazione che porta inevitabilmente allo scollamento. Se io ho cento proposte e richieste da associazioni che si occupano di una stessa problematica sociale, non potrò mai sentirmi vicino a una realtà piuttosto che a un?altra.
3. C?è una pessima abitudine diffusa tra i parlamentari e gli esponenti del governo che io definirei come una vera mania dell?annuncio anticipato. Qualcuno magari deve solo fare una proposta, ma la pone in termini populistici al punto che sembra stia parlando di una legge già realizzata. E in questa pessima abitudine non posso fare a meno di notare lo zampino della stampa, che invece di aiutare il lettore a capire, cavalca l?effetto annuncio. Così il politico ottiene la visibilità desiderata, e il giornale può uscire in edicola con il titolone. È una conseguenza di questa nostra cultura dell?urlo, dell?emergenza a tutti i costi – provate ad ascoltare un telegiornale italiano, tutto strillato e ipereccitato, e a confrontarlo con uno straniero – che porta inevitabilmente a una distorsione delle informazioni. Da parte del politico bisogna attendersi una maggiore onestà, che equivale a imparare a togliersi il vizio di vendere la pelle dell?orso prima di averlo catturato.

Le risposte della società
F.Passuello
responsabile organizzativo Ds
La tendenza di pezzi della società civile italiana a darsi forma politica, saltando però il rapporto con i partiti, deriva dal ritardo grave che i partiti hanno accumulato nel ripensarsi come soggetti attivi dentro la società di oggi. Sono convinto che sia urgente ricostruire il patto tra società e politica, fondandolo su basi paritarie. C?è una società che esprime domande più articolate, dunque è fondamentale che il partito diventi il luogo dove tra autonomie si stabilisce continuamente un patto politico. È compito dei partiti cercare un rapporto con la società nel rispetto e nella valorizzazione della sua autonomia, con la capacità di stringere il patto non solo con gli elettori o gli iscritti, ma con i corpi autonomi intermedi, quindi anche con l?associazionismo. Un patto programmatico, in base al quale scambiare il consenso non a partire da favoritismi ma sulla base di idee, di uomini e programmi, continuamente esposta a una verifica reale della capacità di attuare tali programmi. In questo modo non c?è contaminazione della politica sulla società né prevaricazione dell?una sull?altra, e avremo una società civile più ricca e una politica più in grado di esprimerla.

2.Il rischio di riconoscere soltanto alcune associazioni grandi con grande numero di tesserati e certe strutture esiste, ma si è già cominciato a dare una risposta a questo costruendo il Forum del Terzo settore che raccoglie anche organismi piccoli o piccolissimi e cerca con successo di porsi come interlocutore delle istituzioni. Ad alcuni partiti sarebbe piaciuto prendere singolarmente le associazioni e cooptarle in un sistema, ma un partito serio vede l?autonomia della società civile, di tutte le sue componenti, come la sua più grande risorsa, una sfida a conquistare il consenso sulla capacità di dare risposta alle domande della società e non dal dirigente dell?associazione amica. Io dal posto che occupo oggi posso dire che stiamo lavorando perché il sistema della rappresentanza politico-partitica capisca che è sbagliato e inutile cooptare la società civile dentro un sistema di notabilato. Sono sempre stato fautore dell?autonomia della società e dell?associazionismo e anche qui non me ne sono dimenticato, anzi continuo a ripetere che è interesse dei partiti che nella società ci siano forti realtà autonome capaci di rapportarsi con loro non come lobby particolaristiche ma come soggetti politici a cui rendere conto. Sono personalmente piuttosto preoccupato dell?astensionismo, della diserzione dalle urne, ma questa è determinata proprio da una politica che colonizza la società e che si riduce a scambio. Il baricentro della politica ufficiale si è spostato all?interno delle istituzioni, mentre il baricentro della politica dovrebbe essere proprio dentro la società.

3. In fondo cosa dovrebbe essere un partito, se non una parte della società e che si dà un progetto politico? Niente di più lontano dunque da una tecnostruttura di professionisti della politica che cerca il consenso dell?opinione pubblica attraverso i media, o da un gruppo di notabili. Evitare questo rischio è la ragione vera per cui, dopo 32 anni di lavoro nella società, ho deciso di assumere il compito della organizzazione di un partito. Veniamo da una tradizione in cui il partito dava forma alla società, e ora questa capacità è perduta – per fortuna, perché la società è più libera e nessuno potrà più darle forma dall?alto -; poi però arriviamo all?impasse di una politica che rischia, senza ideologie forti, di ridursi a pura amministrazione, lontana e staccata dalla vita reale.

Le risposte della società
E. Realacci
presidente di Legambiente

1.Per impedire che partiti e movimenti con finalizzazione partitica diventino sponsor della società civile bisogna realizzare riforme istituzionali che portino alla semplificazione della politica attraverso il bipolarismo, in modo che la società civile sappia con chi discutere. Per favorire l?autonomia della società civile servono chiarezza e trasparenza politica. Purtroppo in Italia chi viene eletto non è detto che governi. L?esempio del governo D?Alema parla chiaro.
Il collateralismo delle associazioni con i partiti politici oggi è un fenomeno ridotto rispetto al passato. Quindici anni fa l?Arci era il Pci, Acli era Dc. Oggi il volontariato s?è rafforzato e anche fra i cattolici non c?è più appartenenza univoca. Certo, la legittimazione istituzionale delle associazioni ha creato sudditanza. L?esperienza del Consiglio nazionale dell?Ambiente a mio avviso è stata inutile perché ha generato un meccanismo perverso di subalternità verso politiche istituzionali e ha legittimato associazioni inesistenti.

2.La conditio sine qua non per operare liberamente in seno alla società civile è non aver bisogno di legittimazioni istituzionali. Perciò bisogna costruire stabilità che ci preservi da ribaltoni e clientelismi. Solo così il principio di sussidiarietà può essere applicato. Per molto tempo c?è stata l?idea che la politica di interesse generale dovesse essere gestita dallo Stato. I misfatti dell?Enel, per esempio, dimostrano che senza Stato era meglio per tutti. I servizi pubblici devono essere gestiti da diversi soggetti e lo Stato deve farsi garante di questi. Così si crea competizione, efficienza e si spende meno.
La società civile è sempre un passo avanti rispetto alla società politica. Entriamo nel 2000 e siamo ancora qui a parlare di scuola pubblica e privata, a fare guerre di religioni. Perché non guardiamo avanti? Perché non parliamo dell?eventualità di trasformare il servizio civile in una corvée obbligatoria per uomini e donne? E la manipolazione genetica? Insomma guardiamo avanti, occupiamoci di temi che interessano ai cittadini. I politici dirigono eserciti senza soldati. Al tempo del compromesso storico i partiti rappresentavano veramente i cittadini, oggi no. Il terzo settore è un?incubatrice della futura classe dirigente e i politici ne dovranno tener conto. Non per tentare l?assoggettamento, ma per istituire un dialogo paritario. In futuro molti sindaci verranno dalle fila del volontariato.

3.Bisogna cambiare il rapporto con i mass-media. L?informazione oggi è all?80% rappresentata dal gossip di palazzo. Se gli starnuti di Cossiga e i sogghigni di Salvi non suscitassero tutte queste passioni sui giornali, le associazioni potrebbero occuparsi di cose serie e invece molte sono costrette a tuffarsi nella mischia della politica per avere una riga di citazione. La sudditanza è forte, il Codacons che si accanisce su Tex Willer fa ridere, ma anche piangere.

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