Non profit

A chi fa bene telethon

Sedici anni d'impegno contro la distrofia: tre importanti scoperte soltanto nel 2006

di Sara De Carli

«Il mio nome è Piergiorgio, e la mia storia è simile a quella di tanti altri distrofici». Così scrive Welby sul sito dell?associazione Coscioni. Potrebbero essere un centinaio in Italia le persone nelle sue condizioni, 6mila quelle appena meno gravi: in tutto, ad essere colpiti da una delle quaranta e passa forme di distrofia muscolare, in Italia sono tra i 15 e i 17mila. E se per Welby il 2006 è l?anno in cui il tempo si è fatto insostenibile, per molti altri questo è l?anno in cui qualcuno ha dato un recinto al tempo. Lo dicono Alberto Fontana, presidente della Uildm – Unione italiana lotta alla distrofia muscolare e Filippo Buccella, presidente di Parent Project, associazione di genitori impegnata nella lotta alla distrofia di Duchenne: nel 2006 la ricerca scientifica sulle distrofie ha fatto tre importanti scoperte, che per la prima volta delineano un orizzonte. La sperimentazione clinica sull?uomo di una cura è diventata un obiettivo a portata di mano, realisticamente raggiungibile nell?arco di qualche anno. Nel tempo, oggi, c?è uno spazio per la speranza. Marchio di garanzia Le tre ricerche – molto diverse tra loro – hanno lo stesso marchio di garanzia: Telethon. Che corona con tre successi italiani il suo quarantesimo anno di vita. La maratona televisiva è stata inventata dal comico Jerry Lewis nel 1966 per raccogliere fondi per la ricerca sulla distrofia muscolare, di cui era malato il figlio di un suo collaboratore. È per questo che ad esportare l?idea sono le associazioni dei malati: nel 1987 in Francia e nel 1990 in Italia. Ma mentre l?associazione francese tenne Telethon al suo interno, la Uildm decise di costituire una realtà separata, per evitare che i fondi destinati alla ricerca si disperdessero nella macchina associativa. Il modello si è rivelato vincente. La maratona italiana ha incassato ogni anno una cifra superiore al precedente (tra il 6 e il 10%) e l?anno scorso, complice la +Dai -Versi, il balzo è stato del 12,5% (33 milioni di euro). Telethon ha impiegato nella ricerca il 78,7% dei fondi raccolti: per ogni euro donato, solo 18 centesimi vanno in costi di gestione. Di tutti i soldi raccolti in Italia in questi anni (314 milioni di euro), il 40% è stato destinato alla lotta alla distrofia muscolare. «Restiamo fedeli alla mission, fin dal logo: ?Combatti la distrofia muscolare e le altre malattie genetiche?», spiega Francesca Pasinelli, direttore scientifico di Telethon. «A pari merito i progetti di ricerca sulla distrofia hanno la priorità». Travaso di competenze L?orizzonte della ricerca in questi sedici anni è cambiato per gradi. Irene Bozzoni, Pier Lorenzo Puri e Giulio Cossu ai loro progetti ci lavoravano da anni. Cossu era tra i ricercatori finanziati dal primo bando di Telethon, nel 1991; Puri ha lasciato gli States per il Dulbecco Telethon Institute di Roma nel 1997 e la Bozzoni è finanziata dal 1999. Visto dai laboratori, Telethon è stato decisivo: ha creato un travaso di competenze dalla ricerca di base a quella finalizzata a una malattia, con un?iniezione di innovazione. Dall?altra parte si è creata una rete multicentrica, premessa essenziale per una sperimentazione clinica efficace. Per non parlare del modello generale diffuso: trasparenza, meritocrazia, costante verifica dei risultati, peer rewiew. «Il percorso dalla malattia alla cura prevede cinque scalini», precisa la Pasinelli. «Telethon ha sempre cercato di presidiarli tutti. Negli ultimi anni i finanziamenti si spostano sui gradini più alti della scala: è questo che consente di visua- lizzare i successi». La maratona di questi giorni serve anche a dare continuità alle scoperte del 2006 e a portarle alla sperimentazione clinica. Perché «senza i soldi la sperimentazione clinica è una falsa promessa. Preparare tutto ciò che è necessario per partire con una sperimentazione, assicurazione esclusa, costa 3 milioni di euro. C?è bisogno di tavoli di lavoro con le istituzioni». Obiettivo: migliorare Al di là dei comprensibili entusiasmi e delle sempre raccomandabili cautele, dire che la terapia è più vicina significa che finora la cura non c?è. Eppure in questi anni le cose sono cambiate anche per aspettativa di vita (aumentata addirittura di dieci anni per la Duchenne, la più cattiva delle distrofie) e qualità della vita (grazie a respiratori, macchine per la tosse, farmaci). Dal 2002 esiste un bando Telethon-Uildm specifico per la ricerca clinica sulla qualità della vita, in cui vanno tutti i soldi raccolti dai volontari Uildm nei giorni della maratona: sono stati finanziati 18 progetti, per un totale di un milione 750mila euro, coinvolti trenta centri e duemila pazienti. Un grosso studio internazionale, che sta per partire, riguarda la standardizzazione internazionale della terapia a base di steroidi, mentre al Niguarda di Milano la Fondazione Serena, cui concorrono a pari titolo Uildm e Telethon, sta ristrutturando l?ala dove entro giugno 2007 sarà operativo un nuovo centro clinico polispecialistico per le distrofie. E speriamo che il buon giorno si veda dal mattino. Vedi anche: Geni, staminali e farmaci: ecco gli avamposti della battaglia


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA